Con la Legge europea 2017 andata in Gazzetta Ufficiale la scorsa settimana (legge 167/2017) vengono finalmente dati i poteri all’Autorità garante delle comunicazioni per contrastare le pratiche che violano una libertà fondamentale dell’utente, quella della neutralità della rete.
È un potere sanzionatorio che va da 120.000 a 2.500.000 euro (per violazioni della neutralità o del roaming) e di imporre misure cautelari per interrompere con urgenza la pratica.
Vista la dimensione degli operatori del settore e della posta in gioco, temo che questa cornice edittale potrebbe non essere sufficiente a dissuadere le grandi compagnie di TLC nel perseverare nelle loro violazioni. Si tratta comunque di un primo passo significativo, anche perché si è contestualmente assegnato all’AGCOM il potere di emanare provvedimenti inibitori e, prima della decisione definitiva, provvedimenti temporanei per far sospendere la condotta con effetto immediato.
In particolare, penso alla pratica con cui quasi tutti gli operatori impongono un router proprietario per le connessioni banda larga fissa.
Sottoscriviamo contratti senza leggerli, e ci troviamo a pagare dispositivi a noleggio che ci intrappolano ad una fornitura, che filtrano la nostra connessione – in alcuni casi limitandone la velocità.
Eppure, l’Europa ha posto la libertà di accedere alla rete internet con il dispositivo terminale scelto dall’utente come diritto di quest’ultimo, e ha inserito questa norma nella più ampia disposizione normativa sul roaming.
Il regolamento europeo 2120/2015 ci ricorda che nell’accedere a internet: “gli utenti finali dovrebbero essere liberi di scegliere tra vari tipi di apparecchiature terminali, […] I fornitori di servizi di accesso a Internet non dovrebbero imporre restrizioni all’utilizzo di apparecchiature terminali che collegano alla rete oltre a quelle imposte dai fabbricanti o dai distributori di apparecchiature terminali conformemente al diritto dell’Unione”.
Questa norma ha degli effetti significativi. Al di là del lato economico, il risvolto chiave è in termini culturali. Fino ad ora la fornitura del router da parte dell’ISP aveva congelato il mercato, frenato la ricerca e lo sviluppo, ed esposto ad attacchi informatici gli utenti finali.
La possibilità per l’utente di scegliere il dispositivo di connessione, lo tutela a livello di privacy e dalle scelte commerciali delle grandi aziende multinazionali produttrici di contenuti via web.
Cosa succederebbe se domani un ISP decidesse che un determinato servizio via internet avesse piena funzionalità solo se si utilizzassero i suoi dispositivi? Pensiamo alla mole di informazioni che un ISP potrebbe ricevere se la rete locale di un’abitazione, o peggio di una azienda, passasse per un suo terminale di rete obbligatorio: potrebbe sapere quanti dispositivi sono collegati alla rete, le loro modalità di utilizzo, cosa transita, etc.. e da queste informazioni, senza alcuna autorizzazione da parte dell’utente, verrebbe elaborato un BigData di informazioni estremamente remunerativo.
Ricordiamoci che i dispositivi forniti dagli ISP non sono configurabili e spesso contengono delle backdoor che consentono agli operatori di entrare nel dispositivo in remoto per fare assistenza, anche all’insaputa dell’utente.
Quando avremo la casa invasa dai dispositivi IOT, la neutralità della rete sarà fondamentale, la libertà di terminale di rete altrettanto.
A questo punto, mi attendo dall’Autorità l’avvio delle necessarie istruttorie in materia. Gli operatori verranno ovviamente sentiti e proveranno a sostenere la legittimità della loro condotta.
La loro argomentazione sarà verosimilmente incentrata sulla tesi secondo la quale il router/modem installato a casa dell’utente non costituisce apparecchiatura terminale utente, ma è invece parte della loro rete. Potrebbero citare, in particolare, le BEREC Guidelines on the Implementation by National Regulators of European Net Neutrality Rules, approvate lo scorso agosto 2016 l’Ufficio dell’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, che, nel fornire indicazioni agli enti regolatori local (nel nostro caso AGCOM) su come interpretare gli articoli del Regolamento Europeo, prevede un’eccezione al principio del modem libero sancito all’articolo 3, ossia che «se sussistono delle evidenze tecniche che rendono necessario l’utilizzo di uno specifico terminale l’operatore può scegliere di erogare tale servizio con il dispositivo considerato più idoneo che però viene considerato parte della sua rete».
Confido però che l’autorità, in esito alla l’istruttoria, rigetterà queste difese. Il caso indicato dal BEREC di una necessità tecnica è infatti del tutto eccezionale. Al contrario, in riferimento alla quasi totalità dei servizi forniti agli utenti dagli ISP, le motivazioni tecniche e di sicurezza addotte per limitare la libertà di scelta sono del tutto prive di fondamento, posto che le tecnologie delle reti internet e VoIP già si conformano a standard definiti dettagliatamente, emanati da organismi internazionali o associazioni come la IETF, ITU-T, 3GPP e DSL-Forum di cui i provider stessi fanno parte molto spesso. La finalità di tali standard è proprio quella di offrire una linea guida comune, così da evitare soluzioni proprietarie e fare in modo che i produttori possano sviluppare economie di scala, di cui poi i provider beneficiano nei prezzi di acquisto delle tecnologie, beneficio questo che ben dovrebbe riguardare anche gli utenti finali. Quelle che gli ISP effettuano sui propri apparecchi sono delle mere personalizzazioni software, non dissimili, quanto al mondo degli smartphone, al cambio del nome dell’APN per navigare su Internet, che non determina un cambio della tecnologia utilizzata, ossia LTE. Tali modifiche non vanno a modificare né il firmware di basso livello del modem xDSL/xPON, né le specifiche istruzioni software che implementano gli algoritmi di cifratura. Se davvero il router/modem fosse parte della rete degli operatori, con che coraggio potrebbero pretendere dai loro utenti, come molto spesso avviene, a titolo di acquisto o comodato?
L’Autorità non potrà poi ignorare la posizione assunta dal più grande paese dell’Unione in termini di libertà utente, la Germania, dove esiste una Legge, approvata fin dal gennaio 2016, che esplicitamente sancisce “che la rete di telecomunicazioni pubblica finisce al termine della rete passiva, e che il controllo funzionale è assegnato all’interfaccia lato utente” e che “il consumatore finale può scegliere quale apparecchiatura terminale venga connessa dietro il termine della rete passiva, indipendentemente da come la singola apparecchiatura terminale di telecomunicazione sia definita”. Anche il Governo italiano, approvando il mio Ordine del Giorno 9/04505-B/003, all’inizio di novembre, ha infine accolto come raccomandazione l’impegno a conformarsi a tale interpretazione.
Anche se la singola sanzione è di importo tutto sommato contenuto, qualora l’AGCOM iniziasse a emanare serialmente, sulla base delle segnalazioni ricevute, provvedimenti sanzionatori di contenuto conforme, gli operatori non potrebbero continuare a lungo con le loro attuali prassi. Perché ciò accada è tuttavia necessario che vi sia una forte pressione a livello mediatico e civico, oltre che politico. Come avvenuto per le pratiche commerciali scorrette sulla telefonia, a cominciare da quella, un tempo molto diffusa, dell’addebito di servizi non richiesti, è necessario che i consumatori e le loro organizzazioni si mobilitino e provvedano a raccogliere e denunciare all’AGCOM tutti i contratti non conformi al principio di libertà di scelta.
Certamente, gli utenti devono prima ancora essere messi a conoscenza del loro diritto, per cui anche l’informazione e la stampa avranno un ruolo importante nell’esito di questa battaglia politica, istituzionale e giudiziaria. I grandi operatori dispongono di un significativo potere di influenza, anche politica, per cui ad ora l’esito non appare scontato. In gioco non c’è solo la comodità per un utente di conservare il proprio modem quando cambia operatore. Il controllo degli ISP sui modem/router porta alla contrazione dell’intero mercato dei produttori e dei fornitori di servizi collegati, nonché a una grave minaccia per la neutralità della rete, per la privacy dei consumatori e, con un occhio rivolto agli sviluppi nella domotica, al possibile controllo delle grandi imprese di telecomunicazione su tutti gli hardware che si collegheranno alle nostre reti domestiche.
Per queste ragioni la battaglia sulla neutralità della rete non è finita. Giace al Senato il testo di legge a prima firma Stefano Quintarelli, bloccato dall’intervento pretestuoso di alcuni gruppi industriali. Il provvedimento è stato approvato senza alcun voto contrario alla Camera ma in Senato è stato sempre rinviato: è inaccettabile che una proposta di legge per la tutela dei consumatori e per la concorrenza online si sia arenata in questo modo.
Se i dispositivi mobili hanno cambiato l’accesso alla rete, l’IOT aprirà la strada ad un accesso alla stessa rete da parte di dispositivi dotati di intelligenza artificiale e, negli scenari più apocalittici, anche indipendentemente dal volere dell’uomo.
Il futuro potrà essere stimolante o inquietante, in funzione di come il legislatore sarà in grado di garantire le libertà delle persone, ponendo l’uomo al centro di queste dinamiche.
L’impatto sulla vita materiale e immateriale delle norme che verranno emanate sarà determinante.
Se i parlamenti non saranno vigili, ma soprattutto ultrarapidi nelle decisioni, la tecnologia per la prima volta nella storia dell’uomo, sarà più veloce di lui nel dettare le regole di convivenza.