assoprovider

Le frequenze radio come bene comune: contro il digital divide

Pubblicato il 01 Feb 2018

Fulvio Sarzana di S.Ippolito

avvocato, Studio legale Sarzana e Associati, Roma

5G-Frequenze

Rendere le frequenze radio trasmissive un bene comune ed una opportunità per le piccole e medie imprese sul territorio. È questo l’obiettivo di alcune associazioni, che hanno costituito un fronte comune per dotare i cittadini italiani delle zone a fallimento di mercato della banda ultralarga. Come dimostra il recente accordo tra l’Associazione dei Provider Indipendenti e Legacoop, organizzazione che sviluppa servizi e progetti per le imprese cooperative.

Il problema delle frequenze

La constatazione di uno “stallo” nel dispiegamento delle reti a banda larga in alcuni territori del nostro paese, ha spinto diversi attori a cercare soluzioni alternative all’utilizzo dei servizi di grandi operatori. Le telecomunicazioni nel nostro paese hanno subito (e stanno subendo) gli effetti delle clausole di invarianza finanziaria e dell’esigenza di massimizzare gli introiti per lo Stato presenti nelle diverse norme che si sono succedute sino ad oggi dal 2012 in poi, e del fallimento delle liberalizzazioni avviate negli anni ‘90.

La presenza di oligopoli di diritto e di monopoli di fatto in tutto il settore delle telecomunicazioni ha di fatto soffocato lo sviluppo delle nuove tecnologie e di nuove imprese nelle zone più disagiate del nostro Paese, quelle che invece avrebbero necessità di un maggiore sviluppo.

In sostanza invece di avere come obiettivo quello della massima copertura della banda larga e del bene dei cittadini, si è provveduto a ritenere le risorse frequenziali e le autorizzazioni amministrative (in senso lato) come un modo di far pervenire allo Stato ingenti risorse economiche.

Ciò ha determinato, da un lato, la concentrazione imprenditoriale in mano a pochi grandi players e dall’altra ha evidenziato casi eclatanti come quello delle frequenze WiMax, oggetto di una gara plurimilionaria nel 2007 ma che sono poi state dirottate su altri utilizzi, sino alla richiesta di proroga delle stesse licenze al 2029 che l’AGCOM dovrebbe autorizzare (il se è d’obbligo) al termine della consultazione pubblica lanciata con la Delibera 503/2017.

Un altro caso eclatante è quello delle frequenze punto-punto impiegate dai piccoli provider per servire le zone più difficili, dal punto orografico, del nostro paese, attraverso i cd ponti radio SDH, PDH o anche hiperlan.

L’utilizzo di quelle frequenze licenziate è soggetto ad un onere economico rilevante per le piccole e medie imprese che non corrisponde di fatto agli utilizzi che di tali frequenze possono essere fatti a beneficio dei cittadini   e che impedisce agli operatori di raggiungere con reti di una certa consistenza le zone disagiate del nostro paese.

La risorsa frequenziale non viene in breve parametrata all’efficienza, alla corretta allocazione ed al benessere che la banda ultralarga può portare ai cittadini, né vengono applicati i principi di sana concorrenza necessari per lo sviluppo armonico delle telecomunicazioni attraverso le piccole e medie imprese.

Ci si nasconde spesso dietro le norme europee che imporrebbero determinati standards, senza ricordare che la prima efficienza richiesta per le risorse pubbliche è quella di un effettivo utilizzo a beneficio dei cittadini.

Si dibatterà anche di questo nella giornata di studi organizzata da Assoprovider, l’associazione di operatori piccoli e medi, il 6 febbraio alla Camera dei Deputati, con la partecipazione di esponenti del mondo della politica, delle imprese e delle istituzioni.

L’accordo Legacoop e Assoprovider

Alla luce dell’accordo Legacoop e Assoprovider, le cooperative si presenteranno come gruppi di acquisto di servizi Internet. Come soci della cooperativa potranno godere di diversi vantaggi. Come, per esempio, avere più potere contrattuale nei confronti di tutti gli operatori inclusi i big player del mercato e cambiare più agevolmente operatore, se non soddisfatti dei prezzi e della qualità dei servizi. I vantaggi sono anche per gli operatori stessi che potranno farsi concorrenza senza rendite di posizione o monopoli.

Il primo esperimento di questa collaborazione inizierà in Umbria, nelle zone duramente colpite dal terremoto, poi sarà la volta della Puglia. Tra le prime azioni ci sarà quella di raccogliere le adesioni dei cittadini per la creazione di gruppi interessati a utilizzare le risorse frequenziali, cavidotti, fibra, necessari per connettersi a servizi di telecomunicazioni. Così le associazioni pensano di creare delle buone pratiche da poi esportare su altri territori.

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