l’Italia è caratterizzata da un basso livello di velocità di download nell’accesso a Internet: siamo ultimi nel ranking UE27. Le recenti misure effettuate da Net Index mostrano che la velocità media di download in Italia è di circa 9,5 Mbit/s, un terzo della velocità media dell’Unione Europea pari a 28,7 Mbit/s, mentre le velocità medie di Francia, Inghilterra, Germania e Spagna sono comprese tra 30 e 40 Mbit/s. Ciò è dovuto alla mancanza di reti alternative via cavo (in Italia e in Grecia, l’ultima della classe) e alla conseguente limitata concorrenza nel settore delle reti fisse. Telecom Italia ha iniziato il cablaggio FTTC (Fiber To The Cabinet, fibra all’armadio stradale) con almeno cinque anni di ritardo rispetto ai partner europei sfruttando una regolamentazione nazionale favorevole alla rivendita dei doppini in rame.
l’Italia è poi caratterizzata da un livello molto basso di alfabetizzazione, sia in senso lato (meno laureati di Spagna e Grecia), sia in senso specifico sulla cultura digitale: siamo ultimi nel ranking UE27 nell’uso di Internet. Ambedue questi benchmark sono preoccupanti per l’apertura dell’accesso alla rete e per l’inclusione digitale, essendo quest’ultimo aspetto forse ancora più preoccupante del primo.
Il settore telecomunicazioni italiane è caratterizzato da un calo vertiginoso dei prezzi dei servizi e necessita di forti investimenti per ripartire e consentire la crescita dell’intero Paese.
Gli obiettivi della agenda digitale europea da ottenere nell’anno 2020 sono due. Il primo richiede la copertura del 100% della popolazione con tecnologia FTTC a 30 Mbit/s. Gli operatori hanno lanciato piani di cablaggio FTTC nelle aree competitive del Paese con obiettivo di copertura fino al 70% della popolazione. Il piano del governo prevede dei contributi a fondo perduto da investire nelle aree bianche e grigie del paese per portare la banda ultralarga FTTC a 30 Mbit/s ovunque.
Il secondo obiettivo dell’agenda è molto più sfidante: si richiede che al 2020 ci siano abbonamenti a tecnologie a 100 Mbit/s per il 50% della popolazione italiana, e cioè 12 milioni di abbonamenti (ci sono circa 24 milioni di famiglie nel nostro Paese). I 100 Mbit/s possono essere ottenuti in due modi, con tecnologia FTTC e tecniche di vectoring (che comunque dovranno consentire la competizione tra operatori) se i doppini in rame sono corti (meno di 250 metri), oppure con tecnologie FTTB/FTTH (Fiber To The Building/Home, fibra all’edificio, alla casa) . Si stima che in media fino al 50% degli abbonamenti FTTC possa essere upgraded a 100 Mbit/s: con l’FTTC si potranno raggiungere al massimo 3 milioni di abbonati a 100 Mbit/s nel 2020. Il governo lancia quindi un piano di incentivazioni (incentivi fiscali e incentivi alla domanda) per dispiegare la fibra ottica nelle aree competitive e aumentare in modo significativo gli abbonamenti a 100 Mbit/s nel 2020 e negli anni seguenti.
Ma gli italiani sono poco propensi a spendere di più per avere connessioni internet più veloci. Ci si chiede: è davvero una priorità spendere 6 miliardi di euro per navigare a 100 Mbit/s?
La mia risposta è: assolutamente sì. Si tratta di un aspetto fondamentale per la crescita dell’intero Paese. Internet è bella perché qualunque sia la dimensione della banda c’è sempre qualcuno che la riempie con nuovi servizi. Pensiamo per esempio al successo che negli Stati Uniti sta avendo Netflix che attraverso un servizio di streaming online on demand consente l’acquisto di film o serie televisive. Per funzionare bene questo tipo di servizio necessita di almeno 20 Mbit/s.
Ma la televisione a 4K oppure la televisione del futuro a 8K (che richiede 80 Mbit/s di download) sono soltanto due delle numerose applicazioni che chiederanno bande di download e di upload dell’ordine di molte centinaia di Mbit/s, si pensi soltanto alla realtà virtuale o aumentata e alle sue numerose applicazioni: la simulazione via computer di ambienti e scenari di gioco, di intrattenimento e di business, richiede bande ben più elevate di quelle tv. Google ha incominciato a sviluppare alcune di queste applicazioni che richiedono bande di trasmissione molto elevate tra macchine (server e pc): si pensi a Google earth o alla visita ai siti archeologici.
Il bello di internet è che più banda viene offerta agli accessi e più applicazioni innovative vengono ideate, sviluppate e messe sul mercato. Si osservi quanto è successo finora e altrettanto avverrà nel futuro.
Comunque, i contenuti televisivi costituiscono l’applicazione più attraente per lo sviluppo del mercato a larga banda italiano e serviranno per maturare e stimolare la domanda di banda larga. Penso ad esempio ad applicazioni pervasive sul nostro territorio nazionale, non solo per l’intrattenimento, ma anche per la didattica scolastica e per gli ausili all’alfabetizzazione informatica.
Come ho accennato, negli altri paesi europei la disponibilità di reti ultra broadband di tipo FTTC e FTTH ormai ha raggiunto elevate coperture territoriali (superiori al 50-60%) sia tramite la rete telefonica che tramite quella in cavo, con conseguente possibilità di connessioni ultra veloci per le applicazioni di intrattenimento e di business. Nei Paesi dove esiste una rete a larga banda di elevate prestazioni (USA, Corea, Giappone, Cina, Svizzera, …) l’uso di Internet per applicazioni di affari, da scaricare un certificato, all’Internet banking e all’e-commerce, diventa sempre più intenso e sviluppa sempre di più benessere per il Paese che l’ospita.
I rischi che vedo sono di due tipi. Il più pericoloso è relativo alla “offerta di reti” e consiste nell’illudersi che essere ultimi nel ranking della DAE Scoreboard 2015 non abbia alcun impatto sul benessere del Paese in termini di possibilità di sviluppo e di crescita. Nei paesi avanzati (USA, Inghilterra, Corea, ecc.) si parla già di obiettivi 2025 della Digital Agenda per coperture e abbonamenti a 1 Gbit/s per accesso. Il rischio è quello di prolungare la nostra posizione di “laggard” in classifica europea per i prossimi dieci anni.
C’è però un altro rischio, che è altrettanto pericoloso, ed è relativo alla domanda. In Italia mancano le condizioni di mercato che giustificano i costosi investimenti infrastrutturali necessari per sviluppare reti ulta broadband a prova di futuro, e cioè le reti di accesso tutte ottiche, del tipo FTTH. Nel settore TLC c’è stato un vertiginoso calo dei prezzi dei servizi ed oggi non sono tante le persone disposte a pagare un extra prezzo per avere velocità di connessione più elevate. Senza un intervento del governo, ovvero senza correttivi al mercato, con adeguati incentivi agli operatori, c’è il rischio concreto che in Italia la tecnologia FTTH ritardi molto rispetto a quanto accade negli altri paesi europei (Olanda, Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, ecc.).