Per la prima volta in questa campagna elettorale sono stato invitato a numerosi inconti pubblici dedicati al tema dell’agenda digitale. Non era mai successo prima. Forse un riconoscimento per il lavoro svolto nella passata legislatura, sicuramente una prova che il tema ha guadagnato finalmente un posto sulla scena. E’ solo un inizio, tuttavia, un primo passo, incoraggiante ma pur sempre primo.
In questi incontri ho potuto illustrare i quattro punti che, a mio avviso, devono caratterizzare l’approccio al tema nella prossima legislatura.
1. Non inventiamo ogni volta da capo la ruota digitale.
E’ vero, siamo indietro su numerosi indicatori, ma non siamo all’anno zero, come molti, per svariati motivi e interessi, politici e non, vogliono far credere.
Ci sono molteplici iniziative avviate in questi anni che devono essere completate e che, se finalmente portate a termine, cambierebbero radicalmente in meglio la situazione. Dal Codice dell’amministrazione digitale ai decreti attuativi del decreto legge del governo uscente, dalla verifica dell’uso dei fondi destinati all’annullamento del divario digitale nel Sud (400 milioni) e nel Centronord (150), all’avvio compiuto della ancora non pienamente operativa agenzia per l’Italia digitale, ai decreti attuativi per la fatturazione elettronica, sono svariate le iniziative che meritano di essere portate a compimento e che cambierebbero la faccia digitale del nostro Paese. Per questo serve che il nuovo governo, anzi il nuovo premier, chiunque esso sia, prenda in mano con decisione la materia e costantemente sproni e stimoli chi sarà delegato a completare le varie partite aperte.
2. Serve una grande alleanza per colmare il divario culturale.
Se è stato confortante avere plurime occasioni di incontro pubblico e di dialogo sul digitale durante questa campagna, è anche vero che, alla fine, ci siamo sempre ritrovati tra i soliti noti. Scontato, certamente, ma emblematico di uno scoglio fondamentale da superare: il divario culturale della classe dirigente del Paese. La politica ha le sue colpe, che sono le più grandi: tuttavia non è che industria e media se la passino meglio. Se a Confindustria digitale togliete l’aggettivo, vedrete che tutte le tematiche che ci stanno a cuore – e lo sono non solo per passione ma per la convinzione che siano un formidabile volano per lo sviluppo sociale ed economico della nostra Italia – svaniscono o quasi. Lo stesso avviene per le altre associazioni di categoria e per i sindacati. Se passiamo ai media, vediamo come normalmente fa notizia il negativo connesso alla Rete e dintorni, mai la spiegazione della positività del digitale nelle sue varie declinazioni. Come uscire da questa situazione? Serve che il nuovo premier si faccia promotore di una grande alleanza con i media e le imprese, per superare insieme questo divario culturale.
Il divario culturale è anche nel Paese: da qui la proposta che il nuovo contratto di servizio vincoli strettamente la RAI a promuovere sulle reti generaliste e tematiche iniziative di alfabetizzazione e di promozione dei temi dell’agenda digitale. Dentro questa azione di superamento del divario culturale la scuola ha ovviamente un ruolo centrale, anche perché i ragazzi possono aiutare nonni e genitori a entrare nell’era digitale. Anche qui, però, in coerenza con quanto detto al primo punto, non siamo all’anno zero. Da oltre dieci anni si lavora in questa direzione. Portiamo a compimento i recenti progetti “Scuola 2.0” avviati negli ultimi cinque anni e faremo un robusto salto in avanti.
3. Perché un viceministro per l’agenda digitale.
Nella nostra proposta di legge Palmieri-Angelino Alfano, la responsabilità della realizzazione dell’Agenda Digitale veniva assegnata direttamente alla Presidenza del Consiglio. Ciò non solo per il motivo pratico di avere un unico punto di stimolo e di regia ma anche per un motivo culturale e simbolico. Il governo Monti ha preferito creare una Agenzia sotto la vigilanza di ben cinque ministeri diversi. Ora spetta all’Agenzia l’attuazione dell’agenda. Tuttavia noi siamo convinti che il premier, come già detto, debba avere un ruolo di forte e costante stimolo. Il ministro della funzione pubblica dovrà portare a compimento la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Per la crescita dell’economia digitale è maturo il tempo di avere un viceministro dedicato, all’interno del ministero dello sviluppo. Questo viceministro deve avere come sua missione lo sviluppo dell’uso di internet da parte delle imprese, specie delle PMI, e diffondere sempre di più la conoscenza e l’uso degli strumenti on line e del commercio elettronico.
4. Trasparenza vo cercando…
La trasparenza è un diritto dei cittadini e un dovere dello Stato. Si tratta anche in questo caso di continuare e portare a compimento quanto cominciato nell’ottobre 2011 con dati.gov.it, il portale italiano degli open data. SI tratta di procedere in questa direzione, tutti i dati tranne quelli sensibili devono essere gratuitamente a disposizione dei cittadini, in formato accessibile e riutilizzabile. Ci vorrà tempo, impegno e investimento culturale e non solo. Vogliamo chiamarlo FOIA? Chiamiamolo pure così. Importante è che si arrivi nell’arco della legislatura all’obiettivo di una trasparenza reale e diffusa, che è un modo per essere più efficienti e importante antidoto contro la corruzione.
In conclusione, dentro questi quattro punti di metodo c’è a mio avviso la rotta per passare dall’agenda alla realtà. Non sarà facile, non sarà indolore, ma senza tutto sarà più difficile e molto più doloroso in questo travagliato tempo che stiamo vivendo. Stiamo tranquilli, tuttavia: il meglio deve ancora venire. Come sempre.