L’Informativa Economica di Sistema (IES) è lo strumento con cui l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni raccoglie dati anagrafici ed economici sull’attività svolta dagli operatori del Sistema Integrato delle Comunicazioni: player della comunicazione elettronica, media, stampa, concessionari di pubblicità ed editori. Ma l’allargamento della platea agli operatori online presenta alcuni punti deboli: analizziamo il tema nell’auspicio che AGCOM possa sciogliere i nodi principali.
Il fondamento giuridico dell’Informativa ha una duplice connotazione: da una parte si fonda sul potere conoscitivo che in precedenza era affidato Garante per la radiodiffusione e l’editoria e che oggi è stato assunto dall’Autorità in forza della legge 249/1997; dall’altra si fonda sul d.lgs. 177/2005 (“TUSMAR”) che stabilisce che i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione comunichino i propri ricavi alla stessa AGCOM per verificare l’esistenza delle posizioni dominanti di cui si è detto.
La regolazione di dettaglio dell’Informativa è delegata alle delibere dell’Autorità e l’ultimo riferimento in tal senso si rinviene nella delibera 397/13/CONS, come modificata dalle delibere 235/15/CONS e 147/17/CONS. In base a tale quadro regolamentare, i soggetti obbligati sono tenuti a compilare un modulo predisposto dall’Autorità in cui devono essere indicati: i dati anagrafici, alcune informazioni circa l’assetto proprietario, i costi ed i ricavi generati nelle aree di interesse e, in alcuni casi, la frammentazione di tali costi e ricavi per singole aree di attività.
Informativa “allargata”, un passaggio storico
L’obbligo di presentare l’Informativa si applica in particolare a operatori di rete; fornitori di servizi media audiovisivi o radiofonici; fornitori di bouquet di programmi; fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato; soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione; imprese concessionarie di pubblicità; agenzie di stampa a carattere nazionale; editori, anche in formato elettronico, di giornali quotidiani, periodici o riviste, altre pubblicazioni periodiche ed annuaristiche e altri prodotti editoriali.
A partire dal 2015, l’ambito soggettivo di applicazione della normativa è stato esteso espressamente anche ad alcuni operatori di Internet. La delibera 235/15/CONS ha infatti chiarito che la categoria relativa alle imprese concessionarie di pubblicità comprende anche i soggetti che offrono pubblicità “sul web e altre piattaforme digitali fisse o mobili …”. La modifica è il risultato delle considerazioni espresse dall’Autorità all’interno dell’“Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e della pubblicità online”, in cui AGCOM ha preso atto del mutato contesto di mercato afferente al settore di Internet.
L’estensione al settore di Internet, per definizione privo di confini, ha acceso un dibattito in merito all’applicabilità della normativa ad operatori che non hanno sede legale in Italia.
Obbligatoria la sede legale italiana?
In sintesi, il dibattito verte sul fatto che l’obbligo di presentazione dell’Informativa deriva da un testo di legge, il TUSMAR, il cui ambito di applicazione è circoscritto alle sole società “stabilite” in Italia. In altre parole, visto che il TUSMAR sarebbe applicabile alle sole società aventi uno stabilimento in Italia, gli obblighi ivi previsti, tra cui l’obbligo di presentazione dell’Informativa per le finalità relative al SIC, sarebbero applicabili esclusivamente a tali soggetti e non anche alle società aventi sede all’estero.
Sul punto è intervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale che ha chiarito che l’obbligo di presentazione dell’Informativa si applica anche ai soggetti che non hanno sede in Italia in quanto la finalità sottesa all’Informativa, ossia la tutela del pluralismo, rende indifferente il fatto che la sede legale dell’obbligato sia o meno nel territorio italiano; la comunicazione ha ad oggetto esclusivamente i ricavi prodotti in Italia che quindi sono rilevanti per la valorizzazione del SIC; e il fatto che il TUSMAR sia applicabile a soggetti “stabiliti” in Italia non impedisce che l’obbligo relativo allo IES possa essere esteso anche a soggetti aventi sede all’estero.
Nonostante la pronuncia sia stata oggetto di impugnativa dinanzi al Consiglio di Stato, per il momento deve ritenersi che l’obbligo di presentare l’Informativa abbia una portata soggettiva extraterritoriale.
IES, le questioni ancora aperte
Nelle more della definitiva pronuncia del Consiglio di Stato, deve rilevarsi come l’ampliamento dell’ambito soggettivo dell’Informativa ponga alcuni dubbi in merito alle informazioni che devono essere comunicate all’Autorità.
Secondo quanto stabilito dalla normativa, infatti, i soggetti obbligati sono tenuti a comunicare i ricavi totali, realizzati sul territorio nazionale, riferibili agli ambiti di attività rilevati dalla IES, così come risultante dal bilancio d’esercizio dell’anno precedente.
Mentre è abbastanza agevole determinare i ricavi generati da attività tradizionalmente legate al territorio nazionale (es. quotidiani, editori nazionali ecc.), lo stesso non può dirsi per alcune attività online, come ad esempio il settore pubblicitario.
In tale settore, infatti, una varietà di stakeholder (ad esempio si passa da un concessionario diretto alle più sofisticate piattaforme di intermediazione pubblicitaria) operano secondo un modello di business che non prevede una precisa allocazione dei ricavi rispetto ad un determinato territorio. Si pensi, ad esempio, al caso di una società concessionaria di pubblicità online che potrebbe concludere un contratto con un inserzionista avente anch’esso sede all’estero ma riguardare pubblicità erogata su spazi pubblicitari (es. banner) mostrati a clienti italiani.
In altre parole, la normativa non chiarisce quale sia il criterio da adottare per individuare i ricavi realizzati sul territorio nazionale nel caso di settori online che siano privi di un preciso collegamento con il territorio nazionale. Quanto esposto sembra essere, mutatis mutandis, lo stesso problema riscontrato dal legislatore nella definizione della digital service tax nella parte in cui è necessario stabilire il criterio in base al quale un certo contenuto diventa soggetto alla tassazione nazionale.
Secondo nodo: il livello di dettaglio
Un altro tema sollevato dall’inclusione di operatori del settore digitale ed in particolare di soggetti stranieri riguarda il livello di dettaglio delle informazioni richiesto.
Come anticipato, le informazioni sono raccolte per mezzo di un modulo reso disponibile annualmente sul sito dell’Autorità. Al fine di adeguare il set informativo in funzione di un contesto di mercato in continua evoluzione, l’Autorità ha modificato nel tempo i moduli per raccogliere le informazioni.
La versione 2018 del modello IES prevedeva, infatti, che le società concessionarie di pubblicità distinguessero i ricavi in funzione della macro-modalità con cui l’inserzione veniva offerta al fruitore finale (display, video, search, ecc.).
L’attuale formulazione del modello (il modello IES 2019), tuttavia, ha modificato questa impostazione e prevede che le società concessionarie di pubblicità online forniscano i propri costi e ricavi distinguendo tali voci in funzione dello specifico tipo di attività svolta ed ulteriori parametri. Ad esempio, le società dovrebbero distinguere i ricavi a seconda che questi siano stati generati da: raccolta pubblicitaria online e tramite concessionaria/intermediaria; raccolta pubblicitaria online per soggetti terzi; fornitori di servizi su piattaforme digitali (SSP, Ad Server, Ad Exchange, DMP); data provider.
La modifica al modello potrebbe comportare difficoltà per gli operatori che si sono trovati a dover elaborare nuovamente i propri bilanci al fine di estrarre (con un ragionevole grado di certezza) le informazioni richieste dal modello 2019. Nel caso di operatori stranieri il quadro è ulteriormente complicato dall’incertezza interpretativa inerente i ricavi realizzati sul territorio nazionale.
I rischi dell’incertezza normativa
L’obbligo di presentazione dell’Informativa riveste un ruolo fondamentale per consentire all’Autorità di assolvere alcune delle sue funzioni istituzionali. Sebbene non stupisca quindi come l’Autorità intenda sempre più ampliare l’ambito soggettivo al settore online ed agli operatori privi di una sede nel territorio nazionale (anche in ragione del mutato contesto tecnologico e delle finalità sottese all’Informativa), nondimeno non ci si può esimere dall’evidenziare alcune complessità interpretative di natura pratica.
Da una parte, infatti, l’incertezza rispetto alla modalità di determinazione dei ricavi realizzati in Italia potrebbe comportare che gli operatori stranieri forniscano dati sulla base di loro specifiche interpretazioni e che, conseguentemente, AGCOM si trovi poi in possesso di informazioni difficilmente conciliabili tra di loro. Dall’altra, la modifica dei parametri di dettaglio delle informazioni richieste potrebbe comportare che, al momento della compilazione del modello, l’operatore di riferimento non sia in grado di distinguere i ricavi sulla base delle nuove categorie individuate dall’Autorità e sia costretto a fornire un’indicazione basata su criteri approssimativi (es. sulla base di una stima percentuale).
Alla luce di quanto esposto, si ritiene auspicabile che l’Autorità fornisca alcuni chiarimenti per permettere agli operatori del settore di ottemperare all’obbligo di presentare le informazioni nelle modalità effettivamente richieste e di programmare con anticipo e certezza il livello di dettaglio delle informazioni ai fini dell’elaborazione del modello IES.