“Nella terza colonia orbitante di Marte il raccolto di fagioli è stato disastroso! Non si può nascondere questa semplice realtà!” sillabava sconcertata. Marka Martel fissava lo schermo ricurvo, che si librava nell’aria acciaccato. Perfettamente in asse con la testa volteggiante della vecchia cronista. Ne assorbiva lo sconcerto che trasmetteva a tutta la galassia.
“Mi sto abituando… nonostante tutto…” quasi si vantava Sanka Sankel col suo undicesimo marito. Gambe allungate sul tappeto di iranex. Dopo il Grande Ictus Mnemonico, dopo le memorie personali cerebrali disconnesse, o forse annientate, in tutti i 20 miliardi di esseri umani della galassia, il news-avatar personale non si sedeva più in salotto o in camera da letto o sull’asse del gabinetto per raccontarti le ultime notizie. Non rispondeva più alle domande con cui lo si interrompeva per capire, approfondire, discutere, divagare. I news-avatar erano i terminali viventi dei grandi selettori, gli Algoritmi Accadimentali. Le grandi formule connesse ad ogni essere animato e ogni oggetto costruito o in natura. Avevano ucciso da anni l’antico mestiere del giornalista. Sostituito dai miliardi di dati e milioni di formule biosintetiche.
“Lui non è sconnesso! Questo tipo è una di quelle micro bolle che non hanno subito il grande ictus mnemonico!…” assicurava Sama Hargo, analista del linguaggio e delle memorie della Memory Squad 11. “La sua memoria cerebrale è ancora connessa agli algoritmi accadimentali…” La certezza è un dubbio assediato. Il dubbio un assedio alla certezza. La comandante Khaspros incalzava coinvolta: “Lo seguo da mesi ormai… è un grande trascinatore! Troppa capacità di selezione…” si concentrava mandando i pensieri altrove “È erogato da un set di algoritmi incredibile…” c’era trasporto, “Quella sua memoria è per noi, per la galassia, una matrice irrinunciabile…” la voce tremava di infrenata strategia d’attacco. “Vi do dieci minuti per configurarvi. Si parte in van. È individuato nella Bassa… Se lo prendiamo attivo, nella massima erogazione, le sue connessioni saranno duplicabili!” Le coordinate lo collocavano in una piccola fattoria. Le coordinate affasciavano rosse e viola i profili allineati degli agenti della squadra.
“Bella tipa questa! Non sa parlare, ma è troppo simpatica!” si armeggiava Sanka Sankel, davanti un vecchio pannello ricettivo. “Siamo tornati a due secoli fa… quando si usavano ancora gli umani… Che sensazione d’antico!…” ammaliava l’undicesimo marito. Le finestre appannate ricordavano il collasso delle memorie finestrali.
Il mini van, veicolo d’assalto di copertura della Memory Squad 11, sgarcollava inquieto lungo la roggia. Non vedeva a un palmo. Nessun navigatore di supporto. Nessun silenzio di concentrazione. Nessun chiacchiericcio di stemperamento. Nessun pensiero di condivisione. Andava alla cieca. Curvava alla cieca. Caracollava alla cieca. Impensieriva alla cieca. Punteggiava alla cieca. Convogliava alla cieca. Assoggettava alla cieca. Insinuava alla cieca. Sbertucciava alla cieca. Approssimava alla cieca. Serpeggiava ala cieca. Viottolava alla cieca. Saltano sulla veranda. Due agenti felpano nel retro. Conteggiano alla vecchia maniera. Irrompono simmetrici e sincronici.
“È la verità! L’undicesimo tutor è tornato dalla missione a mani vuote!” Singhiozza notiziando Marka Martel. La comandante Khaspros irrompe. Gli agenti attonitano. “Gli algoritmi sono al massimo… Formidabile!” incita Khaspors. Schermo trasparente, curvo, inutile davanti alle pupille di Marka Martel. I suoi occhi fendono. La sue mani fendono. Le sue gambe fendono. Rotolano le notizie. Echeggiano gli umori dell’immensa audience. Marka Markel afferra un’altra notizia concentrata oltre il vetro. La finestra incornicia il muro di nebbia.
(37-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)