Il piano Stato-Regioni approvato nel 2016 (sottoscritto tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Conferenza delle Regioni) ha dato avvio all’intervento per la banda ultra larga nelle aree bianche.
Oltre tre miliardi di euro destinati ad un obiettivo Paese che ha trovato come elemento fondamentale la collaborazione tra Regioni e Governo per la predisposizione dei bandi necessari a trovare un soggetto realizzatore e gestore della rete neutrale da creare e far utilizzare agli operatori.
Questa operazione, con un ritardo cumulato di almeno nove mesi, è comunque oggi quanto di più “strutturale” ed avanzato che c’è nel contesto europeo e probabilmente rimarrà come una degli interventi infrastrutturali per il Paese più significativo in termini di territorio interessato e unità abitative coinvolte.
I problemi del piano banda ultra larga
- Ci sono problemi da risolvere per la rendicontazione dei fondi, aver puntato sull’utilizzo combinato di fondi strutturali ha prodotto complessità rilevanti che devono essere ancora completamente risolte.
- Ci sono difficoltà da affrontare e risolvere rispetto agli accordi e impegni presi con la Commissione Europea, in termini di performance di spesa e di risultato.
- Ci sono problemi di permessi ai lavori che devono essere gestiti con tempi più stretti e vincoli meno stringenti (come previsto dalla norma). Anche con tutti queste criticità l’operazione resta ad elevatissimo valore aggiunto per il Paese.
L’unico vero rischio che si affaccia e che potrebbe essere risolto con un intervento e una decisione del Comitato Banda Ultra Larga è quello legato agli interventi che saranno necessari nelle aree così dette grigie, quelle in cui un operatore di mercato offre (o offrirà) servizi a banda ultra larga ad almeno 30 mega.
In queste zone, perlopiù collocate nell’intorno dei grandi centri o rappresentate dalle cittadine di medie dimensioni, sono localizzate numerose e significative aree produttive ed un numero rilevante di unità abitative che non possono essere condannate a navigare a banda ultra larga “stretta”.
La sfida della fase due del piano banda ultra larga
E’ quindi necessario intervenire in queste aree investendo risorse pubbliche per forzare un “upgrade” dell’offerta di banda ultra larga che deve essere nella stragrande maggioranza dei casi oltre i 100 mega, fino a 1 Gigabit e più (fibra ottica nelle case).
E’ questa la decisione su cui serve nuovamente una comunione di intenti tra Regioni e Governo a cui credo andrebbero accompagnate azioni di incentivo alla domanda di servizi di “gigabit society” che devono essere vere esperienze di uso della BUL facili da sperimentare per cittadini ed imprese, dimostrazioni tangibili del potere della BUL.
FIBRA OTTICA NELLE CASE, LA FASE DUE DEL PIANO BANDA ULTRA LARGA
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