L’evoluzione del business delle telecomunicazioni (in questo caso soprattutto mobili) sta drammaticamente cambiando il profilo del settore: con l’aumento della concorrenza, operatori grandi e piccoli, ma con lo scopo comune di ridurre i costi, non disdegnano infatti di usare infrastrutture condivise. Anzi, vista l’appetibilità delle stesse a causa delle sempre maggiori necessità di copertura, ne stanno facendo un business a se stante.
Il “Mercato delle Torri di Telecomunicazione” è oggi in continuo sviluppo, e si prevede che nel mondo, dal 2016 al 2021, abbia una crescita annua composita del 25,2%.
Le tipologie di queste torri sono varie: alimentate da fonti rinnovabili o no; da tetto, da terra, triangolari, quadrate, tubolari. Possedute da operatori tlc o da aziende indipendenti; o da joint venture.
Ci sono resistenze allo sviluppo di questo mercato causate da timori ambientali; ma, secondo gli analisti, il business sarà inarrestabile.
Si sta lentamente formando, anche in Europa, un mercato per le torri di telecomunicazioni. Un numero crescente di “società delle torri” viene infatti quotato in borsa; oppure creato e poi venduto, da operatori che hanno l’obbiettivo di fare cassa per finanziare i propri investimenti.
La costruzione di queste torri non è mai stata finora la parte più interessante del mercato del settore mobile, ma è oggi considerato uno dei più importanti. Gli operatori hanno infatti bisogno di sviluppare reti di sempre più grandi dimensioni, e che siano meglio in grado di gestire la crescente domanda di servizi di telefonia mobile. Avere più torri significa infatti ottenere una migliore copertura; ma l’industria della telefonia mobile lamenta politiche di pianificazione pubblica troppo restrittive, che rallentano l’installazione di nuove infrastrutture. Il che significa che in un futuro prossimo le torri possedute da un operatore potranno essere troppo poche, o troppo basse, o potranno non necessariamente trovarsi installate nei posti giusti.
La necessità di una migliore condivisione tra operatori di infrastrutture che possano aiutare a ridurre i costi, ha portato quindi anche un numero crescente di aziende indipendenti a considerare l’acquisizione di queste torri. Queste aziende vengono remunerate con un affitto, con contratti a lungo termine da parte degli operatori che le utilizzano.
Ne risulta che il possedere torri è diventato un investimento sempre più attraente sia per investitori pubblici che privati; desiderosi di spostare denaro in beni infrastrutturali, che hanno il vantaggio di fornire rendimenti fissi e a lungo termine.
Il modello è già ben consolidato negli Stati Uniti, con aziende come America Tower, e sta diventando sempre più popolare anche in Asia e Africa, dove le difficoltà nella costruzione di vasti insiemi di torri ha portato alla nascita di società specializzate.
Per quanto riguarda il Sud America, in Brasile la società di consulenza Value Partners dichiara che, tra il 2012 e il 2014, sono state vendute 18.983 torri. Le aziende coinvolte sono state: Oi, Vivo, CTBC, GVT, Nextel. Per un totale di 3,5 miliardi di dollari circa; al prezzo medio per torre di 185.000 dollari.
In Europa, Telecom Italia ha lanciato un’offerta pubblica della sua Inwit l’anno scorso, che era seguita alla quotazione di Cellnex in Spagna; e alla vendita da parte di VimpelCom di più di 7.000 delle sue torri esistenti in Italia.
Telecom Italia aveva inizialmente considerato la cessione di una partecipazione di controllo in Inwit, ma con l’arrivo di Flavio Cattaneo come AD, a luglio scorso ha deciso di sospendere la procedura di vendita della società delle torri, per cui erano già arrivate due offerte: dal tandem Cellnex/F2i e da EiTowers. Uno stop motivato da una riconsiderazione generale delle strategie della compagnia telefonica. Viene ventilato il fatto che parte delle riconsiderazioni siano dovute a voler verificare, da parte di Telecom, cosa succederà dalla fusione Wind-3Italia (Sole 24Ore), recentemente approvata dalla UE.
Telefónica di Spagna, ha pur’ essa separato le sue attività di torri di telefonia mobile in un business infrastrutturale, che potrebbe un giorno essere venduto o quotato in borsa. Il gruppo aveva inizialmente annunciato una IPO per la sua Telxius, per poi cancellarla, a fine settembre scorso a causa di “valutazione inadeguata” in borsa. La Telxius, oltre a gestire l’infrastruttura delle torri di Telefonica è stata creata anche per inglobare il business delle fibre ottiche marine.
Business similari sono stati ventilati nel Regno Unito, dove alcuni investitori avevano sperato che il progetto di fusione di Tre e O2 potesse portare alla rottura e successiva vendita della loro joint venture che si occupa di gestire le torri (sembrava questa fosse una proposta che potesse convincere la UE ad accettare la fusione). Ma la fusione a maggio è stata comunque bocciata.
Sempre nel Regno Unito, la WIG (Wireless Infrastructure Group), sta raccogliendo alacremente fondi da investire in queste attività. Pianifica di investire, nei prossimi tre anni, circa 1 miliardo di sterline per costruire o acquisire infrastrutture di telefonia mobile.
L’azienda, che è sostenuta dal fondo pensione americano Babson Capital, ha già presentato offerte “non solicited” a gruppi britannici di telefonia mobile. La società possiede, e gestisce con servizi, già più di 2.000 torri di comunicazione nel Regno Unito, Repubblica d’Irlanda e Paesi Bassi, e conta di poterne gestire altri 1.000 in un prossimo futuro.
Sempre nel Regno Unito esiste un altro operatore di torri indipendente, Arqiva (8.000 torri e 1.150 siti di trasmissione – 25% posseduto da un fondo australiano e 48% da uno canadese): sembra stia effettuando una revisione strategica delle sue attività, che la porterebbe a una vendita o quotazione in borsa, cosa che ha attirato l’attenzione di America Tower.
In Europa il mercato delle torri gestite da operatori indipendenti ha questo ranking (Financial Times): Olanda, UK, Irlanda, Francia, Spagna, Germania, Italia. Dove Olanda e UK sono molto vicine nel ranking, e molti osservatori vedono già il Regno Unito passare a breve al primo posto.
Secondo gli analisti queste strutture indipendenti “sbloccano” ingenti investimenti e consentono in prospettiva una migliore copertura agli operatori di telefonia mobile; senza richiedere a questi maggiori e ingenti investimenti; questo è molto importante in vista del 5G. Aggiungono però che non è escluso che alcuni operatori finanziariamente più solidi siano riluttanti a separarsi dalle infrastrutture che erogano i loro servizi.
Vediamo qualche tipologia di torre e qualche numero:
Prendiamo l’esempio della torre di WIG nell’ aeroporto di Heathrow (diciamo “tipologia urbana”): alta 30 mt., base con tre piedi, e piena di antenne sulla cima.
Per costruire il sito ci sono volute circa 300.000 sterline, e i costi di gestione annuali sono di 10.000 sterline. Ogni operatore mobile che la usa paga in funzione della capacità richiesta. Su questa torre sono presenti, oltre ai quattro maggiori operatori, Vodafone, O2, Three e EE, anche alcuni operatori minori. Il ritorno sul capitale è del 9-10 %. Ovviamente non tutte le torri sono sempre “piene” come questa; in genere si inizia con un solo operatore; ma l’esperienza insegna che l’incremento di utilizzatori è rapido.
Un esempio di “tipologia rurale” è a pochi chilometri di distanza, in un’area più remota; questa torre è alta 42m (in aree più remote sono permesse in genere maggiori altezze) e necessita di quattro gambe per portare il peso supplementare causato dalla sua altezza. Nella parte inferiore della torre vi sono anche due piccoli edifici. Uno ha installate le stazioni base e vari rack di apparecchiature di telecomunicazione, che diffondono i segnali di telefonia mobile provenienti dalle reti fisse in fibra. Nell’altro edificio è installato un generatore diesel di grandi dimensioni che garantisce l’alimentazione di emergenza. Questa torre è quindi come un piccolo “data centre”; e, nella fattispecie, oltre a fornire servizi agli operatori mobili, eroga anche la connessione di internet back-up per una società di servizi finanziari; il che le permette l’accesso a Internet se la rete fissa è guasta. Quindi un servizio che non ha a che vedere con la rete mobile.
Le antenne mobili più recenti possono essere controllate a distanza dal relativo operatore, per aggiustare l’angolo di diffusione in caso di lacune di copertura. I comandi relativi giungono alle antenne via cavo, lungo la torre; arrivano da apparati localizzati ai pedi dell’infrastruttura e intestati a cavi in fibra ottica a banda larga che li collegano con l’operatore.
Le infrastrutture rurali sono ovviamente interessanti; non solo perché è più facile per esse avere edifici che fungano anche da “data centre”, ma anche perché possono essere più alte e danno una migliore copertura. Nel 4G, ad esempio, un’altezza maggiore di 10 mt. permette di avere copertura migliore di 2,5 volte.
Da ultimo la salute: la IARC (International Agency for Research in Cancer), l’NTP (National Toxicology Program) e l’EPA (Environmental Protection Agency) dichiarano che le radiazioni provenienti dalle torri sono molto al di sotto degli standard di sicurezza e non sono cancerogene. Le radiazioni emesse dai singoli cellulari sono sicuramente più dannose, a loro parere, di quelle provenienti dalle torri. Il WHO (World Health Organization) anche assicura che non c’è pericolo. Ci sono stati, però, sia studi che hanno provato la non pericolosità delle radiazioni, che anche altri che ne abbiano dichiarato il contrario. A seguito di ciò, e poiché non si è arrivati a conclusioni scientificamente convincenti, in ambo i casi, il tema è ancora molto dibattuto. E questo fattore offre resistenza alla crescita di questo mercato.
Le radiazioni non sono il solo generatore di preoccupazioni ambientali; anche il tipo di combustibile usato preoccupa; e sono quindi sempre più diffuse le torri che allo scopo usano fonti rinnovabili.
Detto ciò, tutti gli analisti concordano che questo mercato sia inarrestabile e che si costruiranno sempre più torri; sia per il 4G, che per il futuro 5G.