“Inizio il mio intervento esprimendo la solidarietà, personale e del gruppo di Forza Italia, al Ministro Minniti, perché non è facile svolgere una funzione delicata come la sua in un Governo il cui leader del principale partito ogni giorno si affanna a dare colpi di piccone.”. Con queste parole ho iniziato il mio intervento alla Camera, ieri, dopo l’informativa del ministro dell’interno dedicato al caso dei fratelli Occhionero e alla cyber security.
La vicenda dei fratelli Occhionero non mi appassiona. Mi impressiona la semplicità con la quale queste persone hanno potuto tentare di avere accesso a computer di personalità importanti.
Il vero punto importante è la seconda parte di quanto (non) detto da Minniti sulla cyber sicurezza nel nostro Paese.
Un intervento generico e insoddisfacente, su un tema che peraltro conferma che la distinzione tra virtuale e reale non c’è più. Il digitale è un ambito integrale della nostra vita ed è reale tanto quanto il resto degli ambiti nei quali viviamo. Per questo il tema della cyber sicurezza non è più rimandabile.
Nell’ultima assemblea della NATO (Varsavia, luglio 2016) è stato detto che non solo il cielo, la terra, il mare e lo spazio ma anche il web è un ambito di primaria importanza per la difesa dei nostri Paesi e del nostro Paese. Sempre da luglio dello scorso anno è in vigore la direttiva dell’Unione europea relativa alla sicurezza dei sistemi informatici. Sarebbe interessante capire, pur nella precarietà di questo governo, come ci stiamo attrezzando. Sarebbe opportuno che anche qui ci mettessimo subito a lavorare, anziché aspettare che finisca la legislatura senza fare nulla.
Serve che il governo faccia chiarezza su alcuni punti. Bisogna avere un piano nazionale adeguato, che dimostri una capacità non solo reattiva, ma soprattutto attiva, di azione e di prevenzione. Occorre diffondere la cultura dell’importanza della cybersicurezza, sia nell’ambito pubblico che privato. Anche in questo campo – come in molte delle tematiche connesse al digitale – scontiamo un’arretratezza di natura culturale che penalizza l’intero sistema Paese.
Sembra che al G7 di Taormina l’Italia voglia presentare un codice di condotta sul comportamento degli Stati nel cyberspazio. Ci piacerebbe sapere in cosa consisterà. Ci piacerebbe sapere se, effettivamente, entro questo mese, come pare il Presidente Gentiloni abbia detto al Copasir, ci sarà l’aggiornamento del DPCM del Governo Monti.
Ci piacerebbe sapere, effettivamente, se ci saranno aumenti degli addetti messi in campo, perché il numero delle persone impiegate da polizia ed esercito è veramente troppo esiguo.
In Gran Bretagna hanno stanziato 1,9 miliardi per cinque anni e in Francia un miliardo per tre anni. Nella legge di stabilità 2015 furono stanziati 150 milioni per la sicurezza digitale. La differenza è evidente ma, anche senza sottilizzare sugli zeri, a parte i 15 milioni destinati al ministero dell’interno, gli altri 135 milioni che fine hanno fatto? Sono finalmente arrivati nella disponibilità dei nostri servizi? A novembre non lo erano ancora.
Insomma, purtroppo molte sono le insicurezze su un tema che esige certezze. Al giovane San Luigi Gonzaga, domandarono: «Ma se ti dicessero che devi morire tra un’ora, tu cosa faresti ?» rispose: «Continuerei a giocare come sto facendo adesso». Il mio invito è che Minniti faccia come il santo, vale a dire usi il tempo che avrà per governare, poco o tanto che sia, per lavorare. Noi continueremo a incalzarlo con gli strumenti della democrazia parlamentare. Abbiamo pronte una serie di interrogazioni. Perché non è solo il Copasir l’ambito di informazione su questo tema, ma lo deve essere l’intera comunità nazionale, tramite il Parlamento e i media.
Veniamo da un anno perso nelle polemiche sulla presunta nomina di un super zar della difesa informatica per il nostro Paese, un anno passato senza fare un passo in avanti nella direzione di misure concrete. Non possiamo continuare così!