Viene presentato oggi a Milano, il secondo Rapporto sull’Innovazione nell’Italia delle Regioni (RIIR) che fotografa lo stato di avanzamento dei progetti, dei servizi e degli investimenti fatti dalle Regioni e dalle Province Autonome per la digitalizzazione dei rispettivi sistemi territoriali.
Il Rapporto, curato dal Centro Interregionale per i Sistemi Informatici, geografici e Statistici (CISIS), organo tecnico della Conferenza delle Regioni, fornisce una ricca messa di dati e di evidenze (aggiornati a fine 2011), a documentare il rilevo assunto dai governi regionali nel promuovere e realizzare la modernizzazione digitale del Paese.
Analizzando i documenti di bilancio e di programmazione delle Regioni, il Rapporto individua in 5,3 miliardi di euro gli investimenti per il digitale effettuati dai Governi regionali nel periodo 2007-2013, con voci di spesa che riguardano innanzitutto la dotazione dei territori di banda larga (600 milioni circa) ed ultralarga (450 milioni), la sanità elettronica (600 milioni circa), lo sviluppo della digitalizzazione in cooperazione applicativa tra gli Enti Locali (460 milioni), la ricerca e l’innovazione (400 milioni di euro). Dati certamente sotto stimati perché le voci di spesa sono desunte a fatica da bilanci nei quali sono di solito annidate all’interno di aree e settori assai diversi. Possiamo dunque ipotizzare che l’ammontare complessivo degli investimenti diretti del sistema delle Regioni per il digitale valga più o meno 1 miliardo di euro l’anno. Cifre che non sappiamo se e quanto le Regioni potranno tenere nel clima di gelo che ha colpito la finanza pubblica ma pur sempre ragguardevoli, tanto più se le si paragona alla manciata di milioni avuti in dote dal Governo da parte dell’Agenda Digitale Italiana col D.L. Crescita 2.0.
Il Rapporto però, permette di entrare nel merito e il quadro diventa interessante perché mette in luce punti di forza (e di debolezza) dei sistemi territoriali di cui il nostro Paese risulta composto.
Tra i punti di forza vanno iscritte le tante eccellenze, non promesse bensì concrete e funzionanti, realizzate dalle Regioni negli ambiti d’intervento coerenti con l’Agenda Digitale Europea: dalle Community Network con gli Enti Locali e con le atre P.A. sul territorio realizzate da Emilia-Romagna, Piemonte, Basilicata, Toscana, Valle d’Aosta e da altre 11 Regioni all’imponente sforzo di realizzazione con fondi regionali delle infrastrutture a banda larga per colmare il digital divide fatto dalla Sardegna, dalla Provincia di Trento, dal Friuli, dalla Regione Siciliana, dalla Lombardia e da molti altri. Diffusa e ormai capillare la rete delle infrastrutture digitali per l’interoperabilità e la cooperazione applicativa in sicurezza promossa e organizzata dalle Regioni, con un dispiegamento di data center, porte di dominio, distribuzione di PEC, piattaforme e sistemi di interoperabilità che creano uno dei pilastri su cui fondare oggi un sistema di e-gov capace di ‘magliare’ tutto il Paese.
Un esempio preclaro è dato dalla Carta Regionale dei Servizi / Tessera Sanitaria, distribuita ormai a oltre 20 milioni di cittadini (saranno 27 milioni entro la fine del 2013), su cui si sono sviluppati quasi 200 servizi on-line non solo in ambito sanitario, un capitale di investimenti e di servizi con cui il nuovo Documento Unificato dovrà fare subito i conti. Ma lo stesso si dovrebbe dire guardando allo sviluppo avuto, grazie alle Regioni, dei Sistemi Informativi Territoriali, all’investimento fatto nella dematerializzazione dei documenti e delle procedure.
Ma impressiona anche la reattività con cui i Governi regionali hanno saputo dare risposta a nuove sfide ed esigenze: sul tema dell’Open data, ad esempio, o nel campo dell’E-procurement e delle piattaforme di supporto alle Centrali d’acquisto regionali, per giungere fino al tema della scuola e della diffusione delle competenze digitali tra cittadini e lavoratori (ad oggi largamente disatteso nel nostro Paese) o a quello della ricerca e dell’innovazione nel campo del digitale. Tutti ambiti in cui le Regioni hanno saputo dar vita in poco tempo ad esperienze di eccellenza rendendole in breve patrimonio diffuso e comune dei loro territori.
Lo scenario è largamente positivo anche per quanto il Rapporto non mette ancora in luce e la ricchezza degli avanzamenti che caratterizzano il lavoro di quest’ultimo anno 2012 richiederebbe un’attenzione specifica, assai più della moltitudine di articoli spesi per auspicare o commentare un’Agenda Digitale nazionale che ha faticato e fatica ad intravedersi nonostante la tenace attenzione mediatica e politica.
Certamente restano alcune aree critiche o zone d’ombra, che il Rapporto aiuta a ricordare. Sappiamo che la realtà delle Regioni non è omogenea, che ci sono velocità e orientamenti diversi tra Governi regionali su ciascuna politica e che spesso le iniziative assunte, anche di eccellenza, sono rimaste confinate entro il territorio di quella specifica Regione che vi ha dato origine. La difficoltà a praticare in modo concreto il riuso delle soluzioni e l’assenza di incentivi (o di obblighi) efficaci verso l’adozione di sistemi interoperabili nella logica della cooperazione applicativa sono senza dubbio drammaticamente alla radice di questa situazione.
La drastica crisi della finanza pubblica, la domanda di PA più snella ed efficiente e l’ingresso nell’agenda politico-istituzionale nazionale della issue “Agenda Digitale” hanno però creato i presupposti per compiere un ulteriore salto di qualità. Dall’inizio del 2012, le Regioni hanno costituito una Cabina di Regia politica interna alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dedicata all’Agenda Digitale, hanno fortemente valorizzato quale luogo di integrazione e di supporto tecnico interregionale il CISIS el’Associazione tra le in-house delle Regioni per l’ICT (Assinter). Soprattutto hanno saputo adottato un Documento di posizionamento, indirizzi e proposte comune, approvato dalla Conferenza dei Presidenti il 6 giugno scorso, quale contributo delle Regioni all’Agenda Digitale in fieri.
Pressoché tutto di quel documento resta da attuare e molto altro vi sarebbe da fare, e quindi partiamo da lì per indicare una strada ad avviso di chi scrive necessaria per realizzare, nel poco tempo a disposizione, un salto deciso verso la modernizzazione, recuperando i gap che il nostro Paese annovera. Per fare questo ed uscire dalla bolla puramente mediatica in cui ormai alcuni temi sembrano essere entrati in stallo, occorre mettere a fattor comune le iniziative, i progetti e le risorse delle Regioni, degli Enti Locali e dell’Amministrazione centrale, all’interno di un contesto di regole e di obiettivi condivisi che favoriscano la ripartizione del lavoro e il trasferimento delle esperienze. Ciò in quanto la battaglia della modernizzazione della P.A e dei servizi, anche privati, si combatte sui territori e nelle singole politiche di settore, dove le Regioni e gli Enti Locali sono gli attori di primissimo piano e dove le prime possono giocare le proprie leve normative, programmatori e finanziarie.
L’Agenda Digitale che serve oggi all’Italia, alle sue imprese ai suoi cittadini, è praticabile oggi solo se è costruita in modo da federare il ruolo, le risorse e le esperienze messe in campo da tutti i livelli della PA. Questa è la prima sfida su cui si testerà la capacità della neonata Agenzia per l’Italia Digitale di essere un punto di riferimento, insieme alle scelte di indirizzo e di governance che l’Esecutivo che uscirà dalla consultazione elettorale di febbraio dovrà dare.
La seconda sfida, applicativa, sarà quella di saper scrivere finalmente regole operative condivise (i tanti decreti attuativi che la normativa ha previsto per far funzionar e rendere applicabili le principali scelte di e-gov) e di creare un sistema di supporto e di controllo alla loro applicazione fatto in modo semplice, efficiente e non burocratico.
La terza sfida insiste nell’uscire dalla logica strumentale del privato è bello a danno delle in-house regionali per coinvolgere da subito le Regioni e gli Enti Locali in un quadro di incentivi e di disincentivi che punti a far emergere le migliori esperienze, a metterle celermente a sistema attraverso un sistema di standard e di effettiva praticabilità del riuso (che non è a zero costi come taluni vogliono far credere, ma che ha comunque costi infinitamente più bassi della logica del ‘ripartire da zero’ e imporre un unico prodotto a tutti).
Documento Unificato, Dematerializzazione, Fatturazione e pagamenti elettronici, Sanità, Scuola, Smart cities, possono essere i primi banchi di prova su cui misurarsi. Basteranno i prossimi 6 mesi per capire da che parte ci si vorrà orientare.