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Mobile 5G, sono le regole la vera incognita: ecco perché

Le nuove regole dovranno disciplinare i rapporti tra vari attori ICT, che non hanno mai condiviso infrastrutture e risorse. Questo nuovo scenario pone una serie di problematiche: da un lato la necessità di definire delle interfacce tra operatori, dall’altro di assicurare garanzie per player e utenti

Pubblicato il 18 Ott 2017

Luca Rea

Fondazione Ugo Bordoni

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Mentre si entra nel vivo della sperimentazione pubblica del 5G, bisogna ricordare che le reti di quinta generazione (5G) non sono evoluzione tecnologica come è avvenuto per le generazioni precedenti (3G/4G), ma di un nuovo paradigma che supera i limiti delle singole tecnologie radio e fisse, sfruttandone la combinazione e coesistenza. E, per questa novità così disruptive, ciò che è ancora indefinito non è la tecnologia ma le regole necessarie a un buon funzionamento complessivo. Vediamo perché.

Al centro delle reti 5G troviamo due pilastri: il primo, è che la rete sia in grado di garantire i requisiti prestazionali di ciascun servizio, il secondo è che la rete sia efficiente. L’efficienza va intesa a tutto tondo e interessa il consumo energetico degli apparati di rete e di dispositivi, l’ottimizzazione dei percorsi del traffico, l’uso di porzioni specifiche della rete piuttosto che altre (es. Carrier Grade), la razionalizzazione dell’uso dello spettro per gli accessi radio, etc.

Il nuovo paradigma alla base delle reti di quinta generazione presuppone, quindi, l’integrazione di più reti eterogenee (Heterogeneous Network) che consentono ad un generico dispositivo, che sia fisso, mobile, o un sensore, di essere sempre connesso e con prestazioni adeguate.  Una vera e propria rivoluzione rispetto a quanto siamo abituati a vedere; le reti che conosciamo oggi sono infatti ben separate sia negli aspetti logici che negli aspetti fisici. Si aprono le prospettive per una rete “intelligente”, gestibile via software e trasversale (on top) alle singole reti fisiche.

Da un punto di vista strettamente tecnologico esistono diversi scenari per la gestione di questo nuovo paradigma di comunicazione; l’evoluzione della capacità computazionale dei nodi nelle reti consente di individuare i percorsi ottimi “just in time”. Approcci di questo tipo sono noti in letteratura con il nome di SDN (Software Defined Networks) o NFV (Network Function Virtualization) nel cuore della rete, e di C-Ran (Cloud Radio Access Network) ai bordi della rete. Il presupposto cardine è che vi sia un controllore centralizzato che abbia visibilità di tutta la rete, e che sia in grado di prendere decisioni sulla base di criteri di qualità ed efficienza.

Le variabili che muovono il decisore possono essere diverse: la mobilità dei dispositivi, le bande impiegate, la criticità dei servizi trasportati (es. latenza), l’affidabilità della connessione (es. in termini resilienza). Per ciascuna coppia -categoria di dispositivo/prestazioni richieste – può essere immaginata una configurazione a strati della rete che risponda a determinate requisiti.

Una sorta di rete nella rete o di rete “affettata” per gruppi di specifiche necessità (Network Slicing).

In sintesi, il punto chiave, è che nel paradigma 5G diventa necessario controllare l’intera catena (punto-punto) del traffico dati o, in alternativa, avere garanzia che le singole porzioni di rete rispettino dei requisiti prestabiliti.

Questo controllo trasversale è tipico degli operatori integrati, ma se ciascuno di essi provvede autonomamente a sviluppare il paradigma 5G, il risultato sarà l’implementazione di tante reti di quinta generazione quanti sono gli operatori che dispongono di reti eterogenee o, più in generale, che hanno le risorse necessarie per acquisire pezzi di rete.

E cosa faranno i giganti dell’industria che si avvicinano all’ICT (es. automotive, energia, ehealth, logistica etc)? Decideranno a loro volta di diventare operatori?

Le garanzie prestazionali sul trasporto del traffico andranno poi ulteriormente ponderate tra i provider dei servizi ed i provider di connettività che, come noto, non sempre coincidono.

Il paradigma di Internet si è sviluppato sul principio del “best effort”, ma che succede per quelle applicazioni critiche per cui questo non basta? Chi garantisce che ciascun operatore faccia la propria parte?

Si aprono dunque le frontiere a nuove regole, che andranno a disciplinare i rapporti tra vari attori ICT, che potenzialmente non hanno mai condiviso infrastrutture e risorse.

Questo nuovo scenario pone una serie di problematiche: da un lato la necessità di definire delle interfacce tra operatori entro le quali trasmettere traffico diviso per tipologia, dall’altro di definire perimetri contrattuali (Service Level Agreement) che siano garanzia per gli operatori e di riflesso per gli utenti.

Le reti di quinta generazione da un punto di vista tecnologico, seppure con sfide aperte, vedono un percorso delineato, ma dal punto di vista delle regole aprono un campo finora mai esplorato.

La Commissione europea ha da tempo avviato una riflessione sul tema, ad esempio l’azione 5 del “5G for Europe Action Plane”, suggerisce un approccio olistico, che tenga conto delle peculiarità delle reti di accesso radio e delle reti di core, includendo l’opportunità di studiare use cases traversali.

Sebbene siano sorte alleanze tra i vari operatori, i carrier, le nuove entità che si affacciano all’ICT (i protagonisti dei settori verticali) la definizione di un terreno comune sembra ancora lontana.

BEREC nel 2016 si pronuncia tramite le linee guida per la Net Neutrality tuttavia, il tema della nostra riflessione fa riferimento a quelli che vengono definiti “servizi specializzati” e per i quali non sono fornite prescrizioni specifiche.

Nel frattempo Cisco stima un indice CAGR (Compound Annual Growth Rate) pari al 20% nell’Europa dell’ovest e del 27 % nell’Europa centrale e dell’est, evidenziando una crescita continua del volume di dati scambiati.

La natura stessa del traffico sta mutando forma, prende piede l’Internet delle cose, diminuisce la capacità delle CDN (Content Delivery Network) a seguito dell’incremento dei cache servers operato dai provider di contenuti, e più in generale si assiste ad una concentrazione dei dati scambiati su servizi specifici. Dalla figura di seguito, tratta dal documento Draft BoR 17 (117) sui servizi di Interconnessione IP (BEREC giugno 2017), si evince come dal 2007 al 2013 il 50% del traffico scambiato nel nord America è passato dal coinvolgere 1000 networks differenti fino a coinvolgerne soli 35.

Un trend che sottolinea come la Big Internet vada specializzandosi verso il trasporto di servizi specifici e i servizi stessi originino e terminino nell’ambito delle stesse reti.

In altri termini assistiamo ad un fenomeno di regionalizzazione e settorializzazione del traffico, che vede gli stessi contenuti acceduti sempre più in mobilità. Nel mondo il traffico mobile cresce con una rate annua del 53% rispetto al 19% del traffico fisso (Arcep – L’état d’Internet): ciò evidenzia nei fatti uno stimolo all’integrazioni di reti eterogenee che è tra i presupposti del paradigma 5G.

Le regole per uno scenario così “disruptive”, come quelle che si dovranno definire, non possono essere affrontate da un singolo Stato.

La stessa Europa può assumere dimensioni modeste se paragonata alle realtà nord americane o a quelle asiatiche tuttavia, quella europea, è la dimensione minima al tavolo delle trattative globali per paesi come il nostro.

La tecnologia evolve rapidamente, nascono nuovi servizi e nuove opportunità, a latere nasce l’esigenza di nuove regole che consentano di aprire la strada a contesti competitivi e al coinvolgimento di nuovi attori.

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