L’ultima Relazione Annuale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) presenta un mercato delle telecomunicazioni italiane che si sviluppa, ma vede ridurre contemporaneamente le risorse garantite dalla spesa degli utenti finali, che sono la base per gli ulteriori fondamentali sviluppi che attendono non solo il mercato dell’Information and Communications Technology (ICT) ma il nostro Paese in generale.
Al contempo, irrompono all’orizzonte nuove sfide: dal governo dei big data alla evoluzione della tutela del consumatore e dello stesso ruolo dell’Autorità in un mercato che sta per entrare in una fase molto delicata.
Mercato fisso in espansione, mobile in contrazione
Secondo le stime Agcom, tra il 2017 e il 2018 la spesa in servizi delle famiglie/individui e degli utenti business arretra infatti del 2,9%, ovvero di 750 milioni di euro, passando da 26,49 a 25,73 miliardi di euro. Ciò appare legato in particolare alla continua contrazione dei prezzi retail, soprattutto in area mobile: nel 2018 l’ulteriore riduzione dell’indice dei prezzi delle telecomunicazioni (-2,3%) è il risultato da un lato della riduzione dei prezzi sia dei terminali mobili (-20,3%) che dei servizi voce e dati di rete mobile (-4,7%), dall’altro, invece, della crescita dei prezzi (+5%) relativi ai servizi base su rete fissa.
Sulla stessa linea, il rapporto Asstel 2019 odierno, che rileva nel 2018 quasi 9 miliardi spesi dagli operatori tra infrastrutture e frequenze (la cifra più alta degli ultimi 10 anni) a fronte di un calo dei ricavi causato soprattutto dal declino del mobile.
Queste opposte tendenze fotografano molto bene le tendenze evolutive sottostanti i mercati di rete fissa e mobile: mentre il primo, soprattutto grazie allo sviluppo dell’offerta e della domanda di connessioni ultrabroadband sia in ambito residenziale sia business, può contare su spunti espansivi in grado di impattare sui volumi e sui valori del mercato, il secondo presenta in questo momento minori spunti innovativi e subisce quindi maggiormente l’effetto contrazione prezzi tipico dei mercati maturi che ha avuto ulteriore impulso a seguito del modificarsi dello scenario competitivo e del conseguente intensificarsi delle pressioni sui prezzi a partire dalla seconda metà dell’anno, anche in conseguenza dell’ingresso in Italia di Iliad.
A livello di rete fissa, infatti, non solo crescono gli abbonamenti broadband, che hanno raggiunto nel 2018 una consistenza media di 16,8 milioni (+4,9%), ma rispetto al 2017 si è modificato significativamente il mix tra servizi a favore delle connessioni più performanti: i collegamenti ultrabroadband (ovvero con velocità superiore a 30Mbps) sono passati in un anno dal 23% al 37,9% (+14,9pp) del totale dei collegamenti broadband. L’effetto congiunto di queste due tendenze ha sicuramente dato un importante contributo all’intero mercato di rete fissa che è infatti cresciuto, in termini di ricavi, dell’1% nonostante la continua contrazione dei ricavi d a sevizi voce.
Nel mobile, invece, nel 2018 non solo è ulteriormente proseguita la diminuzione dei volumi delle linee cosiddette “Human” (voce/dati e solo dati), scese da 83,9 a 82,6 milioni (-1,5%), ma si è anche assistito a una decisa riduzione dei prezzi medi dei servizi, almeno sulla fascia più bassa del mercato, ovvero quella principalmente attratta dalla convenienza economica, così come a una forte contrazione della spesa in device, principalmente smartphone, giunti anch’essi ad un elevato livello di maturità e quindi disponibili a prezzi fortemente decrescenti (-20,3% in media).
Machine-to-Machine, linee in crescita
Crescono invece le linee Machine-to-Machine (M2M), raggiungendo una base installata di circa 21 milioni di unità (+3,7 milioni pari a +23%): per quanto una quota significativa di questo incremento non riesca a impattare sui ricavi mobili a causa del décalage nel prezzo di tali collegamenti, si tratta di un segnale molto positivo per il mercato ICT e più in generale per lo sviluppo digitale delle nostre imprese, in quanto sottintende la crescente diffusione di applicazioni innovative che saranno applicate nella maggior parte dei settori produttivi e della Pubblica Amministrazione. Un segnale molto importante per le prospettive di sviluppo delle nuove reti 5G che sono considerate particolarmente adatte, tra l’altro, a gestire la connessione con un numero sempre maggiore (nell’ordine dei miliardi) di sensori e oggetti connessi, abilitando nuove piattaforme quali le “fabbriche wireless” Industria 4.0, le piattaforme evolute di Healthcare, le auto a guida autonoma, le soluzioni per le Smart City ecc.
In crescita gli investimenti in infrastrutture
Lo sviluppo di servizi ultrabroadband di rete fissa e 5G di rete mobile è direttamente legato allo sviluppo degli investimenti in infrastrutture di rete, che rappresentano la condizione necessaria per l’erogazione di tali servizi.
Non a caso, nel 2018 gli investimenti in infrastrutture sono cresciuti del 17%, raggiungendo il valore di 8,4 miliardi di euro (+1,23 miliardi), soprattutto a seguito dei processi di infrastrutturazione relativi all’offerta di servizi ultrabroadband nella rete fissa, cui si è sommato l’avvio dell’implementazione della rete mobile 5G.
Per quanto riguarda gli investimenti in infrastrutture delle reti ultrabroadband di rete fissa (+5,6%), la Relazione Agcom evidenzia come “il 2018 ha visto svilupparsi gli investimenti degli operatori alternativi a TIM, e in particolare di Fastweb, Open Fiber e Wind Tre”. Gli investimenti nella rete mobile, dopo la flessione registrata nel 2017, hanno mostrato un aumento superiore al 40%, per effetto innanzi tutto del consolidamento della rete 4G e lo sviluppo del 4.5, sia dell’avvio dell’infrastrutturazione relativa ai servizi mobili 5G. a questo proposito, nel valutare l’impegno di risorse degli operatori italiani, va ricordato che la gara per l’assegnazione delle frequenze 5G si ha raggiunto un importo complessivo di 6,55 miliardi di euro.
Lo sviluppo dello scenario infrastrutturale di rete fissa si percepisce anche nella performance dei servizi wholesale, che tornano a crescere (+2%) grazie in particolare allo sviluppo dei ricavi da servizi di rete fissa (+2,2%), per effetto del consistente aumento della componente legata alla domanda di servizi wholesale ultrabroadband, e nonostante una pressione competitiva in aumento.
Lo sviluppo infrastrutturale è fondamentale per far recuperare al nostro Paese il gap nell’uso dell’ICT rispetto agli altri Paesi più sviluppati, sia a livello di famiglie sia di aziende. E a questo proposito, non può che preoccupare il ritardo segnalato di recente nell’avanzamento dei piani di infrastrutturazione nelle aree bianche (a luglio i Comuni completati risultavano essere 170), ritardo che sarebbe imputabile ai carichi burocratici legati alla permessistica comunale e regionale, un tema più volte affrontato in questi anni, ma evidentemente mai risolto completamente.
Sempre a livello di interventi infrastrutturali, è molto importante sottolineare che l’impegno del Governo si sposta ora sulle “aree grigie” ovvero le zone “periferiche” tipicamente extra-urbane o a ridosso delle città dove si concentra la maggior parte delle aziende italiane nonché dove sono localizzati i distretti industriali. Ad esse sono indirizzati sia interventi di infrastrutturazione mirati, realizzati anche reintegrando le risorse rimodulate del piano operativo nazionale imprese e competitività, sia l’erogazione di voucher (destinati a PMI, scuole e centri impiego) per stimolare la domanda di connettività ultra broadband da parte degli utenti.
Rapporto ricavi-investimenti: una fase delicata per gli operatori
La relazione ricavi-investimenti è cruciale per lo sviluppo del mercato delle telecomunicazioni, ma più in generale del comparto dell’Information and Communications Technology (le cui piattaforme e applicazioni sono sempre più strettamente interdipendenti con le prestazioni delle reti fisse e mobili, a cominciare dal Cloud Computing, dalle piattaforme di virtualizzazione dalle applicazioni per la gestione remotizzata di processi produttivi ecc.) e della competitività del nostro sistema economico-produttivo, ancora in ritardo rispetto ai paesi nostri diretti concorrenti nel processo di trasformazione digitale.
Partendo dalle considerazioni contenute nella Relazione Agcom si può quindi desumere come l’equilibrio ricavi-investimenti entri ora in una fase molto delicata, in quanto gli operatori delle telecomunicazioni in Italia si trovano a dover affrontare, nel medio termine, una massa di investimenti molto importante, sia per la realizzazione delle reti in fibra ottica e 5G, sia per pagare le licenze delle frequenze 5G, che per sviluppare e manutenere le infrastrutture esistenti. Tutto ciò avviene in uno scenario di mercato nel quale non solo l’ammontare delle risorse (spesa d’utente) tende a diminuire, ma la potenziale restrizione ad alcuni fornitori di tecnologie di rete (per l’uso del Golden Power) appesantirebbe ulteriormente gli investimenti da dedicare alle infrastrutture di rete mobile (ad es. per la sostituzione dei fornitori esclusi dall’ecosistema 5G), oltre che introdurre un ritardo nella realizzazione del 5G in Italia.
Un nuovo ruolo per l’Autorità
In questo contesto in divenire, anche il ruolo dell’Autorità si modifica a cominciare dalla regolazione delle piattaforme tecnologiche, e dei Big Data in particolare. Si tratta di una tematica sempre più rilevante che nasce dalla constatazione della limitata conoscenza del digitale di larghe fasce della popolazione che tuttora, senza neppure averne consapevolezza, cede gratuitamente i propri dati personali ai grandi aggregatori.
Nell’intervento del Presidente Cardani viene ribadita la necessità di “far crescere questa consapevolezza, alfabetizzare, lavorare affinché ciascun individuo maturi la piena cognizione della propria identità digitale, ormai indissolubile dai tratti personali più abituali”. Dal punto di vista istituzionale questa problematica si traduce nella necessità di assicurare che il governo dei dati non si risolva a danno dei cittadini, e della libera formazione dei loro orientamenti o delle loro attitudini, assicurando la tutela di principi costituzionali quali la dignità della persona, la non discriminazione, la tutela della privacy.
A livello regolatorio, l’analisi conoscitiva realizzata congiuntamente dall’Agcom con l’Autorità Antitrust e il Garante della Privacy ha suggerito che “un intervento ex post nel campo dei Big Data risulterebbe insufficiente”, e che “si debbano sfruttare a pieno le sinergie tra strumentazione ex post ed ex ante per assicurare piena tutela degli interessi coinvolti”. Sempre nella relazione del Presidente Cardani è stata evidenziata la necessità che “gli strumenti di autoregolazione sperimentati debbano essere accompagnati dall’attribuzione all’Autorità di specifici poteri di audit e di inspection sulla profilazione algoritmica”.
Oltre ai Big data, altri fattori di cambiamento nell’attività dell’Agcom possono essere sintetizzati nell’evoluzione della tutela del consumatore, anche attraverso nuovi strumenti, con il fine di renderlo più consapevole nelle scelte (misura internet, broadband map) e, per quanto riguarda i profili regolatori, nel ruolo crescente della regulation by litigation, con specifico riferimento ai casi di contenzioso per l’accesso alle infrastrutture di operatori non TLC.
Negli altri mercati delle comunicazioni, si deve rilevare infine un maggiore sviluppo delle azioni Agcom in ottica di co-regolazione, rispetto ad interventi sulle posizioni dominanti.