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Mezzogiorno, l’innovazione per il rilancio: il patto pubblico-privato che serve

I progetti di cui il Sud ha bisogno sono realizzabili solo attraverso un nuovo Patto tra pubblica amministrazione, professionisti, aziende. Una nuova alleanza lungo tutto il ciclo di progetto: dalla pianificazione iniziale, al disegno delle policy, alla fase di procurement ed esecutiva. Ecco come

Pubblicato il 17 Nov 2021

Antonio Lombardo

Associate Partner at Ernst & Young. Ernst & Young

innovative-thinking

Il Mezzogiorno presenta una struttura produttiva debole e frammentata. Negli ultimi vent’anni la quota del Pil sul totale nazionale è diminuita, il divario con le aree più avanzate è cresciuto, in quasi nessun altro Paese europeo ci sono differenze tra regioni così profonde. Anche la situazione sociale attraversa da tempo un momento critico in cui il tasso di occupazione è inferiore a quello del resto di Italia di circa 15 punti percentuali soprattutto tra giovani e donne.

In questo scenario, rafforzare il sistema economico e sociale del Mezzogiorno è essenziale per la ripresa italiana dove il Sud per il Paese è una grande risorsa e irrinunciabile per guidare una crescita duratura e sostenibile.

Il Mezzogiorno, infatti, è una realtà socioeconomica di grande dimensione con un prodotto interno lordo superiore a quello di molti Paesi mediterranei e dell’est Europa. È il mercato più rilevante per il sistema produttivo del Nord. È l’area in cui si produce circa un terzo dell’energia nazionale da fonti rinnovabili e il 90% dell’energia eolica italiana.

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Se passiamo a un’analisi più approfondita troviamo però un quadro vario e complesso, in cui si rintracciano anche tanti elementi positivi su cui puntare per il rilancio dell’area. Sono elementi che riguardano soprattutto il sistema produttivo, segnali del fatto che le imprese che hanno resistito sono imprese che hanno le caratteristiche per svilupparsi, per crescere in dimensione e qualità e per innovare.

Al Sud esistono realtà produttive di grande rilievo nel settore agroalimentare ma anche in settori ad alto contenuto tecnologico (pensiamo ad esempio ai distretti pugliese e campano dell’aerospazio o al settore dell’automotive fortemente concentrato al Sud).

I dati sulle startup e sulle PMI innovative mostrano un quadro dinamico: la Campania, ad esempio, si posiziona al terzo posto della classifica nazionale per il numero di startup innovative. Molise e Basilicata presentano risultati notevoli in rapporto al totale delle imprese. Calabria, Molise, Campania e Sicilia presentano significativi tassi di natalità delle imprese nei settori ad alta intensità di conoscenza. Anche l’analisi sulle tendenze tecnologiche degli ultimi anni, in particolare sui dati relativi a big data, e-commerce e servizi di cloud computing, restituisce un quadro piuttosto positivo con un Mezzogiorno, in aggregato, in linea con la media nazionale e con qualche punta di eccellenza.

Non si vuole qui sostenere che il Mezzogiorno sia un’area di per sé innovativa. La fotografia che ne fanno gli indici internazionali è tutt’altro che positiva (per il Sud e per l’Italia intera). Sia il Regional Innovation Scoreboard che il DESI posizionano infatti l’Italia tra i Paesi più lenti ad innovare e le regioni del Sud occupano gli ultimi posti della classifica nazionale. Si colgono, tuttavia, segnali di dinamismo che vanno incoraggiati e rafforzati con politiche pubbliche adeguate.

Puntare sull’innovazione per rilanciare il Mezzogiorno

Un esempio interessante di questi segnali è costituito dalla molteplicità di esperienze territoriali nei campi della ricerca e dell’innovazione. Esperienze nate da network tra attori pubblici e privati che, quasi sempre, fanno leva sulla presenza di università e centri di ricerca che agiscono come animatori territoriali e generatori di sviluppo locale. In occasione dell’EY Digital Summit ne abbiamo tracciato una mappa, fotografando la presenza in tutte le Regioni meridionali di esperienze tecnologiche certificate a livello nazionale: Competence Center, Centri di Trasferimento Tecnologico, Digital Innovation Hub, Incubatori certificati, Punti Impresa Digitale e FabLab. Poli di innovazione (11 sui 45 selezionati dal MISE per costituire la rete europea sono ubicati al Sud).

EY DigitalSummit 2021 | Day 1 | Rilancio del Mezzogiorno

EY DigitalSummit 2021 | Day 1 | Rilancio del Mezzogiorno

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Questo interessante quadro si arricchisce ulteriormente con numerose altre esperienze di hub universitari, academy, centri per il trasferimento tecnologico. Si pensi ad esempio delle Casa delle Tecnologie emergenti di Matera, un ecosistema digitale innovativo per l’attuazione di progetti di sperimentazione, ricerca applicata e trasferimento tecnologico che puntano a trasformare radicalmente la filiera dell’industria culturale, ricreativa e del turismo.

L’elemento più interessante di queste esperienze è la loro capacità di promuovere reti, scambi, relazioni con la finalità di coinvolgere, per trasformarlo e irrobustirlo, il tessuto delle PMI locali. Proseguendo su questa strada (la recente manifestazione di interesse sugli ecosistemi di innovazione è un buon inizio), il Sud può diventare un laboratorio a servizio del sistema produttivo del Paese, in primis per il comparto manufatturiero, l’essenza del sistema economico nazionale. L’innovazione può costituire una concreta opportunità di ripartenza per il Sud. E una modifica radicale del modo di creare valore. Da mero supporto tecnico-operativo, le nuove tecnologie diventano veicoli per trasformare in meglio la società, colmando i gap presenti e sostenendo i servizi offerti alla collettività. In tal senso, l’accelerazione data dalla pandemia ha mostrato (seppur ancora in minima parte) il contributo che esse possono fornire al settore pubblico e al settore privato, evidenziando quanto possano tradursi facilmente in maggiori e più efficienti servizi per la collettività. Si tratta di un potenziale in gran parte ancora inespresso la cui realizzazione costituisce il vero driver della trasformazione che il nostro Paese deve compiere se vuole rimanere (o forse ritornare a essere) competitivo. Le esperienze di innovazione presenti nel Mezzogiorno costituiscono la base da cui partire per cogliere questa opportunità, tracciando una nuova strada che non tende all’inseguimento del Nord e dei suoi mercati ma che guarda piuttosto alle opportunità emergenti sui nuovi mercati dell’innovazione.

Innovazione chiave di volta per colmare il gap di cittadinanza

L’innovazione può costituire inoltre la chiave di volta per colmare il divario di cittadinanza (questo il titolo del libro di Luca Bianchi e Antonio Fraschilla che racconta molto bene perché i cittadini del Sud vivano di fatto in una condizione di “cittadinanza limitata”).

I network e le alleanze che si sono create attorno alle università e agli innovatori di diverso genere possono diventare fabbriche di soluzioni nuove ed efficaci per ripristinare condizioni sociali (e diritti) accettabili per i cittadini del Sud. La capacità di muoversi e di accedere ai servizi essenziali, la possibilità di curarsi poco distanti da casa (o dentro casa) e quella di essere assistiti in caso di bisogno, la necessità di istruirsi e di essere orientati nella ricerca del lavoro, l’opportunità di godere appieno degli elementi naturali e di trasformarli in valore. Su questi ambiti essenziali per il vivere quotidiano le condizioni del Mezzogiorno sono peggiorate negli ultimi 20 anni per una molteplicità di cause che vanno dalla debolezza delle classi dirigenti politiche ma non solo, alla riduzione dei trasferimenti statali, alla minore importanza assunta culturalmente dalla questione meridionale e, non ultimo, da un senso generale di rassegnazione e sfiducia dei cittadini. Le risorse per affrontare queste problematiche oggi ci sono (il PNRR destina 82 miliardi di euro al Mezzogiorno, a questi vanno aggiunti i fondi per le politiche di coesione per un totale di circa 200 miliardi nei prossimi 7 anni). Quello che manca sono spesso le capacità progettuali della PA, soprattutto a livello locale, per disegnare e realizzare soluzioni efficaci.

Sistemi di trasporto intelligente e mobilità alternativa, ripensamento dei servizi pubblici in ottica user friendly, trasformazione di agglomerati energivori in produttori di valore, servizi sociali disegnati sui reali fabbisogni dei cittadini, servizi per l’impiego basati su modelli predittivi per incrociare domanda e offerta di competenze.

Conclusioni

Sono questi i progetti di cui il Sud ha bisogno e sono realizzabili solo attraverso un nuovo Patto tra pubblica amministrazione, professionisti, aziende. Una nuova alleanza lungo tutto il ciclo di progetto: dalla pianificazione iniziale (analisi dei fabbisogni del sistema produttivo), al disegno delle policy (bandi pubblici orientati alle imprese), alla fase di procurement ed esecutiva. Gli strumenti di cooperazione esistono (dialogo competitivo, PPP, partenariati per l’innovazione) e ci sono esempi virtuosi anche in ambito pubblico. Devono essere incentivati e rafforzati al fine di trasferire competenze specialistiche dal privato al pubblico per accrescere la qualità delle istituzioni che è la precondizione necessaria per una vera qualità degli investimenti. Un’alleanza per riaccendere la luce, attivare un processo di sviluppo virtuoso e autopropulsivo che consenta di emancipare finalmente il Mezzogiorno dalle sue ombre, consentendo così di “normalizzare il paradigma delle eccezioni virtuose” e di smantellare la retorica dell’imprenditore “eroe”.

*Alla realizzazione di questo articolo ha partecipato il team di lavoro dell’EY Digital Summit sul Mezzogiorno, composto da: Francesco Paolo Milillo, Daniele Di Leva, Maria Chiara Cucciniello, Noemi Schirripa, Federico Mari

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