il quadro

Ecco l’eCall, come farà la differenza per la sicurezza in auto

Si parte tra meno di un anno. Ma che bisogna sapere su questo sistema di chiamata che farà la differenza tra la vita e la morte sulle strade? Tecnologie, normativa e sfida. E la roadmap 2017-2018

Pubblicato il 26 Apr 2017

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Si partirà dal 31 marzo 2018: da quel momento in poi tutte le automobili di nuova immatricolazione avranno l’obbligo dell’eCall a bordo, il sistema automatico di chiamate di emergenza che si attiva da solo in caso di incidente, in grado di inviare automaticamente un segnale di soccorso al numero di emergenza unificato 112.

L’infrastruttura su cui si basa il sistema eCall dovrebbe, invece, essere operativa entro il primo ottobre 2017. La scadenza è prossima ma cosa è stato fatto?

  1. Verso il dispiegamento dell’eCall: il progetto I_HeERO

Nella nuova programmazione 2014 – 2020 la Commissione Europea ha inserito nei Fondi CEF (Connecting Europe Facility – strumento finanziario diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni) la possibilità di attivare una nuova iniziativa sull’eCall aperta a tutti gli Stati Membri.

Sulla scia dei precedenti progetti HeERO1 e HeERO2, 12 Stati membri e 61 partners privati hanno deciso di presentare un nuovo progetto, denominato I_HeERO (noto anche come HeERO3). Tale progetto è stato approvato dall’organo di valutazione per una durata complessiva di 2 anni e cioè fino alla fine del 2017.

Anche l’Italia partecipa a tale progetto con un consorzio di 12 partner. L’obiettivo principale del progetto è quello di validare una architettura-modello per la ricezione delle chiamate eCall e la trasmissione delle informazioni al PASP (Public Answering Safety Point) competente per territorio. Tale modello potrà, quindi, essere adottato per il dispiegamento del servizio eCall nel sistema pubblico dell’emergenza su scala nazionale.

L’esperienza fatta e i risultati positivi ottenuti nel precedente progetto HeERO1 (2010-2013) sembrano sostenere l’ideazione di un modello che prevede un unico PSAP di 1° livello, abilitato all’eCall (salvo duplicazioni per motivi di backup o bilanciamento del traffico), in grado, a valle della ricezione delle informazioni contenute nel MSD (Minimum Set of Data), di trasmettere la “scheda contatto” al PSAP di 2° livello più prossimo al luogo dove si è verificato l’incidente e di trasferirvi la chiamata voce.

In questa ottica nel progetto I_HeERO sarà sperimentata l’integrazione tra il PSAP di Varese (PSAP 1° livello già abilitato all’eCall con il progetto HeERO1) e quello di Trento (che agirà sia come PSAP di 1° livello che come PSAP di 2° livello). Una particolare attenzione viene data, quindi, nel progetto I_HeERO all’integrazione dei dati, sia a livello di protocolli di scambio automatici, sia a livello di modelli organizzativi comuni e condivisi tra i PSAP e non solo.

Riguardo al tema della integrazione dei dati sarà valutata la possibilità di ricevere da parte del PSAP di 1° livello, abilitato all’eCall, le comunicazioni fornite non solo da altre forze di polizia, come ad es. la polizia municipale, ma anche da società private che forniscono servizi assimilabili all’eCall (come i TSP – Third party Service Provider), attraverso la creazione di una interfaccia comune e condivisa tra PSAP e TSP che agevoli e renda più efficiente la gestione delle emergenze, sia sotto l’aspetto qualitativo che delle tempistiche di intervento, affidando, ad esempio, ai TSP il compito di filtrare le chiamate false o commesse per errore.

Quanto descritto fino ad ora impone che il PSAP di 1° livello, abilitato all’eCall, abbia la capacità di trasmettere l’informazione ricevuta (o dalla “scatoletta eCall” o dal TSP) al PSAP di 2° livello competente territorialmente (ovvero quello più prossimo al punto dell’incidente) attraverso la VPN (Virtual Public Network) delle emergenze per la componente “dati”. Esiste, tuttavia, per la parte “voce” la necessità di abilitare il PSAP di 1° livello, abilitato all’eCall, al trasferimento della chiamata a tutti i PSAP di 2° livello operanti su scala nazionale, il che comporta la disponibilità/costituzione di una banca dati dei numeri da contattare, oltre alla definizione delle regole di ingaggio tra i TSP ed i PSAP di 1° livello. A tal riguardo sarebbe auspicabile he venga predisposto un protocollo di collaborazione tra le parti che indichi i prerequisiti dei TSP, affinchè siano riconosciuti dai PSAP, e gli standard per l’accesso ai servizi di risposta alle chiamate di emergenza erogati dalle centrali uniche di risposta attive sul 112 NUE che i TSP devono necessariamente rispettare.

Con il progetto europeo I_Hero ci si è posti, altresì, l’obiettivo di estendere l’ecall system ai mezzi pesanti ed alle due ruote e di valutare l’interazione con piattaforme logistiche e con quelle infrastrutture di comunicazione che consentono lo scambio di dati ed informazioni tra i veicoli (V2V) e tra i veicoli e le infrastrutture medesime (V2I). Trattasi di sistemi cd “cooperativi”, già presenti sull’A22, cioè l’autostrada del Brennero dove avrà luogo il test sperimentale, utilizzati ed utilizzabili non solo per la sicurezza preventiva sulle strade e l’efficienza del traffico, soprattutto in condizioni atmosferiche avverse, ma anche per valutare lo stato dell’infrastruttura stradale, al fine di ottimizzare le operazioni di manutenzione e l’approntamento di idonee e tempestive misure atte a migliorare la fruibilità dell’infrastruttura stessa, o lo stato di occupazione dei parcheggi o i livelli di inquinamento nell’aria.

Da un veicolo meramente connesso ci si proietta verso un veicolo cooperativo, in cui l’automobile diventa sensore e fonte di informazioni di traffico e di sicurezza, operante su una piattaforma telematica «aperta ed integrata», in cui il dispositivo di bordo, che implementa l’eCall, può essere usato per abilitare anche altri servizi a valore aggiunto nello spirito della direttiva UE ITS (Direttiva 2014/40/CE del 6.7.2010), con l’obiettivo di avere un Paese più veloce, più informato, più sicuro, più smart. Non è un caso che sempre più spesso si parli di smart road in cui la sicurezza sulle strade passa anche attraverso le nuove tecnologie ma soprattutto attraverso alcuni interventi normativi ed una forte presa di coscienza, che, però, si rendono necessari a stretto giro.

In considerazione delle scadenze imposte dalla legislazione comunitaria, infatti, il sistema eCall, lato pubblico, dovrà, come detto, essere pronto ed operativo su scala nazionale (ed europea) da ottobre 2017 (lato automotive da marzo 2018). Il progetto I_HeERO, da questo punto di vista, certamente costituisce una formidabile opportunità di sperimentazione di un modello di dispiegamento del servizio, ma soprattutto dovrebbe essere un’occasione per creare un sistema di gestione dell’emergenza automobilistica più integrato, moderno ed efficace. Molto, però, sembra ancora doversi fare sia lato attivazione PASP di 1° livello (o CUR – Centrali Uniche di Risposta secondo la previsione dell’art. 8, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”), sia sotto il profilo dell’integrazione tra eCall pubblico ed i fornitori di assistenza privata per le emergenze automobilistiche, ma soprattutto lato istituzioni.

Mentre, infatti, la legislazione comunitaria sin dal 2010 con la Direttiva 2010/40/CE del 6.7.2010 – Intelligent Trasport System – ha considerato «azione prioritaria» la predisposizione armonizzata su tutto il territorio della Unione Europea del servizio eCall e con il Regolamento delegato UE n.305/2013 ed il successivo Regolamento UE n.758/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015, relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo basato sul servizio 112, ha previsto anche delle specifiche per i PSAP degli Stati Membri, in modo tale che siano in grado di ricevere e gestire in modo adeguato le chiamate eCall, nel nostro ordinamento, al di là della progettualità spesa per partecipare ai progetti HeERO, sembra mancare ancora a livello istituzionale una piena consapevolezza di come l’applicazione delle tecnologie informatiche e della comunicazione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture, ai veicoli ed alla gestione del traffico e della mobilità in generale costituisca una dei settori di intervento strategico non solo per il settore delle comunicazioni in senso ampio, per car makers e produttori dell’indotto, ma per tutto il sistema Paese, portando un aumento della produttività e della competitività nel comparto, migliori servizi per i cittadini, sia in termini di costo che di qualità, accessibilità a servizi avanzati, anche per soggetti in digital divide, riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale, sia in termini di quantità di emissioni di CO2 che di rumore, e soprattutto maggiore sicurezza.

Se si considera che il 95% degli incidenti stradali è dovuto ad errori umani, appare palese come tra le applicazioni per la sicurezza stradale un ruolo prioritario rivestano i sistemi di ausilio alla guida e gestione delle emergenze, come l’eCall (da annoverare tra i servizi M2M non IP based), ma si pensi anche all’importanza che possono avere sistemi di tracciamento delle merci di pregio o pericolose e dei veicoli, così come l’uso ottimale dei dati relativi alle strade, al traffico ed alla mobilità.

  1. Il quadro normativo per lo sviluppo e l’adozione degli ITS in Italia

La Direttiva ITS 2014/40/CE del 6.7.2010 è stata recepita nel nostro ordinamento con il Decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito con modificazioni dalle legge 17 dicembre 2012, n. 211, che all’art. 8 prevede “Misure per l’innovazione dei sistemi di trasporto”, ponendo l’accento sulla costituzione di una banca dati relativa alle informazioni infrastrutturali e sui dati di traffico, e sull’adozione dei sistemi di bigliettazione elettronica interoperabile a livello nazionale rispetto a cui era stato indicato un termine di 90 giorni per l’emanazione delle regole tecniche necessarie per le aziende del trasporto pubblico locale, pubblicato solo di recente. Successivamente con il Decreto interministeriale del 1 febbraio 2013 n. 39 ed il Piano di azione nazionale sui sistemi intelligenti di trasporto del 12.2.2014 sono stati individuati i settori di intervento e le azioni prioritarie per favorire lo sviluppo degli ITS sul territorio nazionale. Allo scopo di garantire azioni coordinate ed integrate il citato decreto interministeriale n. 39/2013 prevedeva all’art. 10 l’istituzione di un Comitato di indirizzo e coordinamento tecnico delle iniziative in materia di ITS, denominato ComITS, composto (unicamente?) dai rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dal Ministero dell’Interno e dal Ministero dell’istruzione, università e ricerca: una lodevole sinergia che da un lato appare, tuttavia, ab origine mancante del necessario supporto di altri attori istituzionali e dall’altro si sovrappone ad altri tavoli di lavoro già operativi nell’attuazione di alcune azioni del piano ITS, come ad es. in tema di eCall o in tema di standardizzazione ed interoperabilità per la trasmissioni dati tra veicolo-veicolo e veicolo-infrastruttura, autorizzate in via sperimentale e temporanea nella banda di frequenze 5860-5905 MHz, indicate nella direttiva ITS come dedicate alla sicurezza stradale, ma non ancora recepite nel Piano nazionale di ripartizione delle frequenze.

L’auspicio è che vi sia un’effettiva convergenza delle diverse iniziative pubbliche per evitare duplicazioni e dispersioni di risorse in modo tale da garantire al Paese anche una presenza più attiva sui tavoli europei ed internazionali che trattano tali temi. Il contesto nel quale tali servizi (ed in genere i cd servizi M2M) si sono sviluppati almeno fino ad oggi è, infatti, di decisa deregolamentazione. Se questa può essere un’opportunità da alcuni punti di vista, per i medesimi motivi può, però, rappresentare un rischio per l’interoperabilità e la standardizzazione ed in ultima analisi per la regolare crescita dei servizi venduti in aftermarket visto il notevole interesse delle case automobilistiche.

  1. To do list

Il ritardo nell’adozione di modelli di governance multistakeholder e nella definizione dei processi di integrazione all’interno del settore pubblico e tra settore pubblico e settore privato appare ancora più grave se si considera che la filiera Automotive costituisce uno dei pilastri industriali e di sviluppo del nostro sistema Paese, come dimostrano alcuni numeri di seguito riportati e riferiti a qualche anno fa (Fonte Anfia 2014):

  • 200 le imprese operanti nel settore automotive
  • 000 gli addetti nella filiera produttiva, pari all’7% degli occupati nel settore manifatturiero
  • 88 miliardi di euro di fatturato, pari al 5,5 %del Pil
  • 3 miliardi di euro spesi in R&D
  • 080.753 le autovetture circolanti di cui 1.360.501 di nuova immatricolazione
  • 39 miliardi il valore del mercato globale delle Connected Cars nel 2018 partendo dai € 13 miliardi del 2012
  • 22% delle automobili vendute su scala globale aventi a bordo soluzioni di connettività wireless (percentuale che si stima raggiungerà l’89% nel 2024).

Poiché tale settore porta con sé, tuttavia, una contraddizione intrinseca, in quanto se dal lato produce ricchezza, dall’altro determina una serie di problemi o esternalità negative in termini di sicurezza – congestione delle strade ed ambiente, si impone  l’adozione di un approccio integrato, in cui lo stakeholder pubblico svolge un ruolo di facilitatore di estremo rilievo a supporto della tecnologia, affinchè si possa raggiungere l’obiettivo di una mobilità sostenibile, che consente di prevenire gli incidenti, migliorare il traffico, la sicurezza stradale e del trasporto, ridurre i consumi e l’impatto ambientale e favorire lo sviluppo economico del Paese, considerando che l’Italia è un paese che soffre di un’elevata densità di traffico interno e, non incidentalmente, di un’offerta infrastrutturale che non è in grado di assorbire la domanda.

Solo di recente si è prestata la giusta attenzione a tale settore che, però, per raggiungere il suo pieno potenziale deve veder lavorare insieme gli stakeholders pubblici, l’industria automobilistica e gli operatori del settore tlc. A livello europeo il mercato si è mosso, cercando di anticipare l’esigenza della regolamentazione, fondando il GSMA Connected Car Forum, una piattaforma per la condivisione delle informazioni tra il settore automotive e operatori di reti mobili. Sempre dal lato del mercato, negli Stati Uniti di recente AT&T ha avviato uno specifico programma per facilitare le sperimentazioni da parte dei costruttori di veicoli: il modello attuato da AT&T ha previsto l’aggregazione in una sorta di Campus (il Drive Studio ad Atlanta) dei principali stakeholder privati nel campo della manutenzione e dell’erogazione di contenuti multimediali per favorire la sperimentazione da parte dei produttori di veicoli di soluzioni avanzate nel settore delle Connected Cars. Ma anche il regolatore a livello europeo – come detto – ha avuto un suo ruolo, considerando quanto fatto dalla Commissione Europea in tema di eCall, che certamente ha rappresentato una forte spinta per il mercato delle Connected Cars. Se si considera che il solo mercato scandinavo per i veicoli connessi vale attualmente 600 milioni di euro, con un incremento ipotizzato fino a oltre 2 miliardi nel 2020 e la forte spinta in tale settore proveniente dai mercati emergenti come Brasile, Russia, India e Cina, sono da considerare quanto mai opportune tutte le iniziative istituzionali emergenti nel settore.

Se gli obiettivi sono chiari, alcuni specifici punti ed alcuni interventi sono ancora da chiarire ed attuare, non solo rispetto ai modelli di governance, ma anche per alcune problematicità regolamentari del tutto nuove rispetto a temi quali: a) la tutela della privacy (o rectius dell’identità personale) con accesso ad informazioni sempre più strategiche per modelli di business real time (sebbene è doveroso evidenziare che con riferimento alle chiamate di emergenza, come nel caso della chiamata ecall, i profili di privacy non rilevano per tutta la durata della chiamata sulla base del compromesso raggiunto dal Parlamento Europeo con il Documento di lavoro adottato il 26 settembre 2006 dal Gruppo dell’articolo 29 per la tutela dei dati in tema di progetti smart road il tema privacy non va sottovalutato), e b) la sicurezza (da intendersi anche come affidabilità) delle comunicazioni, in modo da evitare danneggiamenti, manipolazioni o distruzioni, anche all’insaputa del titolare del dato, ma anche la sicurezza dei prodotti o dei dispositivi, tale per cui si possa garantire la sicurezza delle persone attraverso una concreta applicazione dei paradigmi e delle strategie basate sul cd. approccio di privacy and data protection by design, e, non da ultimo, anche la sicurezza nazionale. È ben nota oramai la notizia di come una coppia di hacker in America abbia preso il controllo da remoto di una jeep che viaggiava in autostrada, sfruttando la vulnerabilità del sistema di connessione wireless installato a bordo. Potendo accedere al sistema centrale diventa possibile modificare la temperatura dell’abitacolo, ma anche governare l’acceleratore, il freno, il cambio e tutta l’elettronica di bordo e, quindi, causare un incidente, anche per il solo fatto che la maggior parte dei guidatori di fronte ad un tale episodio cadrebbe in preda al panico ma si pensi anche a tutte le implicazioni regolamentari che pongono le macchine a guida autonoma sotto il profilo ad es. della responsabilità.

Per quanto riguarda poi specificatamente il settore delle comunicazioni tra i temi da affrontare e regolamentare vi sono il possibile utilizzo di archi di numerazione esistenti o di nuovi archi di numerazione specificatamente per tali servizi, l’individuazione delle modalità (obblighi) di fornitura delle informazioni sulla localizzazione del device, l’utilizzabilità di SIM embedded o sostituibili dall’utente per garantire la portabilità dei device ed il passaggio al protocollo IPv6.

La Raccomandazione ECC/REC/(11)03 ritiene che lo sviluppo di applicazioni M2M potrà avere un impatto considerevole sull’uso delle numerazioni E.164, specialmente nel breve e medio termine e ritiene, quindi, necessaria una strategia riguardo alla numerazione, in particolare per le risorse di numerazione per servizi mobili e personali che potrebbero risultare a medio-lungo termine insufficienti. Viene, quindi, raccomandato che: i) le autorità nazionali di regolamentazione stabiliscano per le applicazioni M2M idonee soluzioni nel Piano di numerazione nazionale; ii) per il lungo termine si preferisca l’uso di numerazione IPV6, piuttosto che della numerazione E.164; iii) in caso di scarsità di numerazione mobile, sia aperto un nuovo arco di numerazione E.164; iv) nel caso si preveda l’uso di un nuovo arco di numerazione: a) la lunghezza del numero dovrebbe essere la più lunga possibile (massimo 15 cifre nel formato internazionale); b) il nuovo arco di numerazione non deve essere utilizzato come alternativa ad archi esistenti per evitare il rispetto di vincoli normativi. Ulteriore tematica connessa è quella relativa all’eventuale necessità di utilizzare una specifica numerazione E.212 e in particolare l’eventuale necessità di richiedere uno specifico Mobile Country Code (MCC).

La risoluzione di tali problematiche diventa particolarmente rilevante nel caso specifico delle eCall che, pur essendo un caso particolare tra i servizi M2M, in quanto non si basa – come detto – su protocollo IP, riveste un particolare significato sia per le sue correlazioni con i modelli operativi di gestione delle chiamate di emergenza, sia per la gestione – specificamente normata in Italia – dell’invio delle informazioni di localizzazione del chiamante.

  1. Ma specificamente che cos’è l’eCall?

«L’eCall è l’esempio perfetto di un progetto sviluppato dalla Ue per salvare vite umane. Adesso la legge permetterà di fornire vantaggi reali grazie alle tecnologie digitali», ha detto Günther H. Oettinger, Commissario Ue all’Economia Digitale, a seguito della decisione del 28 aprile 2015 del Parlamento Europeo di rendere obbligatorio l’eCall dal marzo 2018.

In caso di grave incidente una chiamata eCall viene avviata automaticamente (o manualmente dagli occupanti del veicolo) dal dispositivo veicolare e chiama il Numero Unico di Emergenza Europeo 112. Il dispositivo crea una connessione vocale ed invia automaticamente un messaggio dati (MSD) relativo all’incidente. La chiamata, identificata come eCall dalla rete mobile, viene istradata al PSAP che decodifica l’MSD ricevuto ed avvia la gestione dell’incidente, inoltrando i dati ad una sala operativa o ad un altro PSAP. L’MSD include: a) orario dell’incidente; b) localizzazione del veicolo; c) direzione di marcia.

L’eCall, che, come più volte detto, sarà obbligatorio dal marzo 2018, per tutte le auto di nuova immatricolazione, è testato in Italia sin dal 2010, dapprima attraverso la partecipazione al progetto HeEro1, durante il quale è stato abilitato alla ricezione delle chiamate eCall il PASP di Varese ed è stata abilitata la rete telefonica fissa e mobile, definendo un codice di istradamento delle chiamate (normativa tecnica di interconnessione nazionale ST763-3) per veicolare le informazioni della chiamata di emergenza e l’OP_ID di origine per la localizzazione della chiamata, ed ora attraverso il progetto I_HeERO .

Lo schema sotto riportato schematizza quanto in essere a Varese in termini di capacità di ricezione e gestione di chiamate eCall. In particolare il “MEB” (MSD Extractor Box), il componente fondamentale del sistema sviluppato all’interno del progetto HeEro1.

Il sistema, una volta implementato, potrà aiutare a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 50% il numero di feriti gravi e di morti sulle strade. È stimato che ricevere un avviso immediato del verificarsi di un incidente e della sua esatta localizzazione può ridurre i tempi di risposta dei servizi di emergenza di oltre il 50% e grazie a tale risparmio di tempo si stima che l’eCall contribuirà a salvare fino a 2.500 vite ogni anno ed a ridurre la gravità delle ferite in migliaia di casi. Arrivare più rapidamente sul luogo di un incidente porta, inoltre, benefici anche alla mobilità: ripristinando la circolazione più velocemente si riducono le possibilità di incidenti secondari, diminuiscono i tempi di congestione ed i rallentamenti e, di conseguenza, si riduce anche il consumo di CO2.

La sicurezza dei trasporti stradali è una questione di importanza fondamentale se si considerano i numeri di seguiti riportati: nel 2013 sulle strade dell’Unione Europea sono morte circa 26.000 persone ed i feriti sono stati 1,4 milioni, di cui più di 100.000 con danni gravi permanenti. Tali numeri generano un costo altissimo per la società, da cui la sempre maggiore attenzione nel tempo verso servizi come l’eCall, comprovata dai dati della tabella successiva:

Progetto HeEro 1Progetto I_HeERo
2011 – 20132014 – 2017
9 Member State12 Member State
12 partners a livello europeo61 partners a livello europeo
5 M Euro di stanziamento (cont. 50%)15 M Euro di stanziamento (cont. 50%)
Varese (PSAP o CUR nazionali coinvolti)Varese + Trento (PSAP o CUR nazionali coinvolti)
6 partners in Italia12 partners in Italia
600 K Euro di stanziamento per il progetto italiano (cont. 50%)1.35 M Euro di stanziamento per il progetto italiano (cont. 50%)

Rispetto alle specifiche problematiche attinenti le risorse di numerazione, la questione, qualora il PSAP possa richiamare il dispositivo eCall presente nell’autovettura, è l’individuazione di appropriate soluzioni di numerazione E.164, anche – come detto – in termini di quantità, oltre alla necessità di definire nuovi standard tecnici: trattandosi di numerazioni non note e selezionabili, non c’è, tuttavia, un problema di lunghezza del numero ed esisterebbe anche la possibilità di utilizzare le cd numerazioni globali. Ma la discussione è ancora aperta a livello europeo in ambito CEPT.

  1. La sfida

Certamente a fronte degli indubbi benefici che potranno essere portati dall’introduzione di tali sistemi ed applicazioni è prevedibile che le innovazioni conseguenti a tale introduzione potranno determinare mutazioni significative dei modelli di business, di mercato, delle politiche sociali tradizionali e, quindi, che tutte queste modifiche possano avere implicazioni etiche e giuridiche inesplorate, tanto da rendere oramai necessaria una specifica regolamentazione soprattutto laddove operano le macchine a guida autonoma paragonabili ad un robot con le ruote.

Da qui l’esigenza di essere preparati non solo sul piano degli standard tecnici applicabili, ma soprattutto sul piano normativo/regolamentare in un quadro sinergico che consenta di affrontare adeguatamente le sfide che lo sviluppo di tali servizi ci (im)pone.

Certamente non si può fermare il cambiamento, bisogna, però, imparare (ed in fretta) a gestire la sua complessità, altrimenti si rischia solo una gran confusione.

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