La riflessione

Neutralità della rete: l’innovazione, i diritti e la concorrenza

Fuggetta e Quintarelli spiegano tutto ciò che c’è da sapere, in questo articolo a quattro mani. Ecco perché è un concetto importante e come fare per preservarlo, tenendo anche conto degli interessi degli operatori telefonici

Pubblicato il 12 Mag 2014

Alfonso Fuggetta

professore di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano

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In questo periodo si parla moltissimo di neutralità della rete. È un tema centrale perché tocca da un lato il modello di business degli operatori di trasporto e di quelli dei servizi e, dall’altro, ha un impatto enorme sulla libertà dell’utenza e sul ruolo di Internet come motore vitale e unico di innovazione.

Poiché il tema è complesso e spesso si fanno affermazioni quanto meno approssimative, vorremmo in questa sede provare a riassumere, e se possibile chiarire, alcuni termini della questione.

1. Quali sono i principi di funzionamento di Internet?

Sintetizzando, Internet funziona sulla base di 3 principi chiave:

1. Internet è, per l’appunto, una rete neutrale. Essa “trasporta” solo bit, “0” e “1”, senza distinguere o entrare nel merito di quale sia il significato di questi bit. La scelta potrebbe apparire contro-intuitiva: perché non adattare i processi di trasmissione in funzione del traffico (per esempio, video piuttosto che testi)? In realtà, la neutralità della rete è uno degli assi nella manica di Internet e uno dei segreti della sua capacità unica di generare innovazione. La rete trasporta bit senza entrare nel merito di quello che si vuole spedire: in altri termini, chiunque può immaginare nuovi prodotti o servizi, sapendo che Internet è un sistema di comunicazione che non discrimina o penalizza alcun tipo di applicazione o servizio.

2. Internet è una rete “best effort”. Questa espressione indica che la qualità della trasmissione è “la migliore possibile”, senza necessariamente garantire specifici livelli di servizio. Ciò potrebbe apparire un limite, ma in realtà costituisce un vantaggio enorme: a) semplifica la realizzazione delle infrastrutture; b) rende più facile incrementare le prestazioni degli apparati e dei sistemi di comunicazione: c) stimola lo sviluppo di applicazioni “furbe” che ottimizzano l’utilizzo delle infrastrutture stesse.

3. Internet è una rete “stupida”. In sintesi, come David Isenberg puntualizzò alla fine degli anni 90, Internet realizza un cambio radicale di prospettiva. Negli anni 70 la rete di trasmissione era “intelligente” mentre i terminali che usavamo (i telefoni tradizionali) erano “stupidi”: i servizi erano realizzati dagli operatori telefonici nelle loro centrali. Con l’avvento di Internet, la rete è “stupida”, trasmette solo bit “anonimi”, mentre i terminali (e il software che li controlla) realizzano le applicazioni e i servizi che tutti quotidianamente utilizziamo. Non per niente, oggi si parla di Internet Service Provide (ISP) (gli operatori telefonici che ci danno l’accesso alla rete) e di Over The Top (OTT), cioè le imprese che utilizzano le capacità di trasporto offerte da Internet per offrire servizi applicativi (tipicamente, qualunque operatore che offra servizi su Internet, dal sito di un quotidiano a Twitter o un sistema di elearning).

In poche parole, Internet è un sistema di comunicazione diffuso e universale per scambiare a basso costo e in tempo reale sequenze di bit complesse a piacere (cioè informazioni digitali multimediali). Internet realizza una separazione netta tra chi si occupa di “trasportare bit” (gli ISP) e chi offre servizi utilizzando questa capacità di trasmissione.

2. Internet, il trasporto merci e la corrente elettrica

Per spiegare il funzionamento di Internet e come sia possibile di conseguenza tariffare i servizi di trasporto, è possibile proporre alcune analogie che certamente non esplorano tutte le complessità del fenomeno, ma possono aiutare a comprenderne le dinamiche principali.

Internet è come un corriere espresso che offra la capacità “grezza” di trasportare una data quantità di beni ad una certa velocità. Un corriere non entra nel merito di quale sia il bene trasportato: fa pagare per lo spazio occupato, il tempo di consegna, eventualmente un’assicurazione. Ma certamente non fa pagare di più se, per esempio, viene spedita una cucina Salvarani rispetto ad una Scavolini. Se invece di un camion, si volesse usare un aereo che, ovviamente, è molto più veloce, certamente si spende di più. Ma ancora una volta, per restare con l’esempio della cucina, il corriere aereo non distingue se si sta spedendo una cucina della marca X o Y.

Detto in altri termini, i corrieri su gomma o aerei hanno un catalogo di servizi offerti senza discriminazione a tutti i clienti, indipendentemente dalla marca o dal produttore del bene che essi vogliono spedire.

Lo stesso vale su Internet: oggi l’utente finale paga in funzione della velocità della connessione e di quanti bit vuole spedire. Che quei bit siano relativi a Skype o Viber o WebEx, all’Internet provider non importa – non deve importare – alcunché: fa pagare il costo del trasporto “grezzo” ad un cliente che “spedisce” quel che vuole. Si paga il “tubo” in funzione delle sue caratteristiche: dimensione, volume trasportato, tempo.

Un approccio simile è utilizzato per la corrente elettrica (e molte commodities) e può essere utilizzato per comprendere quanto accade nel caso delle reti informatiche.

Nelle reti elettriche e negli acquedotti, il “traffico” viene differenziato utilizzando diversi criteri: il picco, l’orario e il volume. Si possono usare parametri di questo tipo (così come altri della stessa natura) anche nel caso di Internet:

• Il picco. Nella rete elettrica, l’utente so che può consumare corrente fino ad un certo limite di ampere. Se si avviano contemporaneamente forno, lavatrice, lavastoviglie e ferro da stiro c’è il distacco del contatore. Se l’utente vuole più ampere, può fare un contratto industriale. Nel caso delle reti, una prima area dove si potrebbe operare è quella di rendere “reali” le velocità di connessione, allineando conseguentemente i contratti. Troppo spesso, quando anche un contratto dice “fino a XMbB”, l’utente non riesce ad andare oltre una frazione di X. Venga assicurato un “vero XMb” (non “fino a”) e lo si faccia pagare anche di più. Se invece viene offerto un 2Mb, lo si faccia pagare di meno. Quindi la prima ipotesi è che i costi degli abbonamenti siano realmente allineati alle performance della linea.

• L’orario. Se si fa andare la lavatrice di notte, la corrente costa meno al mattino. Analogamente, se si genera tanto traffico nelle ore di punta (film e video, per esempio) è anche giusto che si paghi di più. Se si usa la rete nelle ore dove la rete è più scarica, è giusto che si paghi meno.

• Il volume. Chi consuma molta acqua o elettricità, paga molto. Analogamente, chi scarica (o spedisce) 1000 film al giorno su una connessione a 2MB, è giusto che debba pagare di più rispetto a un utente che sulla stessa linea fa solo posta elettronica (senza attachment multimediali).

• Il tasso di contesa: Accade così da sempre nel mercato degli accessi per le aziende, in cui il maggiore o minore prezzo dipende anche dalle possibilità di sfruttare la performance “di targa” della linea. Basterebbe indicare i dati di targa del tasso di contesa, ovvero della misura progettuale della rete che indica il livello di congestione ammesso dal gestore.

Si vogliono tariffe flat con qualità e volumi di traffico garantiti? È giusto pagare di più. Ci si accontenta di una “linea che ha qualità e velocità minori o non garantite”? Si paghi meno.

Queste sono solo ipotesi, non certo proposte formali e precise. Ma vorremmo sottolineare il principio che abbiamo cercato di seguire: differenziare i costi sulla base della qualità del “tubo”, senza che ci debba essere un bundling a priori di servizi “privilegiati” e senza che ci sia un premio per chi usa i servizi di un operatore di servizi rispetto ad un altro (se non per le ovvie differenze commerciali che questi possono avere). La rete è neutrale perché il controllo è nelle mani dell’utente dei servizi di trasporto che decide “quanta corrente” (o “acqua”) vuole consumare e quindi “quanto spende”.

In generale, è quindi possibile differenziare i costi di accesso a Internet senza per questo violare la neutralità della rete. In altre parole, quanto discusso in precedenza dimostra che neutralità della rete non implica che tutti “vadano alla stessa velocità”, né che sia “gratuita” o a prezzi indifferenziati, come invece troppo spesso di ripete.

3. Quanto pagano gli OTT?

Il tema della neutralità della rete è spesso evocato in quanto gli operatori telefonici vorrebbero poter introdurre criteri non neutrali nel trasporto dei bit, cioè priorità nella gestione del traffico sulla base di accordi stipulati con i fornitori dei servizi (i cosiddetti Over The Top o OTT). Il motivo di questa richiesta risiede nel fatto che, secondo gli operatori telefonici, la gran parte del valore prodotto nell’uso della rete verrebbe assorbito dagli OTT, mentre a loro rimarrebbe poco per remunerare il capitale e sostenere gli investimenti in infrastrutture fisiche. Introdurre meccanismi di prioritizzazione permetterebbe loro di far pagare di più quei fornitori di servizi che volessero avere la garanzia di un “accesso veloce” all’utente finale, in questo modo ottenendo quindi una nuova fonte di ricavi. In generale, nel caso la rete non fosse neutrale, gli operatori telefonici potrebbero (in base agli accordi stipulati) rendere più conveniente all’utente finale (o al contrario penalizzare) l’utilizzo dei servizi di questo o quel OTT, in funzione degli accordi che questi decidesse o meno di stabilire. Non è più l’utente finale a scegliere, ma, di fatto, l’operatore sulla base degli accordi che stipula.

Certamente, il tema della distribuzione del valore nel mondo delle telecomunicazioni è reale e deve essere affrontato. Ma al tempo stesso, chi sostiene l’approccio “non neutrale” sottovaluta tutta una serie di questioni:

1. Molti operatori sono ancora strutturati e dimensionati come se fossero gli incumbent degli anni 70, mentre invece oggi, volenti o nolenti, devono gestire un prodotto (l’accesso ad Internet) che è di fatto una commodity. È quindi inevitabile che la loro struttura, il loro modello di business e quello organizzativo cambino anche radicalmente.

2. Introdurre non neutralità induce inevitabilmente una riduzione dell’attrattività di Internet, penalizzando l’accesso alla rete da parte dei soggetti più piccoli o nascenti (le startup), e riducendo il livello di competizione e di apertura del mercato.

3. Una rete non neutrale diminuisce la capacità di scelta dell’utente finale, che si vede vincolato/penalizzato dagli accordi che l’operatore fa o non fa con i vari fornitori di servizi.

In generale, cancellare la neutralità della rete significa colpire al cuore proprio l’elemento distintivo e caratterizzante di Internet.

Ma come si può allora garantire una maggiore remunerazione per gli operatori di telecomunicazione?

• In primo luogo, differenziando e valorizzando le tariffe verso l’utente finale che, oggi, spesso paga poco o male il proprio accesso a Internet, essendo i modelli di tariffazione ancora legati al mondo delle chiamate voce classiche.

• In secondo luogo, ristrutturandosi per operare in questo mercato che è inevitabilmente riconducibile ad un commodity.

Ma, ovviamente, se ci si fermasse a questo tipo di interventi, sarebbe l’utente finale a pagare la gran parte dei costi e non coloro che “spingono” nella rete i contenuti di cui tutti noi fruiamo.

Il tema è complesso perché si potrebbe obiettare che senza quei contenuti e servizi, l’utente finale non avrebbe interesse ad acquisire i servizi di trasporto. È infatti indubbio che l’utente non acquista l’abbonamento ad Internet spinto dal desiderio di scambiare dei bit, ma in quanto attratto dalla molteplicità di servizi che, grazie ad Internet, può raggiungere ed utilizzare. In alte parole, Gli OTT sono la ragione per cui gli operatori di telecomunicazioni riescono a vendere i loro abbonamenti. Secondo un calcolo, attualmente gli operatori di telecomunicazioni devono circa un terzo dei propri ricavi ad internet, senza corrispondere agli OTT alcuna remunerazione.

Va inoltre notato che l’ecosistema degli OTT è molto ampio ed include tutto il mondo delle startup e dei Venture Capital. Se è vero che alcuni grandi player internazionali sono molto noti e di successo e, globalmente, fanno utili importanti (Google e Facebook sopra a tutti, Twitter è in perdita), è altrettanto vero che la stragrande maggioranza delle aziende OTT, se non falliscono, lottano per la sopravvivenza. È un ecosistema vibrante che produce innovazione e fallimenti e ai cui aspetti finanziari gli operatori di telecomunicazione non partecipano, limitandosi a beneficiare dalla vendita degli accessi ad Internet usati per raggiungere anche servizi finanziariamente fallimentari.

Ma al tempo stesso è indubbio che molti OTT, grazie alle loro dimensioni e forza contrattuale, non paghino o paghino molto poco il servizio loro offerto dagli operatori telefonici per collegarsi ad Internet. In questo senso, un punto importante e molto controverso è quello del peering, cioè dell’interconnessione tra operatori, e tra “grandi” OTT e operatori. Il peering è il meccanismo che permette al traffico generato da un utente collegato ad un operatore X di transitare sulla rete verso un altro utente collegato ad un operatore Y (si pensi ad una chiamata Skype fatta fa utenti connessi ad operatori diversi). Il peering è generalmente gratuito e questo favorisce i grandi OTT che possono spedire il proprio traffico sulle reti degli operatori a costi molto bassi (o nulli).

Il tema del peering è molto dibattuto e certamente non può essere risolto in queste poche righe. Peraltro, è un tema sul quale ragionare per capirne le dinamiche, sia per quanto riguarda i peering gratuiti che i peering retribuiti. È necessario comprendere se l’approccio originario è ancora valido, oppure se sia necessario rivederlo alla luce delle dinamiche del mercato e del rapporto in essere tra operatori e OTT.

4. Prevenire è meglio che curare

Oltre all’innovazione, altri due valori che si ritiene siano tutelati dalla neutralità della rete sono i diritti civili e la concorrenza. Si tratta di valori già garantiti per legge, per cui alcuni ritengono inutile prevedere ulteriori misure. Ma va tenuto in considerazione che i tempi della giustizia non sono compatibili con la velocità dei mercati tecnologici; basti pensare alla causa antitrust contro Google, iniziata nel 2010 (quando sono nati i tablet) e non ancora terminata. In particolare:

• L’idea che la effettiva raggiungibilità, visibilità e fruibilità di contenuti da parte degli utenti dipenda dagli accordi commerciali che il fornitore di contenuti/servizi (OTT) è in grado di stipulare con l’operatore di telecomunicazioni viene vissuto dai sostenitori dei diritti civili come una minaccia alla effettiva libertà di espressione.

• Le piccole aziende attive su Internet temono che la superiorità finanziaria dei grandi fornitori di servizi, per la stessa ragione, possa costituire un vantaggio per loro impareggiabile, a prescindere dalla qualità del servizio offerto. Temono altresì che si formino “cordate” con accordi tra operatori di telecomunicazione e grandi fornitori di servizi tesi a limitare od escludere i concorrenti, come se il gestore della piazza del mercato ammettesse o meno dei soggetti, per accordi con alcuni di essi.

Una rete neutrale aiuta a prevenire questi problemi, sia dal punto di vista dei diritti civili che dal punto di vista della concorrenza, in quanto induce strutturalmente e intrinsecamente delle dinamiche positive e pro-concorrenziali.

5. La neutralità è vitale, conserviamola

Il tema della neutralità della rete è delicato e complesso. Ma questo principio costituisce il cuore stesso e lo snodo centrale del funzionamento di Internet. Non è possibile “ammorbidirla” senza di fatto cambiarne profondamente natura e funzionamento: la rete o è neutrale o non lo è. Certamente, ci sono problemi e evoluzioni del mercato che richiedono cambiamenti nella gestione dell’ecosistema che ruota attorno ad Internet. Ma non in questo principio che è il cardine attorno al quale questa straordinaria realtà di Internet è nata e si è sviluppata.

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