Regole

Liberare le frequenze per sostenere l’Agenda digitale

Abbiamo porzioni di spettro di fatto inutilizzate, dove i regolatori stanno peccando di eccessiva burocratizzazione. Si pensi allo spettro dei 200 MHz compresi tra le frequenze 3,6 e 3,8 GHz oggi in gran parte libero, utilizzato solo per alcuni ponti radio (di RaiWay, Telecom Italia, Ministero della Difesa) e che, secondo la Decisione 243/2012/EU in merito alle indicazioni del programma pluriennale sulla politica dello spettro radio, avrebbe dovuto essere disponibile già dal 31 dicembre 2012

Pubblicato il 23 Giu 2014

Laura Rovizzi

OpenGate

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L’attuazione dell’Agenda Digitale è un passaggio urgente e il digital divide infrastrutturale altro non è se non un ulteriore ostacolo alla ripresa della nostra economia. Anche la scadenza fissata dall’Europa con gli obiettivi del 2020 non è più così lontana, ma nel frattempo l’Italia si colloca solo al 20° posto sul totale dei 34 paesi OCSE per penetrazione del broadband mobile, e al ventiquattresimo per la banda larga su linea fissa. Alcuni passi sono stati fatti, ma il Presidente Renzi ha promesso una “rivoluzione”, ha recentemente assegnato le deleghe al Ministro Madia per il coordinamento dell’agenda digitale e la vigilanza sull’attività dell’Agenzia per l’Italia Digitale e il Ministro stesso ha assicurato che non ci saranno “tempi morti”.

E’ il momento di mettere in pratica alcune linee guide del Rapporto predisposto da Francesco Caio e dai suoi advisor e di delineare una strategia di medio-lungo periodo. Fondamentale sarà aprire la strada a nuove e non abbastanza considerate tecnologie che, se messe nelle condizioni di poter crescere e consolidarsi, possono rappresentare un importante aiuto. Ciò senza diventare, come spesso accade, un ulteriore costo. Servono soluzioni diverse per necessità diverse: per ogni realtà territoriale e per ogni mercato vanno riconosciute le peculiarità e individuate le soluzione tecnologiche ideali. Proprio in questa ottica, un elemento essenziale è quello dell’attuale scarsa efficienza nell’uso delle frequenze. Abbiamo porzioni di spettro di fatto inutilizzate, dove i regolatori stanno peccando di eccessiva burocratizzazione. Si pensi allo spettro dei 200 MHz compresi tra le frequenze 3,6 e 3,8 GHz oggi in gran parte libero, utilizzato solo per alcuni ponti radio (di RaiWay, Telecom Italia, Ministero della Difesa) e che, secondo la Decisione 243/2012/EU in merito alle indicazioni del programma pluriennale sulla politica dello spettro radio, avrebbe dovuto essere disponibile già dal 31 dicembre 2012.

Se impiegata in maniera ottimale questa porzione di spettro consentirebbe lo sviluppo, ad esempio, delle tecnologie FWA (il cosiddetto wireless fisso), una possibile soluzione tecnologica al divario digitale che non solo a fine 2013 era stata scelta in Italia da circa 270.000 utilizzatori – pochi in meno rispetto ai 290.000 utilizzatori di fibra – ma che nel 2015, stando al Rapporto Caio, consentirà di arrivare fino a 50Mbps.

Per sbloccare la situazione, è il momento del fondamentale ruolo dell’Agcom, da cui si attendono senza indugi la nuova assegnazione delle frequenze e le linee guida per il loro utilizzo. D’altra parte, nel corso nel 2013 c’è stato un cambio di tendenza a livello internazionale. Non solo la CE, sulla base dei risultati della CEPT (Report 49), ha modificato i parametri tecnici per favorire tecnologie wireless ad ampia banda (quali l’LTE), ma anche alla WRC del 2015 si discuterà dell’eventuale destinazione della banda 3.6-3.8GHz ai sistemi mobili a larga banda. Certamente è il risultato della pressione dei fornitori americani e cinesi alla ricerca di nuovi mercati sui regolatori internazionali, ma questo non deve portare né il MiSE a cambiare la rotta delineata nel rapporto Caio, né l’Agcom ad un atteggiamento di “attendismo regolamentare”. E’ troppo importante che questo tassello di risorse sia dedicato alla copertura degli obiettivi infrastrutturali del piano contenuto nell’Agenda Digitale.

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