L’adozione di formati open (e non proprietari) per il passaggio al Building Information Modeling consente il rispetto del principio di interoperabilità, mitigazione del rischio anti-obsolescenza e la conservazione a lungo termine dei dati prodotti. Un’analisi della metodologia e i benefici della sua applicazione.
Utilizzare il Bim nella gestione del ciclo di vita delle costruzioni edili non significa solo avere la responsabilità di modellare un corretto progetto edile in modalità digitale, ma anche quella di assicurarsi che il modello redatto possa essere “future proof” per le generazioni a venire.
Il cambio delle modalità di creazione dei progetti e dei documenti (dalla carta, matita, righello ai file, al mouse e alla tastiera) unita alla pratica e all’esperienza nell’impiego di programmi software avanzati, non può da sola essere definita “digitalizzazione” o quantomeno non consente di raggiungere i target innovativi proposti dalla metodologia BIM (collegamento persistente alle informazioni).
Lo switch Building Information Modeling
Al cambiamento degli strumenti di lavoro – la cui resa in digitale consente indubbiamente la velocizzazione dei processi, la semplificazione delle attività e l’arricchimento del proprio lavoro grazie alle informazioni connesse – deve necessariamente affiancarsi l’introduzione di un diverso approccio logico e operativo nella gestione dei flussi di dati rilevanti (processi e procedure), tale da rendere sostenibili gli interventi di digitalizzazione (aumento della produttività), anche e soprattutto ricercando le forme di riusabilità delle risorse da conservare.
Ciò consente alle generazioni di domani di ricevere in eredità non solo il prodotto costruito (manufatto), ma anche tutta la storia documentata in metodologia BIM (disegni e documenti annessi), in un formato digitale valido ed opponibile a terzi anche in futuro.
Bim, ecco come cambiare la rotta
Il vero cuore del mutamento sta nell’adottare un formato che sia a standard aperto (nel caso del BIM parliamo di OpenBIM) ossia esente da diritti di proprietà e disponibile al pubblico con differenti diritti e proprietà, associato ad uno specifico processo nella formazione, gestione e conservazione dei dati (re-ingegnerizzazione dei processi), da sedimentare con le opportune logiche archivistiche (ad es. definizione di piani di classificazione, di conservazione dei documenti e procedure descrittive), allo scopo di attribuire ai dati digitali valore legale, probante e tutelante ottenibile a lungo termine con la conservazione digitale legale.
Prendendo spunto da esperienze operate in materia di gestione di documenti digitali, consolidate nel passato in altri contesti operativi, occorre quindi considerare il passaggio al BIM utilizzando formati open (aperti e liberamente utilizzabili) e non tra quelli proprietari (spesso coperti da brevetto o utilizzabili solo con gli applicativi dedicati), scelta lungimirante che consente di rispettare i principi:
- di interoperabilità, intesa come la capacità di un prodotto di interagire e funzionare con prodotti e sistemi esistenti e futuri, senza alcuna restrizione di accesso o implementazione;
- della mitigazione del rischio della c.d “obsolescenza tecnologica”, intesa come la perdita progressiva delle possibilità di validità di un prodotto nel tempo;
- di conservazione a lungo termine dei dati prodotti, intesa come quell’attività svolta a proteggere e custodire gli archivi di documenti e dati informatici per lungo periodo, senza decadimento dell’autenticità, integrità, affidabilità, legittimità e reperibilità del prodotto conservato.
A tale proposito sul sito Docs Italia (Agid+Team Digitale) potrebbe essere utile prendere una prima visione delle “Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”, materiale in consultazione pubblica fino al 16 novembre 2019.
Documenti informatici, l’aggiornamento Agid
Lo scopo del lavoro proposto da AGID è quello di aggiornare le regole tecniche del Codice dell’Amministrazione Digitale (art.71) relative alla formazione, protocollazione, gestione e conservazione dei documenti informatici accorpando, in un unico documento (linea guida), le regole tecniche e le circolari ottenendo un unico testo di riferimento che contempli gli ambiti di materia documentale nel rispetto di quelli vigenti in materia di Beni culturali.
L’approccio utilizzato nella stesura del documento è, cosi come dichiarato nella premessa metodologica del documento, di tipo “olistico”, cioè volto a mettere in evidenza e a rappresentare le interdipendenze funzionali tra le varie fasi della gestione documentale dal momento della formazione fino alla selezione per lo scarto o la conservazione permanente.
I professionisti interessati e le Associazioni di settore sono già al lavoro per valutarne i contenuti e a suggerirne di nuovi.
Altri vantaggi dallo standard aperto Bim
Perseguendo i termini della riflessione proposta, si possono ottenere una serie di ulteriori vantaggi, oltre a quelli già elencati, come:
- proteggere i meriti nello sviluppo condiviso di un elaborato in BIM (tutela della proprietà intellettuale);
- conferire l’opportuno valore giuridico ai prodotti di output BIM nelle controversie (attribuzione delle responsabilità);
- attribuire autenticità, integrità, leggibilità, fruibilità e riutilizzabilità a tutta la documentazione prodotta nel processo del costruito (conservazione del modello e dei documenti del ciclo attivo/passivo)
- aprire le porte alla partecipazione del processo BIM a nuove professionalità per il settore, al fine di consentire la nascita di un approccio multidisciplinare alla materia (archivisti digitali, esperti di contrattualistica elettronica, ecc)
Adottare il BIM come pratica, significa non solo beneficiare di vantaggi immediati ma organizzarne e garantirne la loro fruizione nel futuro.