I semiconduttori vivono una condizione eccezionale, della loro importanza e della dipendenza da un numero limitato di imprese per l’approvvigionamento in un contesto geopolitico problematico: ecco perché la Commissione europea vaglia l’ipotesi di approvare un sostegno atto a colmare le potenziali carenze di finanziamento, in particolare per l’apertura di impianti europei nell’ecosistema dei semiconduttori – che sarebbero i primi del genere.
L’EU Chips Act, annunciato per la prima volta dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen durante il suo discorso sullo stato dell’unione, intende far diventare l’UE come uno dei principali attori nella produzione di semiconduttori e a rivendicare la leadership tecnologica e industriale.
Ma non è solo attorno ai chip che ruota la strategia europea di ripresa: la pandemia ha dimostrato l’importanza di comunicazioni resilienti e ad alta velocità per il lavoro a distanza, nella nostra vita quotidiana e per mantenere l’operatività dei processi aziendali. La Commissione e gli Stati membri hanno pertanto identificato l’infrastruttura in fibra e 5G come un settore chiave di investimento per il Recovery & Resilience Facility (RRF), per una ripresa dell’economia digitale.
La risposta Ue alla crisi dei semiconduttori: il Chips Act
L’Eu Chips Act è un provvedimento quanto mai necessario alla luce del fatto che la competizione globale per il controllo delle tecnologie digitali costringe le imprese europee, la pubblica amministrazione ed i centri di ricerca ad interagire e utilizzare le tecnologie informatiche di cui necessitano come i microchip e l’intelligenza artificiale anche al di fuori dell’Unione Europea. Questo comporta rischi legati alla dipendenza nei cicli produttivi dall’approvvigionamento e dalla scarsità dei prodotti legati alla filiera dei semiconduttori, portando così ad una vulnerabilità del sistema industriale europeo in tutti i settori vitali.
Pochi giorni fa l’annuncio, poi, del vicepresidente esecutivo Vestager sui nuovi indirizzi per una politica della concorrenza che consenta di affrontare le nuove sfide legate alla congiuntura industriale nell’era pandemica.
E Draghi difende i chip italiani dalla Cina
Anche il protezionismo nazionale è un’arma che l’Europa e l’Italia stanno adoperando per difendere il mercato europeo dei chip e supportarlo. Il premier Mario Draghi ha esercitato il golden power contro l’acquisizione del ramo di Hong Kong Applied Materials (già Baccini SpA) da parte della cinese Zhejiang Jingsheng.
Il settore specifico è quello dei chip per il fotovoltaico, dove la Cina già domina; fattore che aggiunge un rischio geopolitico alla volontà dell’Occidente di aumentare la quota di energia rinnovabile per raggiungere gli obiettivi del Cop26 sul piano dei cambiamenti climatici.
Abbiamo bisogno di più e più grandi aziende e fabbriche di chip europee e di difendere quelle che ci sono dall’avanzata della Cina, per sostenere l’innovazione e l’economia del Continente, così come la sua indipendenza tecnologica. Soprattutto in un ambito sempre più strategico come quello delle rinnovabili, che certo crescerà molto per gli impegni globali a ridurre il carbone nei prossimi decenni.
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In particolare, Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva responsabile della politica della concorrenza, ha dichiarato: “Un’applicazione rigorosa della normativa in materia di concorrenza è fondamentale affinché le imprese e i consumatori possano sfruttare appieno i vantaggi del mercato unico.
In parallelo durante una recente visita nella regione industriale tedesca Silicon Saxony, dove si trovano la maggior parte degli impianti di produzione di chip tedeschi, il commissario per il mercato interno Thierry Breton ha affermato che la regione della Sassonia sarà uno degli epicentri dell’offerta dell’UE per riportare la produzione di semiconduttori all’avanguardia in Europa. Breton ha incontrato i principali rappresentanti dell’industria tedesca dei semiconduttori lo scorso 12 novembre per discutere del prossimo Chips Act.
Le conseguenze della crisi dei chip sull’ecosistema industriale Ue
L’Europa ha la sua forza nel mercato unico, specie nella fase critica della transizione digitale in cui l’economia del vecchio Continente viene insidiata sempre più dai paesi del Far East come Taiwan e la Cina dove è concentrata anche la maggiore produzione dei semiconduttori vero petrolio di tutti i processi produttivi nell’industria e dei servizi Telco e Cloud che abilitano tutti i mercati verticali.
L’ecosistema industriale europeo ha subito le forti criticità di un approvvigionamento incerto nei tempi e soggetto a interruzioni, come testimonia il settore dell’industria automobilistica che ha registrato una crescita dei costi dovuti alla scarsità di microchip e ritardi nei tempi di produzione con un risultato negativo nei costi gestionali e nella logistica per la consegna dei modelli e quindi sui ricavi (documentato negli studi di settore).
Le case automobilistiche globali hanno quindi dovuto rallentare o interrompere anche se temporaneamente la produzione nelle loro fabbriche.
Miliardi di dollari di profitti sono stati cancellati dai bilanci. Ford ha quantificato il costo della carenza di microchip a 2,5 miliardi di dollari legate ai ritardi di mesi nelle consegne dei veicoli. Paradossalmente le stime delle perdite vedono in testa il mercato automobilistico cinese che da solo rappresenta un terzo dei mancati ricavi mondiali seguito dall’Europa nella Top 5 del ranking mondiale con circa la metà delle perdite cinesi. Il Nord America limita i danni per una dipendenza minore dei due precedenti mercati dall’approvvigionamento estero.
Questa carenza di forniture di semiconduttori fornisce anche una chiave di lettura per l’interesse industriale che la Cina ha per Taiwan in questo settore che si colloca ai primissimi posti per volumi e innovazione nei processi di produzione dei microchip. Qualora il controllo delle forniture dovesse passare nell’orbita di Pechino potrebbe causare criticità e rischi per l’intera industria europea coinvolgendo lo sviluppo dei servizi essenziali legati alla trasformazione digitale. Le infrastrutture ICT critiche sarebbero a rischio dipendendo dalle tecnologie Cloud che poggiano sulle reti in fibra e 5G[3].
Le strategie e i programmi dell’Europa per lo sviluppo autonomo dei microchip
L’Europa già da tempo ha iniziato un percorso per rafforzare la sua resilienza nei settori produttivi critici per l’industria ed il benessere dei cittadini. Lo sforzo si è concentrato nell’analisi dell’ecosistema produttivo sensibile che tra gli oltre 5220 prodotti analizzati ha individuato 137 prodotti per i quali l’EU è fortemente dipendente negli ecosistemi strategici da fornitori stranieri. Questi prodotti rappresentano solo il 6% del valore dei beni importati in Europa ma sono in grado di bloccare l’industria e l’economia del continente. Va detto che la metà di queste dipendenze provengono dalla Cina e una ridotta quantità, 34 sono le più vulnerabili perché non sostituibili con produzioni equivalenti in Europa nei settori chimico, energetico e salute.
La Commissione europea ha così promosso due nuove alleanze industriali: l’Alleanza per le tecnologie dei processori e dei semiconduttori e l’Alleanza europea per i dati industriali, Edge e Cloud.
Le due nuove alleanze avranno lo scopo di rafforzare la leadership europea nella prossima generazione di microchip e tecnologie di “cloud computing/edge computing” industriali, vitali per le filiere dei processi produttivi e dei servizi del “Digital single market “al fine di rafforzare le infrastrutture ed i servizi digitali critici non ultimo il “quantum computing”. Le alleanze intendono così creare cluster di imprese, università, e centri di ricerca su cui indirizzare gli investimenti ed i piani di ricerca e sviluppo.
L’UE è fermamente intenzionata ad operare con tutte le leve in suo possesso per avere una quota del 20% del mercato globale dei microchip entro la fine del decennio.
“Miriamo al 20 per cento della quota di mercato globale tra dieci anni, abbastanza per le nostre esigenze”, ha affermato Breton. “Gli Stati Uniti stanno cercando di raggiungere il 30%.
Taiwan al centro dello sviluppo mondiale delle tecnologie emergenti nei semiconduttori
Taiwan domina il mercato globale dei microchip nonostante la forte concorrenza di Corea del Sud, Giappone, Cina, Stati Uniti e India.
Mark Liu, presidente dell’industria taiwanese TSMC, leader nella produzione dei microchip, ha affermato che se intere catene di approvvigionamento di semiconduttori fossero replicate in Europa, ciò porterebbe a un eccesso di capacità. In una conferenza stampa del 21 marzo, ha descritto i piani dell’UE come “economicamente irrealistici”. Mark Liu ha evidenziato durante l’incontro presso la Taiwan Semiconductor Industry Association (TSIA) che una parte dell’attuale carenza di fornitura di chip è dovuta alla doppia prenotazione degli ordini provocata dall’incertezza nel 2020 a causa di COVID-19 e agli ordini dell’ultimo minuto poiché i produttori di smartphone hanno cercato di colmare anche un vuoto lasciato dalla Huawei Technologies per le evoluzioni nei mercati mondiali[1].
Gli investimenti nei chip e data-edge computing a sostegno della ripresa
Ma quale sono i settori strategici su cui punta la Commissione? La bussola della “Europe’s Digital Decade: digital targets for 2030” si basa su tre punti: infrastrutture, skill e business. Per le infrastrutture oltre alla connettività si punta sul rafforzamento dell’industria dei semiconduttori e su Data – Edge & Cloud computing.
Risulta così chiaro come tutta la strategia della Comunità Europea non sia limitata ai settori pur vitali dei microchip ma traguardi tutta la Digital Infrastructure che abilita la “Data Economy”.
In Europa per la “data economy” l’Italia si posiziona al terzo posto dopo Germania e Francia in settori vitali per lo sviluppo delle tecnologie basate sui dati: Analatycs, Business Intelligence, Big Data, Machine Learning e non solo[7].
Per comprendere lo sviluppo del mercato della data economy e il suo peso in Europa occorre considerarlo come una percentuale sempre in crescita di tutto il settore ICT.
Se operiamo nel “monitoring tool” per individuare i settori in maggiore crescita, scopriamo come ai primi posti per valore del mercato dei dati ci sono i settori verticali: Finance, Manifacturing, Information & Communication e i Professional services
Conclusioni
Questo fa comprendere come senza una difesa dell’autonomia nell’approvvigionamento tecnologico nei microchip per la “Digital Infrastructure” l’Europa non potrà proseguire nella sua crescita in settori strategici come l’intelligenza artificiale, i big data , l’Iot e le piattaforme di machine learning.
5G e Industria 4.0, il ruolo delle telco per la quarta rivoluzione industriale
Note
- Dalle mappe interattive risultano i valori di tutti i paesi EU:Germania Data Market value: 16,3 billion €Francia Data Market value: 9,46 billion €
Italy Data Market value: 5,59 billion €
Data Economy in Europa: Simulazione mercati sui dati EU ↑