Il Governo è forse come mai concentrato in questi giorni a seguire la partita della rete unica tlc, alla luce di una possibile accelerazione di questo dossier per via dell’offerta del fondo Kkr a Tim.
Quest’attenzione è positiva e si sposa con la numerose dichiarazioni del premier Conte, nei mesi del lockdown e anche a luglio, sull’importanza della rete banda ultra larga per l’Italia.
Bene che il Governo lo dica con chiarezza. In passato questa consapevolezza non è stata scontata e anni si sono persi sul piano banda ultra larga, sui bonus fibra internet e pc.
Ma non siamo sicuri sia stato detto abbastanza, quanto è importante la nuova rete per il futuro del Paese. E il suo rilancio dopo il lockdown. Bisogna ripeterlo – dal momento che siamo un Paese dove i cittadini comprendono con molta più facilità quanto sia utile ampliare reti ferroviarie dove vanno solo treni, persone e merci; e un po’ meno il il senso delle reti digitali, dove ci va tutto.
E questo nonostante siano passati quattro anni da un piano banda ultralarga firmato dalla presidenza del Consiglio dove già si leggeva “occorre pensare fin da adesso le infrastrutture su cui costruire il nostro futuro prossimo. In questo scenario, la banda ultralarga sarà l’infrastruttura portante dell’intero sistema economico e sociale. Sarà la risorsa imprescindibile su cui sviluppare la competitività futura del Paese e su cui si misurerà la nostra capacità di rimanere una delle nazioni più avanzate del pianeta”.
A che serve la bul e la fibra
Serve la bul e serve la fibra. La fibra è una precondizione per il 5G, ma anche per realtà immersiva e aumentata, intelligenza artificiale e diagnostica a distanza. Il lockdown l’ha resa ancora più strategica, per il combinato disposto di diverse necessità: rilanciare l’economia grazie alla spinta del digitale; favorire il distanziamento sociale.
E quindi bisogno di applicazioni smart working e cloud, di automazione-robotica connessa nelle aziende. Di Scuola digitale e Sanità digitale. Per esempio, in Sanità la banda ultra larga è condizione di sviluppo del digitale e quindi di riduzione di costi, miglioramento delle cure, nel rispetto del distanziamento sociale. Tre valori preziosissimi in tempo di emergenza sanitaria.
Secondo uno studio di Arthur D. Little appena uscito nel 2019 il settore delle telecomunicazioni europeo ha registrato accordi per circa 60 miliardi di euro. Di questi il 45% riguardava infrastrutture in fibra ma ben 13,5 miliardi di euro (il 23% del totale) erano fibra all’ingrosso, come quella dell’italiana Open Fiber.
Perché la fibra è meglio? Alla fine, dura praticamente in eterno, non ha limiti alla velocità di banda supportata e costa meno da gestire del rame. Sempre secondo lo studio di Arthur D. Little, garantisce un tasso di guasti molto inferiore (tra 2,5 e 15 volte di meno delle reti in rame); i costi di manutenzione sono tra 2,1 e 7,1 volte inferiori con circa un decimo delle centrali; il costo energetico per il funzionamento della rete è tra 2,2 e 6,7 volte inferiore.