La digitalizzazione del nostro Paese non si potrà basare solo sullo sviluppo delle cosiddette “infrastrutture materiali”: anche quando avremo razionalizzato gli oltre 10.000 data center presenti nelle PA italiane e coperto tutto il territorio con reti ad alta velocità, l’Italia sarà solo a metà dell’opera. Forse meno.
Ci sono altre infrastrutture su cui concentrare l’attenzione per accelerare l’attuazione dell’Agenda Digitale italiana. Tali infrastrutture sono relative ad asset di natura immateriale, che possono essere distinti in due categorie:
· banche dati trasversali: sono necessarie all’erogazione dei servizi, e sono da integrare tra di loro per evitare inutili proliferazioni di dati: Un esempio su cui tutti, ora in fase sperimentale, è l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR);
· piattaforme condivise: offrono alcune funzionalità chiave, centralizzandone la gestione per renderla maggiormente efficace ed efficiente. Le piattaforme condivide ad oggi sono il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), il Sistema di gestione dei pagamenti per i servizi pubblici (PagoPA), il sistema di interscambio delle fatture elettroniche e il portale dei servizi per i dipendenti pubblici (NoiPA).
La logica di fondo con cui AgID sta progettando le infrastrutture immateriali abiliterà due direzioni di sviluppo, che sono altrettante sfide, fortemente sinergiche tra loro.
La prima è quella di dimostrare che l’integrazione delle banche dati trasversali e la centralizzazione della gestione delle piattaforme condivise consentano non solo di ottimizzare la spesa pubblica in tecnologie digitali, ma anche di velocizzare e semplificare lo sviluppo di servizi digitali da parte delle PA. A regime queste infatti non dovranno più dedicare energie allo sviluppo, alla gestione operativa e all’ammodernamento di tali soluzioni digitali (strategiche ma di onerosa implementazione e gestione, come ad esempio il pagamento online). Tali soluzioni saranno infatti disponibili “a scaffale” e le infrastrutture immateriali consentiranno di agganciarvisi senza preoccuparsi dei relativi processi. Liberati da diverse incombenze, le PA potranno quindi focalizzarsi sul cercare di comprendere meglio le esigenze dei cittadini e sul produrre e offrire servizi digitali che rispondano efficacemente a tali esigenze.
La seconda cerca di inquadrare le infrastrutture immateriali come un volano per lo sviluppo di nuovi mercati per le imprese private, che sarebbero stati impossibili da realizzare fino a quando banche dati e piattaforme fossero stati mani delle singole PA, e realizzate in modo incompleto, eterogeneo e frammentato sul territorio. La presenza di nodi aggregatori e standard condivisi, aperti al contributo dei privati, consentirà a ogni impresa di accedere a più dati e informazioni su cui costruire nuovi servizi da offrire a PA, altre imprese e ovviamente ai cittadini.
L’esito di queste due sfide si potrà verificare pienamente solo nei prossimi mesi, quando le infrastrutture immateriali avranno dimostrato o meno la loro capacità di digitalizzare i servizi offerti dalla PA e, al contempo, di generare nuovi mercati per le imprese.
Focalizzandoci esclusivamente su quest’ultimo punto si possono già ora provare ad identificare alcune opportunità che potrebbero essere colte. La figura mostra alcuni esempi di nuovi servizi online che potrebbero essere offerti dai privati, distinguendo due dimensioni chiave:
· il destinatario del servizio su cui si basa il nuovo mercato generato (PA, imprese e cittadini);
· le infrastrutture immateriali impiegate per l’erogazione di tale servizio.
I mercati generati da SPID fanno sostanzialmente riferimento a servizi in cui è necessaria/valorizzata l’identificazione univoca di un individuo. Un esempio sono tutte le comunicazioni scambiate su media digitali dai medici di base con i loro assistiti. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, l’83% dei medici di base italiani utilizza l’email per interagire con i propri pazienti, il 70% usa SMS, il 53% WhatsApp. Tutte queste soluzioni non consentono di stabilire in modo univoco l’effettiva identità del cittadino ed espongono i medici ai rischi di un trattamento inadeguato di dati sensibili. Una soluzione sviluppata da terzi e basata su SPID garantirebbe di bilanciare le esigenze dei pazienti di interazioni sempre più digitali con quelle dei medici di sentirsi tutelati nei confronti di possibili implicazioni legali per un mancato rispetto della privacy.
Opportunità ancora maggiori si ottengono quando a SPID si abbinano le altre infrastrutture immateriali. I relativi mercati fanno riferimento a servizi online che valorizzano la possibilità di accedere o far accedere – in modo sicuro e nel rispetto della privacy degli utenti – a dati e informazioni raccolti sia in ambito pubblico che privato. SPID consentirebbe infatti di fare matching automatico tra diverse banche dati, abilitando la possibilità di usarle congiuntamente per la creazione di value proposition inedite. Quando SPID, PagoPA e ANPR saranno completamente sviluppati e diffusi, si potrà ad esempio offrire ai cittadini una soluzione che raccolga in un unico spazio virtuale tutte le transazioni economiche avute con la PA e con alcune imprese private, e.g. le utilities, consentendo alle famiglie di tenere monitorate le proprie spese. Il sistema potrebbe ricordare anche le scadenze relativamente agli impegni economici da onorare (es. pagamento della tassa sui rifiuti o di una bolletta telefonica) sulla base dello storico di dati in esso contenuti e delle basi dati ad esso integrate – sia pubbliche che private.
La nascita di tali applicazioni, a metà tra settore pubblico e settore privato, sarà accelerata dalla progressiva integrazione di tutte le altre infrastrutture immateriali. Ad esempio, quando l’ANPR, il registro delle imprese, la banca dati nazionale dei contratti pubblici, la banca dati degli operatori economici e il casellario giudiziale saranno integrati tra loro, sarà possibile per una start-up offrire alle imprese un servizio che automatizzi parte delle valutazioni relative alla solidità aziendale di un potenziale fornitore, integrando dati già disponibili su database privati con informazioni relative, ad esempio, a precedenti penali o amministrativi pendenti su un determinata impresa.
Un’ulteriore accelerazione arriverà infine dalla progressiva integrazione di open data provenienti da altre istituzioni pubbliche e/o sviluppati da enti privati. Si potrebbe ad esempio sviluppare una soluzione che suggerisca dove andare in villeggiatura, incrociando open data disponibili a livello internazionale sull’inquinamento e la presenza di particolari allergeni (e.g. graminacee) in un determinato contesto geografico con le informazioni allergeniche contenute nel proprio fascicolo sanitario elettronico, arrivando così a raccomandare il periodo dell’anno più opportuno per programmare un viaggio in una certa regione.
Questi esempi aiutano a rendere evidente il potenziale di creazione di nuovi mercati e servizi derivante dalle infrastrutture immateriali. Il realizzarsi di tale potenziale (per il pubblico e per il privato) dipende però da quattro azioni chiave:
· massimizzare il numero di attori (cittadini, PA e imprese) coinvolti dall’infrastruttura, soprattutto nella fase immediatamente successiva al suo rilascio;
· bilanciare adeguatamente la sicurezza nella gestione dei dati dei dati personali all’apertura di opportunità di business;
· cogliere/valorizzare le sinergie presenti tra asset pubblici e asset privati;
· combinare più infrastrutture immateriali tra di loro per aumentarne l’efficacia complessiva.
La duplice sfida legata alle infrastrutture immateriali sarà legata a quanto l’Italia riuscirà a fare (in qualità e rapidità) su ciascuno di questi fronti.