“Io non credo che tu capisca il mio tormento” ne fissava le ante di frassino, invecchiate. “Non capisco… che vuol dire tormento?” L’antico armadio faceva apposta, ogni volta, a puntigliarsi sulle parole troppo umane. “Mmm… hai ragione… è una parola senza senso…” il poeta assecondava il frassino. Il frassino compiaceva il poeta. “Voi poeti usate sempre parole inutili, avete troppa fantasia…” Il possente mobile lo guardava dall’alto del suo realismo. Conosceva del poeta Saug Suang Sen ogni pensiero, ogni aforisma, ogni piega di verso e di parola.
“Io non credo che siano inutili… Usa parole che hanno un bel suono… un suono cristallino… solo il vetro soffiato e forgiato a mano rilascia le stesse vibrazioni… ” il lampadario autentico di Murano disquisiva ad alta voce, fra i suoi riccioli. Conosceva la famiglia da generazioni.
Il tappeto saggiava la sua ispirazione: “Saug, dimmi, quale sarà il tuo cammino senza memorie? Quale suolo di rime calpesterai?” Il poeta Suang Sen lo guardò dall’alto in basso: “Le memorie ci sono. Ininterrotte. Le memorie sentono l’eccezione della poesia e non l’abbandonano, mai…”
“Il vicino di casa del poeta Sen, un avatar-maker, lo ha raccontato ad un suo collega di una colonia astrale… dice che lui, il poeta, parla ancora con le cose di casa…” rollava Akira Khaspros, la comandante della Memory Squad 11. “Sappiamo che tutte le memorie delle cose si sono interrotte col grande ictus mnemonico di tre settimane fa… Ma abbiamo già visto che non è vero in assoluto… ogni tanto qualcuna, in qualche rarissimo caso, non si è spenta… E questo è il caso!” Guardava la trasparenza-mappale con occhi d’esperienza indagativa. “La conversazione con le cose è stata segnalata nella zona-residenziale-immersa della 1420esima megalopoli…” sillabava Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza. “Dobbiamo precipitarci! Se l’unica memoria della galassia funzionante si estingue non ci rimane più nessuna copia utilizzabile!” “E più di due secoli di simbiosi di ogni umano e umanide con animali e cose svaniranno nel nulla!”
“Non credo che tu sia così stupido da affrontare la tempesta in arrivo…” il poeta lo conosceva e lo ragguardava per l’imprudenza tipica dei delfini appena svezzati. “Io non ti capisco, poeta! Bada alle tue rime… E non farmi la solita predica, poeta! Siete insopportabili voi umani, con le vostre memorie di conversazione con… gli animali, come ci chiamate, e con le cose, come le chiamate…!” il piccolo era più coraggioso dei suoi tuffi. I tuffi non servono, nella realtà bisogna nuotarci.
“Il problema è che la sua memoria-di-relazione-con-le-cose-e-animali è vecchia di tre generazioni e quindi inserita nella cartilagine dell’orecchio sinistro… non vorrà esserne privato…” Afro Allaa si toccò il lobo con delicatanza e insistanza. Aggrappò il respiro a un pensiero respinto: “Dovremo usare la forza…” Piegava le labbra verso la dolcezza: “Come farà un poeta a resistere senza sole, senza cielo e nuvole, senza stelle, dentro un cubo trasparente, immerso nel mare?” Il bus rosso, a due piani, respirava il salmastro del porto. Frenava solitario in testa alla banchina. Scendeva la squadra. Imboccava la discesa. Entrava nel cilindro. Calava al terzo piano. “Il poeta Saug Suang Sen è laggiù!” ecoeggiò la comandante. “Occhio… sta parlando con un giovane delfino… si sentirà violentato da tutti noi… se gli portiamo via la memoria…” Le pareti di vetro rimandavano i riflessi e i pensieri. La squadra al completo si schierava rituale davanti all’appartamento di vetro del poeta Saug Suang Sen.
“Entrate vi aspettavo” il poeta era estraneo. “Scusate ma stavo parlando col mio giovane amico…” Una mano pesante sulla spalla lo fece sedere. Un mano leggera esplorò il suo lobo auricolare sinistro. La memoria quasi invisibile era lì, irrorata. L’agente Afro Allaa premette il dito sull’apparente neo. Il poeta taceva inquieto. Gli agenti si addensavano silenti. Il giovane delfino saettava oltre il vetro. “La memoria è trasferita… ce l’ho qui sul dorso dell’anulare…” Gli agenti allargarono il cerchio. Il poeta si strofinò l’orecchio. Il giovane delfino si fermò dritto, davanti a Saug Suang Sen. “Saug Suang Sen, la ringraziamo… le siamo tutti grati… con questa memoria ripristineremo quelle di venti miliardi di umani della galassia… e le restituiremo questa sua, un giorno…” “Il poeta ora starà un po’ zitto… con chi potrà mai parlare qui sotto?…” sussurgiò la comandante Khaspros.
Saug Suang Sen li guardò sorredante. Si girò verso il vetro, verso l’acqua, verso il giovane delfino. “Dicevamo… o meglio, dicevo che è in arrivo una tempesta e tu non devi fare imprudenze. È molto pericoloso… sei appena nato… non hai ancora visto quale ferocia può avere il mare…” “Sai cosa, poeta… ora ti capisco molto meglio!”
(33-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)