l'analisi

PA digitale, Mochi: “Grandi speranze nel PNRR, ma ci sono punti critici”

Il pacchetto di obiettivi, investimenti e riforme che, nel PNRR, mirano a portare l’Italia a un livello “europeo” di digitalizzazione è organico e tutto sommato condivisibile. Ci sono però delle ombre che riguardano in particolare la sanità e lo scarso coinvolgimento della società civile al Piano. Vediamo nel dettaglio

Pubblicato il 04 Mag 2021

italia digitale

Ancora non sappiamo come uscirà il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia (da ora Piano) dopo l’esame della Commissione europea e dell’Ecofin, ma almeno oggi conosciamo il testo che è stato inviato il 30 aprile scorso dal nostro Governo a Bruxelles e quindi, dopo aver letto successive versioni tutte provvisorie, possiamo finalmente parlare di un testo ufficiale.
In questo articolo mi soffermerò sugli aspetti che riguardano la “Italia digitale 2026 – Obiettivi e iniziative per il digitale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza” come titola la completa e chiara sessione del sito del Ministro Colao che ci farà da guida, assieme al testo del Piano che ha preso il nuovo titolo di “Italia domani”.

PNRR, ecco la formula per innovare la PA e sostenere le imprese

Come impone una materia complessa in cui si intersecano più piani e più obiettivi, è opportuno premettere i fatti e i numeri e poi provare a darne un commento. Partiamo quindi dai macro-obiettivi e da questi agli interventi e ai singoli investimenti e alle riforme che li rendono possibili.

Italia digitale: azioni, obiettivi, investimenti

L’obiettivo di portare l’Italia ad un livello europeo di digitalizzazione è chiaramente delineato attraverso l’individuazione di due assi di azioni e cinque obiettivi che hanno come traguardo principale quello di mettere l’Italia nel gruppo di testa in Europa nel 2026, partendo da un misero quartultimo posto nell’ultima classifica dell’indice DESI.

In questo contesto il 27% delle risorse totali del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono dedicate alla transizione digitale, come dicevamo su due assi.

Il primo asse riguarda le infrastrutture digitali e la connettività a banda ultra larga.

Banda ultralarga strumento di resilienza: modelli di sviluppo e linee di azione al 2030

Digitalizzare la PA

Il secondo riguarda tutti quegli interventi volti a trasformare la Pubblica Amministrazione in chiave digitale.

I due assi sono necessari, come dichiara il sito del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, “per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso a connessioni veloci per vivere appieno le opportunità che una vita digitale può e deve offrire e per migliorare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione rendendo quest’ultima un alleato nella vita digitale dei cittadini.”

Quantificando l’investimento per le reti ultraveloci possiamo contare su poco più di 6 miliardi e altrettanto per la digitalizzazione della PA, per un po’ meno di 13 miliardi in totale. Questi importi dovranno permetterci di raggiungere cinque obiettivi definiti da altrettanti valori attesi per indicatori chiave:

  • Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione;
  • Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile;
  • Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud;
  • Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici erogati online;
  • Raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga.

A questi investimenti sui due assi, che sono sotto la diretta responsabilità del Dipartimento per la trasformazione digitale, si affiancano poi investimenti dedicati al sistema produttivo, promuovendo l’impresa 4.0 e i settori chiave come la space economy; il settore della cultura e del turismo promuovendo le infrastrutture digitali culturali e il turismo digitale; la sanità digitale con il completamento del progetto per il Fascicolo Sanitario Elettronico e quello della telemedicina; la giustizia telematica e i processi digitali; l’innovazione nel sistema dell’istruzione universitaria e degli ITS; l’aumento delle competenze digitali delle famiglie attraverso il sistema educativo.

Sanità, dati e FSE pilastri strategici per il nuovo Governo

In questo articolo esamineremo in dettaglio l’asse che riguarda la digitalizzazione della PA e che costituisce, non senza ragione, il primo ambito della prima componente della prima missione del Piano. Esso si compone di sette investimenti ed è supportato da tre riforme specifiche, a cui si aggiunge ovviamente la grande riforma orizzontale della PA, descritta nel capitolo delle riforme strutturali, e l’attività di semplificazione che è, assieme alla riforma delle politiche di tutela della concorrenza, una delle riforme cosiddette abilitanti.

I sette investimenti sono:

  • Infrastrutture digitali, per cui è previsto un investimento di 900 milioni e che orienta la trasformazione digitale della PA secondo un approccio “cloud first”, orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud.
  • Abilitazione e facilitazione della migrazione al cloud, che può contare su un nuovo investimento di un miliardo di euro e che consiste in un programma di supporto e incentivo per trasferire basi dati e applicazioni, in particolare rivolto alle amministrazioni locali. Si tratta di affiancare gli Enti Locali, specie i più piccoli e meno attrezzati di professionalità e risorse strumentali, con una task force che li aiuti nella migrazione nella fase di analisi tecnica e di definizione delle priorità. Per le PA locali minori, che non hanno la massa critica per una gestione individuale, verrà resa obbligatoria l’aggregazione in raggruppamenti ad hoc per l’esecuzione dell’attività di trasformazione/migrazione.
  • Dati e interoperabilità, con 650 milioni di investimento, l’intervento si propone di cambiare l’architettura e le modalità di interconnessione tra le basi dati delle amministrazioni così che l’accesso ai servizi sia trasversalmente e universalmente basato sul principio “once only e le informazioni sui cittadini siano a disposizione “una volta per tutte” delle amministrazioni in modo immediato, semplice ed efficace.
  • Servizi digitali e cittadinanza digitale, con poco più di due miliardi di euro di investimento, si propone di rafforzare l’adozione delle piattaforme nazionali di servizio digitale, lanciate con successo negli ultimi anni, incrementando la diffusione di PagoPA e della app “IO”; inoltre si introdurranno nuovi servizi, come ad esempio la piattaforma unica di notifiche digitali, si prevede anche un intervento organico per migliorare la user experience dei servizi digitali e la loro l’accessibilità “per tutti”, armonizzando le pratiche di tutte le pubbliche amministrazioni verso standard comuni di qualità.
  • Cybersecurity, che può contare su 620 milioni di investimento, per rafforzare le nostre difese cyber, a partire dalla piena attuazione della disciplina in materia di “Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica”. Gli investimenti sono organizzati su quattro aree di intervento principali. Sono rafforzati i presidi di front-line per la gestione degli alert e degli eventi a rischio; sono costruite o rese più solide le capacità tecniche di valutazione e audit continuo della sicurezza degli apparati delle applicazioni; si investe nell’immissione di nuovo personale sia nelle aree di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria;sono irrobustiti gli asset e le unità cyber incaricate della protezione della sicurezza nazionale e della risposta alle minacce cyber.
  • Digitalizzazione delle grandi amministrazione centrali; con un investimento di 620 milioni, con la messa in atto di una serie di interventi “verticali” mirati a ridisegnare e digitalizzare un insieme di use-case chiave nelle grandi amministrazioni centrali, ordinati in virtù della criticità degli snodi che rappresentano nell’erogazione di servizi al cittadino e dell’impatto in termini di efficienza complessiva dell’apparato pubblico.
  • Competenze digitali di base, con un investimento ulteriore di 200 milioni, oltre a quanto già stanziato nell’intervento sulle competenze nell’ambito dell’innovazione della PA, per interventi di supporto alle competenze digitali dei cittadini, per garantire un sostegno al compimento del percorso di alfabetizzazione digitale del paese. In questo ambito il PNRR nel suo complesso prevede diverse linee di azione, gli interventi descritti in questa sezione mirano a supportare le fasce della popolazione a maggior rischio di subire le conseguenze del digital divide.

Le tre riforme abilitanti nel PNRR per la PA

Questi investimenti non potrebbero portare i frutti sperati se non supportati da riforme abilitanti. Questa sezione del Piano ne indica tre, particolarmente attese.

Il processo di acquisto di prodotti e servizi ICT

La prima soprattutto copre un gap di opportunità particolarmente sentito dalle amministrazioni e riguarda il processo di acquisto di prodotti e servizi ICT. Per semplificare e velocizzare questo processo saranno effettuate tre azioni.

  • Primo, sarà creata una “white list” di fornitori certificati.
  • Secondo, sarà creato un percorso di “fast track” per gli acquisiti ICT, adottando un approccio semplificato per gli acquisti in ambito PNRR.
  • In ultimo, queste azioni normative saranno accompagnate dalla creazione di un servizio che includa la lista dei fornitori certificati e consenta una selezione/comparazione veloce e intuitiva.

Supporto alla trasformazione digitale della PA locale

Una seconda riforma concerne la realizzazione di un supporto alla trasformazione digitale della PA locale: per questa riforma è prevista la creazione di una struttura di supporto alla trasformazione composta da un team centrale (con competenze di PMO, amministrazione/gestione delle forniture e competenze tecniche sui principali “domini” interessati) affiancato da unità di realizzazione che si interfacciano con i fornitori locali delle PA.

Il supporto esterno alle amministrazioni locali è preconfigurato in “pacchetti di migrazione”, definiti su aggregazioni di comuni per garantire una massa critica sufficiente. In secondo luogo, sarà creata una nuova società (“NewCo”) dedicata a Software development & operations management, focalizzata sul supporto alle amministrazioni centrali. La migrazione al cloud, infatti, creerà un’opportunità storica di miglioramento delle applicazioni che supportano i processi delle PA.

Cloud first e interoperabilità

Infine, una terza riforma riguarda l’introduzione di linee guida per il cosiddetto paradigma “cloud first” e l’interoperabilità e facilitare gli interventi di digitalizzazione semplificando e innovando il contesto normativo. In particolare, sarà rivisto e integrato il domicilio digitale individuale per permettere corrispondenze digitali certe e sicure tra cittadini e PA. Inoltre, saranno previsti disincentivi per le amministrazioni che non avranno effettuato la migrazione al cloud.

Saranno anche riviste le regole di contabilità che attualmente disincentivano la migrazione comportando il rischio di “tradurre” capex in opex. In ultimo, saranno semplificate le procedure per lo scambio di dati tra le amministrazioni, che attualmente richiedono documenti/autorizzazioni dedicati, per favorire una piena interoperabilità tra le PA.

Luci e ombre del PNRR per la PA

Questi i numeri e il dettaglio dell’intervento. Si tratta di un pacchetto di obiettivi, investimenti e riforme organico e tutto sommato condivisibile. Il lato più innovativo è che mette in evidenza non solo il “cosa” fare, ma anche il “come” e prevede di accompagnare le amministrazioni con azioni concrete di assistenza.

I punti di forza

Il lato più convincente è però quello che apre la sezione dedicata nel sito del Ministro, ossia la definizione di obiettivi misurabili per cui si indica il valore atteso alla fine del 2026. Un altro aspetto positivo di questo piano è che non sembra essere parto di un’amministrazione monade, ma piuttosto punta all’integrazione con altre sezioni del PNRR. Così si propone di supportare con la trasformazione digitale le politiche per la tutela della salute, quelle per l’istruzione, quelle per la mobilità sostenibile e così via.

D’altra parte, come abbiamo più volte sostenuto anche su questa testata, lo sviluppo del digitale e lo sviluppo delle politiche devono crescere insieme in un processo virtuoso di interdipendenza, in cui l’obiettivo politico orienta la tecnologia, ma dal canto suo la piattaforma tecnologica apre nuovi orizzonti alla politica.

I punti deboli

Accanto alle luci, in verità preminenti, ci sono però in questa sezione del Piano anche ombre che non possiamo sottovalutare. La prima è che, se tutto va bene e riuscissimo a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, saremmo arrivati in quasi tutto, forse con l’esclusione della Banda Ultra Larga dove saremmo più avanti, semplicemente al livello che oggi hanno i Paesi a noi omologhi in Europa. Certo è già un buon successo, ma purtroppo questi Paesi non staranno fermi.

Qualche perplessità, non direttamente inerente alla sezione del Piano di diretta dipendenza dal Ministro Colao, ma comunque nel perimetro della trasformazione digitale, proviene poi anche da tutta la sezione dedicata alla sanità digitale.

La sanità ha dimostrato nella pandemia una debolezza strutturale, ma gli obiettivi che il Piano propone, molti dei quali poggiano sulla digitalizzazione, sono di modesti miglioramenti e non prospettano quella disruptive innovation che sarebbe necessaria. Troviamo così riesumato il progetto, invero ancora in alto mare, del fascicolo sanitario elettronico che ha già dimostrato tutta la debolezza derivata dall’essere l’ultimo anello di una catena di digitalizzazione che è ancora a dir poco carente.

Venendo a temi più strettamente legati alla prima componente della prima missione, credo che ci sia da sottolineare maggiormente che la disponibilità dei dati, che la trasparenza, non sono questioni che riguardino solo l’interoperabilità tra banche dati pubbliche per fornire migliori servizi, ma che sono alla base del vivere democratico e di quell’open government che, permettendo un auditing civico e imponendo alle amministrazioni pubbliche di rendere conto del loro operato, rendono reale e concreta la partecipazione. I dati sono un bene comune. Punto. Insomma, mentre operiamo per un’amministrazione più efficace e più rispondente ai bisogni dei cittadini e delle imprese, come è doveroso, non dobbiamo dimenticare che la vera rivoluzione sarà un’amministrazione condivisa.

Il processo di costruzione di tutto il Piano non ha certo brillato sin dall’inizio per la capacità di ascolto e partecipazione delle varie componenti della società. Che almeno i dati che ne segneranno la realizzazione siano a disposizione di tutti in una forma chiara e comprensibile.

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