Il commento

Parlare di Agenda digitale è roba vecchia

E’ sbagliato ormai anche solo questo termine: rischia di passare come tema isolato e tecnico. Se vogliamo un’agenda digitale, neghiamone l’esistenza e lottiamo per affermare i temi digitali come assi portanti e qualificanti per l’attuazione delle priorità definite dalle varie coalizioni, che stanno proponendosi in campagna elettorale

Pubblicato il 20 Feb 2013

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

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Agenda digitale è un mantra, il cassetto dentro cui far risiedere quel che ci manca (in velocità, risparmio, efficienza). Ed è pure tranquillizzante sapere che prima (o poi?) verrà. Ma una digitalizzazione trasversale non sarebbe più impegnativa e fruttuosa?

Ho, infatti, l’impressione che più si faccia riferimento alla cosiddetta “Agenda digitale” e più si commetta l’errore di isolare – a mo’ di fatto tecnico – il tema dal resto del dibattito sul futuro dell’Italia. A mio avviso, infatti, uno dei rischi che il dibattito attuale corre è di attribuire al tema digitale un connotato tecnico: quasi come se fosse un qualcosa di diverso rispetto agli argomenti chiave del discorso politico principale, che occupare tutti i giorni le riflessioni dei Partiti (lavoro, produttività, occupazione,…).

In questa prospettiva, dunque, non mi permetto di entrare nella discussione di quali debbano essere le priorità dell’Agenda digitale – molto si è già fatto -, quanto di evidenziare – se possibile a gran voce – che si sta commettendo un errore strategico, che rischia di minare la reale portata della discussione. La rilevanza giocata dalle tecnologie digitali nella società e nell’economia contemporanea è tale da richiedere un “cambio di passo” anche nelle logiche di proposizione del tema all’attenzione dell’opinione pubblica. Ritengo, in altre parole, che sia ormai sbagliato parlare di agenda digitale – andava bene dieci anni fa – e che sia invece necessario integrare gli obiettivi inerenti la digitalizzazione dentro l’agenda dei grandi temi per la competitività futura del Paese. Per essere concreti, un aumento della produttività del lavoro deve passare per una maggiore diffusione delle tecnologie informatiche, il piano delle infrastrutture – da più parti evocato – deve fare riferimento sia a investimenti materiali tradizionali che alla banda larga, la riduzione della spesa pubblica non può essere attuata se non attraverso un ricorso massiccio alla digitalizzazione dei processi interni e dei procedimenti rivolti all’utenza, ecc.

In questo quadro, mi viene da dire che il futuro digitale dell’Italia passa attraverso la capacità di evitare spinte isolazioniste degli irriducibili del digitale – tra i quali mi annovero -. Occorre invece avere il coraggio di affermare la priorità (della digitalizzazione) in tutti i temi al centro del piano di governo. Alcuni potranno dire che non è facile ottenere questo obiettivo; mi permetto di sottolineare che, anche in questo caso, si tratta di comunicare nel modo giusto: credo, a questo proposito, sia fondamentale far parlare i numeri ed evidenziare l’impatto sul PIL giocato dal commercio elettronico e dall’infrastruttura di banda larga, i benefici conseguenti alla digitalizzazione e ai pagamenti elettronici, ecc. Dimostrando, insomma, che non si tratta di fatti/aspetti tecnici quanto di obiettivi fondamentali in grado di rendere credibili e raggiungibili, da soli, le priorità fissate dai partiti per il futuro della società e dell’economia italiana.

Insomma, se vogliamo un’agenda digitale, neghiamone l’esistenza e lottiamo per affermare i temi digitali come assi portanti e qualificanti per l’attuazione delle priorità definite dalle varie coalizioni, che stanno proponendosi in campagna elettorale.

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