Memory Squad - 65° PUNTATA

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Cronache dal futuro (anno 2333), a cura del docente visionario Edoardo Fleischner (Comunicazione crossmediale all’Università degli Studi di Milano, progettista crossmediale) per Agendadigitale.eu

Pubblicato il 12 Feb 2015

Edoardo Fleischner

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(dalla puntata 64) Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia col cosiddetto Grande Ictus Mnemonico, dichiarando di averlo fatto per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta di conoscere, fin dalla nascita la propria vita futura in tutti i particolari. I tutor, che governano la galassia, hanno creato le Memory Squad per recuperare almeno le memorie connesse rimaste in funzione, se ancora ne esistono. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, ha ora il delicato e difficile incarico di rintracciare e portare davanti al Primo Tutor il dottor Mabiis, per costringerlo a rimettere in connessione almeno le Memore Vitali.
Shaiira, analista del terreno e dell’ambiente della Memory Squad 11 è all’inseguimento del dottor Mabiis, che appare e scompare, sembra mutare in un cagnolino, poi in un puledro, quindi in una bambina genio che corre nella notte. Si inoltra in un bosco. Arriva in una radura con al centro un cottage illuminato a giorno, che potrebbe essere proprio il rifugio isolato del dottor Mabiis. Ma appena la bambina entra nel cottage, le luci si spengono e il cottage svanisce.

Un punto lontano. Strattonato alla vista. Dai cespugli neri. Dalle farfalle bianche. Un punto forte. Illumina una radura. A giorno. La bambina accelera. Shaiira tallona. La bambina corre. Shaiira sfreccia. La bambina s’arresta. Davanti al cottage. Shaiira immobile. A un passo. I vetri esplodono. Di luce. Accecante. Le farfalle si annullano. Felici. Entrano nel bianco. Il piccolo suono delle ali socchiuse. Ed è buio totale. Senza pareti. Solo erba bagnata dalla notte.
Shaiira arraffa il fiato. Abbraccia il buio. Agguanta la bambina. La stringe. Due farfalle bianche. Nelle sue mani. Niente più. Sbiancano. Illuminano. Un poco. Per poco. Nessun cottage. Nessuno. Buio.

“I ricordi sono inutili… l’esperienza è una truffa… mnemonica… cara Shaiira…” Un soffio. Alle spalle. Leggero. Violento.
“Si nasce con tutto. Poi si perdono i pezzi, minuto dopo minuto… cara Shaiira…” La gola martella. La lingua soffoca. Gli occhi arrostano.
“Si viene alla luce con tutte le luci… poi i miliardi di piccole lampadine accese si spengono una per una. Le memorie messe in connessione le une con le altre, nell’ultimo secolo, erano il modo per tenere accese quelle lampadine… per non avere l’agoscia del futuro… per vederlo tutto prima… mi capisci cara Shaiira?” Forse uno scoiattolo. Certo un fruscio. A fare compagnia. Nel nero. Di una notte oltre la notte.
“Non c’è il progetto di ciascuno… ciascuno è già progettato… la vita è l’inganno di possedere quel progetto. Nelle nostre mani c’è solo la possibilità di svelarlo, non di cambiarlo… cara Shaiira…” Le parole di una bambina. Di un maestro. O dell’albero cigolante al vento. O del cielo nero senza cielo.
“È come un blocco di marmo davanti a Michelangelo… è tutto lì dentro… la Pietà, il David… si tratta solo di togliere il superfluo… ognuno ha tutta la propria vita per farlo… mi ascolti cara Shaiira?” Le stelle testarde dietro le nuvole nere. Dietro le cime nere. Dietro i larici neri.
“Se riesci a togliere tutto il superfluo… ne viene fuori sempre un capolavoro… un capolavoro di vita… una vita di merda è sempre una vita capolavoro se l’hai tirata fuori tu… cara Shaiira…” Due farfalle lontane. Bianche. Per un attimo.
“Bisogna saper spegnere tutte le lampadine… quelle giuste… altrimenti ti abbagliano, ti accecano… e non vedi cosa togliere, cosa scavare… come costruire il tuo capolavoro di vita… cara Shaiira…” Insisteva col nome Shaiira. Acido. Per nulla affettuoso. Assetato di consenso.
“Quando arrivi a spegnerle tutte, quelle lampadine accecanti, hai davanti il tuo futuro… che il reticolo delle memorie connesse ti mostrava nitido, senza possibilità di errore… prima del grande ictus mnemonico… che vi ho donato, che avete voluto… cara Shaiira…” I fili d’erba più umidi. Le cortecce piangevano.
“Ma gli umani non vogliono sapere… preferiscono la notte buia… al massimo i fari lunghi… che non vedono dietro due curve… e accelerano proprio là dove dovrebbero frenare… ho restituito agli umani le svolte al nero… gli incidenti di percorso… il precipitare nel burrone… tutti mi saranno grati! Cara Shaiira!” Alterato. Rimproverante. Accecato dal buio.

“Mi capisci cara Shaiira?”
“No.”

(65-continua)

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