La seconda uscita ufficiale di Diego Piacentini si colloca in un momento particolare della vita politica del Paese. Ma questo, paradossalmente, gli conferisce maggiore rilevanza. Inoltre, dà un messaggio chiaro a chi prevedeva una immediata “abdicazione” da parte sua e del suo team.
Piena e assoluta condivisione delle linee progettuali presentate. D’altra parte il documento dipinge un quadro non molto dissimile da quello che si andava delineando da circa un anno, come chiaramente esplicitato dallo stesso commissario. E ne sono contento, in quanto reputo che la direzione che stava prendendo il progetto strategico di digitalizzazione della PA fosse quello giusto. Le categorie che sono più richiamate – centralità del cittadino, sistema informativo della PA, API Economy, interoperabilità, standardizzazione, open data, semplificazione normativa, project management – sono esattamente quelle che – anche grazie al contributo dei più attenti protagonisti dell’innovazione digitale – erano state messe al centro dell’attenzione almeno da quando Renzi è salito al governo e l’AgID ha assunto la sua attuale nuova guida.
Il riferimento al “bicchiere mezzo pieno” e ad “ascoltare gli altri musicisti” è poi un segnale estremamente incoraggiante e lascia ben sperare. Un dialogo fra talenti (esterni e interni alla PA) è quanto mai necessario. Occorre umilmente riconoscere che in questi ultimi 10-15 anni, in Italia, si è fatto molto meno di quanto non si sarebbe potuto e dovuto fare e la principale ragione è da imputare alla mancanza di una regia complessiva, che supporti con regole, linee guida, strumenti ed incentivi la digitalizzazione della nostra Pubblica Amministrazione.
Ecco perché penso che ciò di cui abbiamo più bisogno sia un regista forte, con il giusto supporto politico. Un regista che condivida il “canovaccio” con tutti gli attori. E che grazie a questo li sappia far recitare al meglio moltiplicando per 100 l’efficacia delle sue azioni. Quello di cui invece non avremmo bisogno è di un “capo” arrogante (non rispettoso di quanto di buono è stato fatto fino ad ora) e banalizzante (incurante delle complessità organizzative che caratterizzando il settore della PA). Fortunatamente, di questo atteggiamento non c’è traccia nel documento. Le parole usate sono molto più vicine a quelle di un allenatore che può fare qualche acquisto ma che – di base – deve vincere con le risorse che ha già in squadra.
In questo scenario confermo a Piacentini la piena disponibilità della nostra capacità di analisi e ricerca e della nostra conoscenza dell’ecosistema dell’innovazione digitale in Italia, sia nel mondo privato che nella PA. E gli ribadisco un “in bocca al lupo” e un incoraggiamento per un lavoro tutt’altro che semplice. Ma forse anche per questo affascinante.