Tutti ricordano le promesse di Renzi relative lo scorporo della rete Telecom, unica vera soluzione – diceva – al drammatico ritardo del nostro Paese sull’agenda digitale. Alle Primarie del 2012, che lo hanno portato alla guida prima del PD e poi del Governo del Paese, nel suo programma si leggeva: “Banda larga. Realizzazione di un Next Generation Network (NGN) messo a disposizione di tutti gli operatori di telecomunicazioni a parità di condizioni tecniche ed economiche e di proprietà di un soggetto esclusivamente pubblico senza fine di lucro e non scalabile promosso da Cassa Depositi e Prestiti“.
Sembra incredibile ma è la posizione che abbiamo sostenuto nella nostra Mozione per la separazione societaria dell’infrastruttura della rete di Telecomunicazione nemmeno due mesi fa e che il Governo, guidato da Renzi, ci ha bocciato. Ci viene il dubbio che non l’abbia letta, oppure è prevenuto verso i 5 stelle. Anche nel tanto atteso Piano Strategico per la Banda Larga, approvato dal CDM il 3 marzo scorso, della Società della rete pubblica, che tanto piaceva a Renzi candidato alle primarie, non c’è nessuna traccia.
Abbiamo letto con molta attenzione il Piano strategico Banda Larga e abbiamo capito questo:
1. Il Piano Banda Larga invece di semplificare gli investimenti li andrà a complicare. Conoscendo la burocrazia europea e quella nazionale, se tutto andrà bene i suoi primi effetti si vedranno fra qualche anno mentre il Paese richiede investimenti ed innovazione in banda larga subito! Gli stessi operatori, dopo l’iniziale entusiasmo, cominciano a porsi il vero problema: a quando i decreti attuativi? E l’Europa cosa dice?
2. Nel Piano non c’è nessuna traccia della costituzione di un’unica Società della rete a maggioranza pubblica, che avrebbe velocizzato di molto gli investimenti per due ordini di motivo: la centralizzazione degli stessi, senza le inutili lungaggini burocratiche dei vari bandi di gara e le sovrapposizioni tra operatori privati, e l’ingresso massiccio di capitali della CDP;
3. In questo Piano il Governo ha subito i diktat di Telecom Italia, un monopolista privato che detiene, unico caso al mondo, un’infrastruttura strategica totalmente nelle sue mani. In Francia, in Germania e in Inghilterra, per citare i nostri più diretti partner, non è così. Con un debito monstre di 40 miliardi di euro lordi, che lo porta ad essere facile preda di speculatori stranieri senza scrupoli, Telecom Italia non è nelle condizioni di modernizzare la sua rete, ma allo stesso tempo ha la forza per contrastare qualsiasi iniziativa volta alla nascita di una Società della rete pubblico-privata come viceversa chiedono TUTTI gli altri operatori.
Questo ci sembra l’ennesimo manifesto delle buone intenzioni, il solito Piano pieno di promesse, le solite regalie, sotto forma di incentivi e crediti fiscali, ai soliti gruppi privati. Noi del M5S riteniamo questo Piano l’ennesima occasione persa per il nostro Paese.