il commento

Meloni, guai a distrarsi sul digitale: 50 miliardi da spendere bene

Sarà un sottosegretario invece di un ministro ad avere le deleghe al digitale e a dover spendere i 50 miliardi di euro del Pnrr per quest’ambito. Le sfide sono numerose e sottovalutarle sarebbe gravissimo

Pubblicato il 28 Ott 2022

Gabriele Ferrieri

Presidente ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori

giorgia meloni deepfake

In base alle recenti nomine del nuovo Governo Meloni, la struttura di spesa circa le risorse a disposizione è la seguente: il ministro che gestirà più fondi del Pnrr sarà Matteo Salvini, responsabile delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, con 40 miliardi di euro necessari in particolare per l’ingente spesa dedicata agli investimenti ferroviari.

A seguire con 35 miliardi Gilberto Pichetto Fratin, responsabile del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e Adolfo Urso con 18 miliardi.

Il discorso integrale di Giorgia Meloni alla Camera per la fiducia

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Quanta innovazione c’è nel Governo Meloni?

Manca invece per ora in consiglio dei Ministri un responsabile della spesa per l’innovazione – 50 miliardi di euro nel Pnrr – , di cui si è occupato nel governo Draghi l’ex ministro Vittorio Colao e ancor prima del governo Conte II l’ex ministro Paola Pisano.

In base all’attuazione degli obiettivi del PNRR da completare entro la fine dell’anno, il Governo Draghi ha raggiunto 21 dei 55 obiettivi previsti.

Ne mancano pertanto 34 in base alle ultime relazioni presentate dal governo e in particolare sul tavolo dei lavori ci sono delega per la concorrenza, su cui devono essere approvati i decreti legislativi attuativi sui servizi pubblici locali e sull’energia.

www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/agenda-digitale-le-ombre-che-gravano-sul-nuovo-governo

In merito al dicastero sull’innovazione, il PNRR prevede 14 miliardi per la messa in sicurezza dei server della Pa, per la digitalizzazione della sanità e per la costruzione delle reti in fibra ottica e 5G. Ma altrettanto importante è anche il tema dei sostegni all’universo delle startup in termini di incentivi e ricerca&sviluppo così come la necessità di una cabina di regia unica che possa dare un indirizzo trasversale agli orientamenti attuativi del governo e dei rispettivi dicasteri.

Un faro in cui guidare le politiche sul digitale e accelerare così le operazioni per lo sviluppo dell’economia digitale per una PA sempre più efficace ed efficiente.

Un sottosegretario al digitale può bastare?

Secondo le ultime indicazioni, il dicastero per l’Innovazione – senza portafoglio – potrebbe essere sostituito dunque o da un sottosegretario alla presidenza del Consiglio. La delega arriverà ad Alessio Butti (Fdi), con le stesse deleghe che aveva Colao.

Un sottosegretario non avrà

però il grado di ministro per potersi sedere in Consiglio dei Ministri, o smistando le competenze (e in fondi Pnrr) tra diversi ministeri, quelli delle Imprese e del Made in Italy e quello della Pubblica Amministrazione per esempio.

Cosa dicono i dati sullo stato della digitalizzazione in Italia

Partendo da un discorso di caratura generale, i dati evidenziano come la situazione economica determinata dal conflitto in Ucraina, con le sue ripercussioni sull’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, rischia di mettere a repentaglio la crescita prevista per i prossimi anni (il Fondo Monetario Internazionale prevede un rallentamento della crescita globale dal 6,1% del 2021 al 3,6% nel 2022 e nel 2023, e del Pil italiano in particolare dal 6,6% del 2021 al 2,3% del 2022 e all’1,7% del 2023).

Le sfide urgenti restano sempre quelle del mercato Tlc e delle infrastrutture, delle competenze e del capitale umano, della digitalizzazione del mondo delle micro e piccole imprese e non ultimo quella di una transizione ecologica verso un’economia sempre più green e allineata all’agenza Onu 2030.

Ad ogni modo i dati sono incoraggianti in quanto le indagini evidenziano come il mercato del digitale in Italia sia tornato a crescere registrando un +5,3% rispetto al 2020. Nel 2021 il valore complessivo si è attestato sui 75,3 miliardi di euro con un’incidenza sul Pil generale in linea con gli ultimi anni (al 4,2%).

Cosi come il comparto dell’Information Technology, con il segmento “software e soluzioni Ict” che ha chiuso il 2021 a quota 8,1 miliardi di euro (+8%) e quello dei “servizi Ict” che ha sfiorato i 13,7 miliardi di euro con un aumento complessivo del 7,6%, dovuto alla ripresa degli investimenti nei servizi di system integration in concomitanza con i progetti di digitalizzazione. Gli investimenti in tecnologie digitali hanno riguardato il 65% delle imprese italiane. Si tratta di una percentuale superiore alla media UE (61%) e in linea con la media USA. Il settore che ha investito maggiormente è quello delle infrastrutture (82%), mentre sul lato basso della scala troviamo quello delle costruzioni (43%). Rimangono invece ancora ampi margini di miglioramento in settori come la robotica, big data, AI, stampa 3D e realtà virtuale, che registrano una diffusione al di sotto della media europea.

Obiettivi e prospettivi sulle nuove politiche del digitale

Tali evidenze dei dati appena descritti evidenziano ancora di più la necessità di portare avanti tale impegno sull’innovazione e la digitalizzazione dell’ecosistema economico dell’Italia. Come detto dallo stesso ex ministro Colao, risulta fondamentale mantenere un forte presidio e coordinamento a livello di Presidenza del Consiglio sul digitale, sull’innovazione e sulla tecnologia.

Gli interventi richiesti sono molteplici, complessi e afferiscono a diverse amministrazioni, centrali e locali. La Presidenza del Consiglio e il Comitato interministeriale per la transizione digitale sono il luogo naturale dove garantire il coordinamento di tutte queste iniziative, assicurando il rispetto delle tempistiche del Pnrr ed un costante allineamento con i più alti vertici politici.

In questa visione si evince ancor di più la necessitò non solo nel tenere focalizzata l’attenzione sul tema dell’innovazione, ma anche la necessità di sfruttare tale programma a sostegno dei giovani e delle future generazioni, sempre più sfiduciate da un sistema che spesso e volentieri non valorizza i talenti e che spinge molti di loro a dover cercare fortune altrove.

I dati della Corte dei Conti infatti mostrano come, dal 2013 ad oggi, il fenomeno della cosiddetta fuga di cervelli sia cresciuto di oltre il 40%.

Le altre sfide riguardano poi altri numerosi dossier: dal polo strategico nazionale (Psn) del cloud, dove dovranno confluire i dati delle pubbliche amministrazioni più importanti all’integrazione del Sistema pubblico di identità digitale (Spid) e la Carta di identità elettronica (Cie) con 16.500 amministrazioni pubbliche coinvolte.

Dalle gare per l’economia dello spazio al coordinamento per le politiche europee fino al proseguire il rafforzamento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e le strutture di difesa cibernetica dei ministeri. Cosi come il discorso della rete unica e la difficile rincorsa a cablare l’Italia in banda larga (un traguardo che Colao aveva fissato al 2026) fino ai riflessi dei blackout energetici sulla connettività e la fatica ad aggiornare le reti al 5G in cui molti sono gli operatori di prima fascia coinvolti.

Tutto questo rappresenta non solo un campanello di allarme, ma anche la ovvia necessità di valorizzare il mondo dell’innovazione tecnologica non solo a sostegno di una PA più digitale, ma anche nel mettere al centro i giovani come punto cardine per la ripresa economica e sociale dell’Italia.

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