L’investimento “reti ultraveloci” è sicuramente uno degli investimenti più ambiziosi che il governo ha inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ambizioso in primis perché si legge la volontà di chiudere in modo definitivo il digital divide del nostro Paese in modo strutturato, e toccando diversi ambiti che fino a questo momento non erano prioritari; in seconda battuta è ambizioso perché l’orizzonte temporale è sfidante e si vuole traguardare il 2026, in anticipo quindi rispetto agli obiettivi europei.
Reti veloci, così l’Italia vuole battere l’Ue sul tempo: missione 2026
Lo stato dell’arte delle infrastrutture italiane
Il livello di infrastrutturazione del nostro Paese, grazie alle iniziative pubbliche e private, è cresciuto in modo significativo. La copertura ultra-broadband di rete fissa (velocità di download pari ad almeno 30 Mbps) ha superato l’85% della popolazione, mentre a fine 2020 la copertura dei servizi FTTH (Fiber to the Home) era pari a meno di un 1/3 delle unità immobiliari del Paese e nel corso del 2022, secondo le nostre stime, saranno raggiunti valori ben più alti delle medie europee attuali.
Quello che è rimasto indietro è, invece, lo sviluppo del 5G. Eravamo partiti nel 2019 con la copertura delle principali città italiane (Milano, Roma, Napoli…) raggiungendo circa il 10% di copertura della popolazione, ma per tutto il 2020 siamo rimasti sostanzialmente fermi a circa 10 grandi città coperte e qualche comune dell’hinterland di Milano. Negli ultimi mesi, a partire da inizio 2021, la copertura dei principali comuni e località turistiche è ripartita, e tra gli obiettivi degli operatori vi è la copertura dell’intero territorio nazionale entro il 2025.
L’investimento “reti ultraveloci”
L’intervento “reti ultraveloci” del PNRR lo si può sintetizzare in tre punti:
- Chiudere il digital divide nelle aree bianche, grigie e nere che sono rimaste fuori dai piani pubblici e privati degli ultimi 3-5 anni-> Impatto oltre 9 milioni di famiglie
- Collegare gli edifici scolastici e gli edifici del servizio sanitario nazionale, anche essi situate in aree con un basso livello di infrastrutturazione -> Impatto per oltre 20.000 sedi della PA
- Connettere le aree remote del Paese per rendere eque e pervasive le tecnologie ultra-broadband su tutto il territorio nazionale, isole minori e aree a fallimento mobile compreso -> impatto per 18 isole minori e diverse aree remote del territorio.
Consultazione Infratel
La consultazione Infratel “Mappatura 2021 reti fisse a banda ultra larga” appena pubblicata va esattamente in questa direzione e ha l’obiettivo di fare una fotografia di dettaglio di quelle che saranno le aree di intervento del governo in termini di infrastrutturazione da qui ai prossimi cinque anni.
Per la prima volta si utilizza una formula, come da indicazioni del Berec, per stimare non solo più la velocità massima, ma quella effettiva di quei servizi (quella dei momenti di picco di traffico, in particolare).
Siamo già rodati su questo tipo di consultazione e gli operatori si sono sicuramente attrezzati per poter rispondere con le corrette unità di misura richieste da Infratel. Sicuramente, però, i fattori endogeni di questo periodo – la Rete unica, l’offerta di coinvestimento in fibra su rete secondaria, i nuovi piani di diffusione della tecnologia FWA 5G – non aiutano a creare una fotografia chiara di quelle che potranno essere le aree che realmente rimarranno fuori dall’Ultra-BB da qui al prossimo quinquennio. Sarà necessario, quindi, mettere in atto un meccanismo reattivo e iterativo che possa far correggere semestre dopo semestre il tiro di questa importante azione per far ripartire il Paese.
Altro concetto importante che viene ribadito in più passaggi del PNRR è la neutralità tecnologica. Neutralità che da una parte darà la possibilità di valutare caso per caso qual è la tecnologia più efficiente per raggiungere le aree target dell’intervento, dall’altro incentivare le azioni di deployment del 5G – FWA che negli ultimi 12 mesi hanno avuto uno sviluppo di grande rilievo.
Le cinque leve su cui intervenire
Parlando di infrastrutture digitali, le reti rappresentano un punto fondamentale su cui investire, insieme a Dati, Cloud, Sicurezza e competenze digitali. Il PNRR tocca tutte queste dimensioni, anche sul fronte della pubblica amministrazione.
Per questo motivo abbiamo deciso di aprire un dialogo su questi temi cruciali per il rilancio del Paese, coinvolgendo istituzioni e key player del settore, attraverso l’EY Summit Infrastrutture, che vedrà la seconda tappa “Transizione digitale ed energetica” il 26 maggio.
Le infrastrutture di rete sono una delle risorse strategiche alla base dello sviluppo digitale del Sistema Paese in quanto garantiscono lo scambio di dati e informazioni in tempo reale per accedere a numerosi servizi innovativi. Per quanto riguarda gli altri fattori (Dati, Cloud, Sicurezza e Competenze digitali) si tratta di elementi tra loro fortemente collegati: perché il potenziale delle infrastrutture di rete sia pienamente indirizzato, è necessario che oltre che un mezzo di connettività le reti siano anche la base su cui sviluppare applicazioni innovative. Tali applicazioni sempre più spesso saranno in Cloud e richiederanno che si elevino i livelli di sicurezza ad esse associate, in modo da non creare pericolosi buchi o punti deboli del sistema nel suo complesso.
Tali applicazioni genereranno volumi crescenti di dati, la cui conservazione (sicura) e capacità di analisi saranno un ulteriore valore aggiunto (anche nel senso monetario) delle infrastrutture e applicazioni che si implementeranno.
Perché tutto questo avvenga, infine, è necessario che si sviluppino le competenze digitali degli utenti ma ancora di più di chi ha la responsabilità, nelle aziende e nella pubblica amministrazione, di sviluppare l’innovazione digitale.
Siamo fiduciosi che il mix di questi ingredienti possano veramente creare una formula vincente di rilancio per le nostre imprese, per la nostra pubblica amministrazione e soprattutto per noi tutti cittadini.