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Nuovo codice Ue delle comunicazioni elettroniche, l’Italia s’allinea: ecco le novità

L’Italia si appresta a recepire il nuovo codice Ue delle comunicazioni elettroniche. Dall’aggiornamento della nozione di Servizio Universale, alla mappatura geografica dettagliata e aggiornata ogni tre anni della copertura delle reti a banda larga, passando per la durata dei contratti: novità e conseguenze per i consumatori

Pubblicato il 17 Set 2021

Federico Cavallo

Altroconsumo

L'interpretazione dei dati: riappropriazione in 4 fasi

L’Italia si appresta, finalmente e con ritardo, a recepire il nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Un testo atteso da anni e che si propone, anche nel nostro Paese, di colmare il gap sempre più evidente tra l’impianto normativo da un lato e l’evoluzione di società, tecnologia e mercato dall’altro. Importanti, soprattutto, le novità e le conseguenze a favore dei consumatori.

Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, Stati Ue in ritardo: a che punto è l’Italia

L’aggiornamento della nozione di Servizio Universale

A nostro avviso, è innanzitutto da sottolineare molto positivamente l’aggiornamento della nozione di Servizio Universale, che si adegua al progresso tecnologico in corso e includerà al suo interno l’accesso a Internet a banda larga: l’internet veloce diventa così a tutti gli effetti parte di quel set minimo di servizi di cui tutti i cittadini devono godere a prescindere dalle condizioni individuali e dalla loro collocazione geografica.

Banda larga per tutti, dovunque e a un prezzo accessibile rappresenta un passo in avanti concettuale e, potenzialmente, sostanziale di grande rilevanza: specie se si ricorda che l’attuale nozione di “accesso efficace a internet” è sostanzialmente ferma a una anacronistica connessione di tipo analogico in banda stretta a 56k!

Poiché l’obiettivo principe di un “servizio universale” è quello di garantire efficacemente l’inclusione sociale, ecco che garantire una velocità media minima di connessione adeguata, economica e, soprattutto, coerente con lo stato della tecnologia e con le esigenze attuali delle persone rappresenta un fattore imprescindibile e non rimandabile per crescita democratica e socioeconomica del Paese.

Obiettivo, questo, tanto più necessario e urgente di fronte alla necessità di affrontare, da un lato, i fattori di potenziale esclusione sociale ben noti nella nostra realtà nazionale e ulteriormente acuitisi con il Covid. Dall’altro, per consolidare nel medio-lungo periodo una stabile e solida crescita economica che possa costituire l’uscita dalla stagione pandemica su rinnovate e migliori basi.

Sì, perché proprio il Covid-19 ha reso ancor più evidente la necessità di garantire un accesso al web in grado di abilitare servizi minimi non più rinunciabili tra cui e-mail, scuola e formazione a distanza, acquisti e servizi bancari online, PA digitale, formazione e ricerca del lavoro online, social e videochiamate di qualità (anche se purtroppo, in quest’ultimo caso, non ancora in HD).

A ogni modo, pensiamo all’importanza che hanno avuto, nello scorso anno e mezzo, l’insieme di tali strumenti per assicurare le interazioni familiari, sociali, lavorative ed educative.

Undici sono gli ambiti specifici nei quali Agcom stabilirà – in tempi non ancora noti – le modalità tecniche del servizio. Su questi fondamentali aspetti, sottolineiamo l’esigenza ancor più irrinunciabile per tutti gli utenti che presentano fragilità, disabilità, anziani o soggetti con esigenze sociali particolari. La previsione di velocità adeguata e, va sottolineato, a prezzi accessibili potrà e dovrà sostenere, quindi, specialmente queste persone.

Il web come fattore abilitante per l’esercizio dei diritti

In chiave generale, l’accesso al web diventa pienamente il fattore abilitante e indispensabile per l’esercizio dei diritti da parte di ciascun cittadino. Si pongono pertanto le basi per importanti sviluppi normativi, sociali e di mercato in un Paese che sconta, come sappiamo e come spesso abbiamo ricordato, ancora profondi ritardi e disparità territoriali.

Con riferimento a queste ultime, è interessante rilevare come il testo in discussione preveda in capo ad Agcom la realizzazione di una mappatura geografica dettagliata e aggiornata ogni tre anni della copertura delle reti di comunicazione elettronica in grado di fornire banda larga. Su tale base, il Mise potrà definire ad adottare interventi nel settore mirati e, ci si augura, risolutivi. Per la verità, era stato il Decreto Salva Italia, nel 2014, ad affidare all’Agcom il compito di costituire una banca dati per “elaborare soluzioni innovative volte a colmare il divario digitale”: iniziativa che, tuttavia, aveva sin dall’inizio scontato forti limiti operativi e di budget in capo all’autorità, che avevano finito per depotenziarne l’azione.

L’indagine “La mappa della rete”

Come Altroconsumo, ad aprile di quest’anno avevamo condotto un’indagine “La mappa della rete” proprio sulla completezza, affidabilità e utilità delle informazioni fornite dalla mappa dal punto di vista dell’utente finale: avevamo così ravvisato gli ampi spazi di miglioramento necessari, che potrebbero ricevere, ora, un determinante impulso a farlo. A tutto vantaggio della trasparenza, dell’informazione e della concorrenza. A tal proposito, già in quell’occasione segnalavamo la potenziale utilità di includere nella mappa informazioni relative non solo sulla tecnologia disponibile, ma anche sugli operatori presenti a un determinato indirizzo e alla tipologia di servizio offerto. Staremo a vedere.

Se ampio spazio abbiamo voluto dare, sin qui, al tema del Servizio Universale e alle sue possibili implicazioni (come abbiamo visto, tutt’altro che distanti dalla vita quotidiana), è anche perché il dibattito degli ultimi giorni e alcune tra le prime reazioni sono sembrate mettere parzialmente in ombra tali vantaggi, descritti come a medio-lungo termine, suggerendo l’idea che siano almeno in parte controbilanciati da “boomerang” nel medio-breve. Crediamo che non sia (e che non debba essere) così.

La nuova durata massima dei contratti e il modem libero

Quanto alla nuova durata massima dei contratti, ad esempio, l’introduzione di un limite di 12 mesi a nostro avviso permetterà al consumatore maggiori opportunità di scegliere tra le offerte quella realmente più vantaggiosa e di cambiare più semplicemente idea, qualora non si dimostrasse tale, senza il rischio di dovervi rimanere vincolato per troppi mesi. Dunque: maggiori garanzie e maggiore concorrenza. In più, accorciare la durata dei contratti renderà più trasparente il confronto tra costo della sola tariffa e della tariffa comprensiva di device (spesso comparativamente meno conveniente, secondo anche le indagini che abbiamo condotto nel tempo come Altroconsumo). Con specifico riferimento al cosiddetto “modem libero” riteniamo che il recepimento dovrà in ogni caso essere coerente con il Regolamento (EU) 2015/2120 e con l’assetto nazionale previsto dalla Delibera 348/18/CONS e, in generale, auspichiamo che non sia ridotto in alcun modo il livello di tutela degli utenti sulla facoltà di scelta del modem. Infine, è sempre necessario tenere sempre a mente l’importanza di garantire la trasparenza dei costi e l’assenza di indebiti ostacoli alla migrazione dell’utente ad altro operatore, scongiurando effetti di lock-in del consumatore. La device neutrality è in realtà una battaglia di anche più larga portata che, insieme alle organizzazioni di consumatori del cluster Euroconsumers, cercheremo di portare avanti prospetticamente anche in sede comunitaria.

Conclusioni

In conclusione, un passo avanti non meno importante crediamo sia rappresentato dalla previsione di maggiori poteri sanzionatori per le Autorità (fino al 5% del fatturato): troppo lievi erano, invece, le sanzioni precedenti, per sperare di avere un reale effetto disincentivante per alcune pratiche dannose per i consumatori. Tanto che queste ultime, insieme al rischio di potenziali conseguenze pecuniarie a seguito della loro denuncia da parte delle organizzazioni dei consumatori e accertamento da parte delle autorità, potevano essere da alcuni considerate quasi alla stregua di un “costo di produzione”, da mettere a budget come accettata eventualità. La nuova normativa introduce invece un modello più simile nello schema a quello adottato dal GDPR, commisurando le sanzioni al fatturato.

Su questo aspetto non possiamo che sottolineare l’opportunità, offerta dal nuovo assetto, di stabilire un ancor più forte trait d’union e utile continuità tra le forme di enforcement pubblico e privato: ad esempio rendendo più cogenti in termini di prova quanto acquisito dalle istruttorie delle Autorità, al fine di accertare i danni segnalati dalle organizzazioni di consumatori. Questo contribuirebbe, insieme a una inversione dell’onere della prova, a rendere più agevoli le class actions in caso di violazioni dei soggetti di mercato che – come detto – finora potevano immaginare di gestire plurilesioni di importo ridotto nei confronti di tanti utenti senza rilevanti conseguenze. Situazione che potrebbe in futuro sensibilmente cambiare qualora tali violazioni fossero efficacemente fatte valere insieme all’interno di azioni collettive.

In conclusione, l’Italia si appresta con questo recepimento a fare un importante passo avanti, cui altri dovranno certamente seguire, ma che sarà importante accompagnare nel suo cammino e nelle conseguenze a cui porterà, affinché i cittadini possano veramente, pienamente e concretamente beneficiarne nella loro vita quotidiana.

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