“I Decreti per l’Agenda digitale saranno pronti a narzo”, così dichiarava il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ben un anno fa. La realtà purtroppo è un’altra poiché mancano ancora all’appello ben trenta decreti attuativi.
Credo che si debbano mettere in campo concezioni chiare per monitorare i piani di investimento delle telco affinché ci si possa allineare agli obiettivi europei, ma soprattutto che l’innovazione tecnologia non sia trattata più come una settore specifico, ma coinvolga tutte le azioni del Governo. Occorre una visione sistemica e non parziale perché l’Agenda Digitale è una vera e propria strategia per tutti i cittadini italiani.
Per far in modo che ciò avvenga, sarebbe importante avere una governance politica organica, con dei compiti prestabiliti, ma credo che attualmente il problema sia squisitamente economico: questo nuovo Governo investirà o meno dei soldi nell’attuazione dell’Agenda Digitale? Come detto in partenza, ci sono tanti fronti che sono in fortissimo ritardo e devono essere conclusi principalmente con fondi e decreti attuativi.
Insomma, una politica che faccia meno parole, proclami, che accavalli meno incarichi tra presunti Digital Champion e direttori, ma più fatti. Nelle aule del Parlamento, Internet è ancora reputato un nemico, un luogo di nessuno al quale, periodicamente, si applicano le più stravaganti norme (webtax, regolamento sul diritto d’autore online, facilitazioni per l’editoria cartacea, equo compenso, legge bavaglio ai blog, ecc..). Se si crede davvero nella digital economy è assurdo proporre delle norme che contrastano con le stesse istanze di cambiamento promosse dal digitale!
Il cambiamento deve essere innanzitutto culturale, ad iniziare da noi che siamo nelle istituzioni