In pezzi di 1.220 Comuni italiani i telefoni cellulari, smartphone e non, prendono poco o niente: si deve inseguire il segnale perché stando fermi non si fanno telefonate e non si mandano messaggi, la tv non si vede, i dati viaggiano ancora a meno di 100 kbs. In borgate, frazioni, case sparse, precisi punti cardinali, strade vi è un digital divide che è grave e da vent’anni irrisolto.
E’ il problema portato in superficie da una mappatura “dal basso” condotta da Uncem, l’Unione nazionale dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani che ha coinvolto Sindaci, Amministratori locali, cittadini. Prime segnalazioni a metà luglio, le ultime a fine settembre 2019. Oltre due mesi e mezzo tra lo stupore generale: ma a cosa servirà un’indagine di questo tipo, fatta senza particolari investimenti?
A cosa è servita l’indagine
È servita, l’indagine, innanzitutto a dire che in piccoli e grandi Comuni, porzioni di Italia non solo delle Alpi e degli Appennini – Fosdinovo, Benne di Corio, Rochemolles – ci sono importanti problemi di ricezione. Uno scenario che, è vero, sorprende. A parlarne in certi palazzi romani fa sorridere e ridere. Non solo, in oltre mille Comuni o parte di questi manca la connessione dati ad alta velocità, la banda è più o meno stretta. Anche la telefonia mobile va a singhiozzo.
L’indagine Uncem è stata presentata nei giorni scorsi a Roma. E porta con sé una serie di considerazioni e dati che società delle telecomunicazioni, regolatori, istituzioni, tutta la politica non possono dimenticare. Intanto che i problemi tecnologici, le mancanze di ripetitori, hanno effetti sulla tenuta sociale ed economica di un pezzo importante del Paese. Dove vivono sì poche persone, ma dove imprese faticano a lavorare, giovani se ne vanno, turisti si lamentano e non tornano. Un fronte che richiede precisi investimenti e azioni normative per evitare che le coperture dichiarate dalle compagnie telefoniche non siano corrette o comunque, pur alte, escludano centinaia di migliaia di persone. Difficile calcolare quante.
Ma il problema non è il numero assoluto. Il secondo dato che l’elenco dei Comuni predisposto da Uncem consegna è che il divario va sconfitto leggendo con un unica chiave i problemi della telefonia mobile che non ha segnale, la tv che nelle valli alpine e appenniniche non si vede, i dati che in troppi pezzi di Italia viaggiano ancora a meno di 100 kbs. Anche di questo, di questa lettura congiunta, a parlarne in certi ambienti come nelle stanze del Mise, c’è chi si mette a ridere. Forse perché non è mai stato a Balme o in qualche Comune dell’Appennino marchigiano dove ad ogni tornante che sali perdi una tacca.
Il vero problema
Nessuno – forse solo Uncem, sommessamente – ha mai detto che il Piano per la banda ultralarga poteva rappresentare una buona soluzione anche per i problemi della tv e della telefonia. E che la Bul va letta in una sola e unica dinamica strategia assieme al Piano per il 5G che tanto sta animando – chissà poi perché – il dibattito nei piccoli Comuni. Ma siccome Uncem nel “piccolo mondo antico” non ci vuole stare, crediamo sia necessario vedere tutte le soluzioni tecnologiche e le nuove reti quali strumenti per portare nuovi servizi alle comunità e agli Enti delle aree montane e interne del Paese. Che oggi sono indietro, penalizzati dall’assenza di cervelli, dalle reti che vanno altrove, dalla mancanza di idee per guidare processi di innovazione. Manca la managerialità nei piccoli Comuni e nei territori montani.
Possibili soluzioni
Ultimo punto chiave che emerge dalla mappatura Uncem: dove trovare le risorse. E qui Uncem ha sempre avuto proposte che la politica ha quasi mai colto. Come quella di usare parte del gettito aggiuntivo del canone per il possesso di una tv ovvero una parte dell’incasso dello Stato a seguito della vendita delle frequenze del 5G, per dotare le valli alpine e appenniniche di qualche nuovo e buono ripetitore. Ovviamente con la fibra della Bul che arriva sotto la torre. Si è fatto troppo poco su questo.
E così Uncem rilancia una nuova proposta: di poter usare, per le infrastrutture di rete da costruire, fondi europei della nuova programmazione. Proprio come la Bul che ha fatto investimenti nelle “aree bianche” dove le imprese private non avevano intenzione di investire. Si possono usare fondi dei Por Fesr regionali, altre risorse europee, ma possono anche essere – o almeno, devono poter essere, visto che oggi la norma vigente lo vieta – gli Enti locali e le imprese di un territorio a poter comprare un ripetitore per telefonia e tv, installarlo e far sì che attività e comunità non restino indietro.
Su questo deve intervenire la politica. AgCom, anche. Ma ancor prima Governo, Mise, Parlamento. Un’azione per dire che il Paese è uno, unito e sul divario digitale fa una battaglia. Le aree urbane corrono veloci, miliardi di investimenti privati. Le zone rurali e montane faticano a poter telefonare. Non si sentono certo sfigate, neanche il mondo dei vinti, ma chiedono alla politica e alle imprese di fare congiuntamente la loro parte.