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Piano BUL: gestione e prospettive sotto la lente della Corte dei conti



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La Corte dei conti ha analizzato il Piano Banda Ultralarga (BUL), evidenziando ritardi e ricalibrazioni degli obiettivi iniziali. Con una dotazione di circa 3 miliardi di euro, il piano mira a estendere la copertura internet ad alta velocità, affrontando sfide come l’aumento dei costi e la scarsità di manodopera. Raccomanda un monitoraggio accurato e azioni correttive

Pubblicato il 16 apr 2024



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Mentre si aspetta il completamento del Piano pubblico sull’infrastrutturazione a banda ultralarga nelle aree bianche avviato nel 2017 (cosiddetto Piano “BUL”), previsto per il 2020 (nella sua componente principale), atteso entro il 2024, ma probabilmente esteso al 2025, la Corte dei conti si è espressa a febbraio sulla gestione complessiva del progetto.

Il perimetro della valutazione e la profondità dell’analisi sono un’occasione unica per ricostruire, sulla base dei dati messi a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), il dettaglio su quanto è accaduto e quali sono le prospettive future.

Il perimetro della valutazione

La valutazione è stata incentrata su una serie piuttosto ampia di tematiche:

(i) obiettivi qualitativi, quantitativi e temporali del Piano, anche in ragione delle modifiche intervenute negli anni;

(ii) dotazione finanziaria e fonti di finanziamento;

(iii) governance adottata per l’attuazione del progetto;

(iv) Piano finanziario, distinto per annualità e tipologia di finanziamento, ivi comprese eventuali rimodulazioni;

(v) cronoprogramma delle attività, eventuali modifiche apportate e motivazioni sottostanti;

(vi) stato di avanzamento del Piano, ritardi registrati e ammontare delle penali comminate;

(vii) impatto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e della scarsità della manodopera specializzata sulla realizzazione dell’investimento;

(viii) meccanismi di recupero di eventuali extraprofitti (c.d. claw-back) tesi a evitare un’eventuale sovra-compensazione dell’operatore selezionato;

(ix) criticità di sistema emerse, anche ai fini della completa realizzazione del Piano entro i termini convenuti.

La difficoltà di definizione degli obiettivi

La finalità strategica dell’intervento era molto chiara e ambiziosa: “garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea entro il 2020, coprendo fino all’85% della popolazione con servizi di connettività ad almeno 100 Mbit/s e la restante parte con almeno 30 Mbit/s”. La sua attuazione ha però comportato una rimodulazione, prima in diminuzione e poi in aumento dei target progettuali, con una parziale revisione degli obiettivi qualitativi, quantitativi e temporali.

Il quadro, a questo punto definitivo, ricostruito dal MIMIT, stabilisce che i comuni interessati dagli interventi sono 7.413, le unità immobiliari sono pari a circa 8,4 milioni (rispetto all’obiettivo iniziale di 9,6 milioni), di cui circa 6,3 milioni per infrastrutture FTTH (75% del totale) e circa 2,1 milioni per quelle FWA (25%). Inoltre, è prevista la copertura di circa 30 mila sedi della Pubblica Amministrazione, nonché delle aree industriali.

Rispetto al progetto iniziale del Concessionario (Open Fiber), si è ridotta sensibilmente la quota FTTH (Fiber To The Home) a favore di quella FWA (Fixed Wireless Access). Di fatto, la quota di copertura FTTH presenta i valori superiori all’80% per Lombardia (91%), Molise (90%), Abruzzo (89%), Prov. Trento (83%) e il Veneto (81%). L’incidenza maggiore dell’FWA è invece superiore al 30% in Campania (47%), Calabria (46%), Sardegna (41%), Puglia (37%) e Piemonte (31%).

L’orizzonte temporale per il completamento del Piano viene riportato essere settembre 2024 (sulla base della pianificazione presentata a gennaio 2023), ma alcuni dei protagonisti hanno successivamente espresso qualche perplessità su tale data, che potrebbe slittare al 2025. Tra le principali difficoltà incontrate in fase di progettazione vi è l’annoso problema dell’identificazione delle unità immobiliari e della corretta ubicazione di quelle dichiarate coperte dagli operatori, ma di fatto anche dell’assenza di un’anagrafica centralizzata delle unità immobiliari.

La Corte dei conti conclude enfatizzando la necessità di “porre in essere tutte le iniziative necessarie, anche in concertazione con le altre Istituzioni competenti”.

Dotazioni, governance e monitoraggio

I dati sulle risorse finanziarie disponibili e impegnate sono quelle riportate mensilmente nel report di avanzamento pubblicato anche sul sito del MIMIT (www.bandaultralarga.italia.it). Sono state utilizzate tre tipologie di fondi di origine comunitaria, nazionale e regionale (FESR, FEASR, FSC), nonché ulteriori risorse. In sintesi, la dotazione finanziaria complessiva del Piano è stata pari a circa 3 miliardi di euro. Come noto, a fronte di un valore messo a gara di 2,8 miliardi di euro, l’aggiudicazione è avvenuta per 1,6 miliardi, con un ribasso rilevante e pari al 43%. In Toscana e nel Veneto, i ribassi sono stati pari, rispettivamente, all’82% e al 64%.

La governance è sicuramente stato uno degli aspetti delicati del progetto, visto che sono coinvolti una pluralità di soggetti, anche per effetto della molteplicità di fonti presenti. Come noto, il soggetto “beneficiario” è il MIMIT che interviene attraverso un soggetto “attuatore”, la sua società di scopo Infratel Italia, con un terzo soggetto chiave, il “Concessionario”, che realizza e gestisce l’infrastruttura di proprietà dello Stato. Il presidio strategico del Piano è in capo al Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale (CITD), che svolge compiti di coordinamento e monitoraggio dell’attuazione delle iniziative relative alla strategia BUL. La natura stessa del Piano ha richiesto, infine, la definizione di accordi-quadro e di convenzioni operative con le singole Regioni.

La sincronizzazione tra il monitoraggio annuale e l’orizzonte programmatico e il raccordo con la pianificazione finanziaria complessiva è un ulteriore punto di attenzione sollevato dal Magistrato istruttore. La Corte dei conti ribadisce nelle sue conclusioni la necessità di rafforzare il collegamento tra la programmazione complessiva delle attività e quella finanziaria.

Avanzamento a fine 2023

Un dato estremamente interessante che emerge dall’istruttoria è relativo all’allungamento delle tempistiche nelle cinque fasi operative principali: (i) la progettazione definitiva; ii) la progettazione esecutiva; (iii) l’esecuzione dei lavori; (iv) il collaudo; (v) l’avvio dei servizi.

Al di là degli atti integrativi e aggiuntivi che è stato necessario approvare, risultano particolarmente rilevanti le differenze tra i tempi stimati e quelli effetti nella fase di progettazione definitiva, ma anche progettazione esecutiva. Nel primo caso, i tempi sono stati di 9 volte superiori a quelli preventivati, mentre nel secondo la dilatazione dei tempi è stata di 5 volte. Ad onore del verso, le cose sono sensibilmente migliorate nella terza gara, che ha però un impatto piuttosto contenuto sul piano complessivo.

Anche se mancano un numero relativamente limitato di progetti, al 31 dicembre 2023 non risultano ancora completati tutti i passaggi della fase di progettazione.

Per le infrastrutture FTTH, le regioni con una percentuale di progetti esecutivi approvati su quelli previsti superiore al 90% (la media è dell’82,4%) sono: Prov. Trento (97,4%); Emilia-Romagna (93,6%); Marche (92,6%); Friuli-Venezia-Giulia (91,6%) e Sardegna (91,1%). Per quanto riguarda invece l’FWA, la soglia dell’80% (con una media del 69,7%) viene superata da: Valle d’Aosta (85,7%); Sardegna (85,1%) e Puglia (82,2%).

In sintesi, a fine 2023 risultano coperte in FTTH circa 3,4 milioni di unità immobiliari (il 54% del totale) e 18.616 sedi della PA e aree industriali (62% del target). In coda alla classifica ci sono regioni come la Liguria (avanzamento al 25%), ma anche Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna e Valle d’Aosta non superano il 50%. La situazione è ancora più critica per l’FWA, con circa 410 mila unità immobiliari coperte (20% del target).

Le regioni più vicine alla meta sono, per l’FTTH, la Sicilia (88%), il Friuli-Venezia Giulia (85%) e la Campania (82%), mentre per l’FWA la situazione il ritardo è generalizzato, con l’eccezione della Sicilia (87%) e della Campania (50%).

A questi dati vanno comunque aggiunti le unità immobiliari in fase di collaudo (oltre 437 mila unità, pari al 7%) e quelle in lavorazione, pari a oltre 2,2 milioni (il 36% del totale).

La difficoltà di passare dal completamento delle opere all’effettivo utilizzo da parte dei clienti finale è sfortunatamente ampiamente nota e la relazione della Corte dei conti ricorda come, a fine, 2023 sono stati attivati i servizi in meno di 241 mila unità immobiliari rispetto a oltre 390 mila ordini ricevuti (61,7%, con ulteriori 10,7% di ordini in lavorazione). In oltre un quarto dei casi, non è stato possibile attivare il servizio (27,6%), un numero sicuramente ancora troppo alto e preoccupante. Le ragioni del mancato avvio vengono ricondotte, in particolare, a rifiuti dei clienti (successivi all’ordine) e alla bassa qualità della toponomastica (indirizzi senza civico).

La Corte dei conti affronta anche il tema delle penali, che ha fine 2023 hanno raggiunto quasi 55 milioni di euro e vengono analizzate in grande dettaglio. Il 43% delle penali scaturisce dalla fase di progettazione esecutiva, il 32% dalla progettazione definitiva e il 25% dal collaudo.

Da notare come le criticità siano state rilevate sia nei tempi di consegna rispetto al cronoprogramma di gara che nei tempi di adeguamento dei progetti ai rilievi di Infratel. Esiste, inoltre, un’ulteriore tipologia di penale, relativa al ritardo tra la data di completamento dell’ultimo dei comuni e il termine previsto dal cronoprogramma di offerta (36 mesi dalla stipula della convenzione), ma ad oggi “non è stato ancora possibile determinare e contestare questa tipologia di penale”.

Riguardo all’effetto delle penali, la Corte dei conti rileva come per alcuni lotti i margini di “enforcement appaiono limitati in quanto il livello raggiunto è molto vicino al valore massimo previsto dal bando (10% dell’importo aggiudicato), come ad esempio nel caso della Toscana (9,4%).

Nella relazione non viene riportata la posizione del Concessionario e le sue controdeduzioni, anche se viene ricordato come vi siano state delle criticità legate alla pandemia, alla disponibilità di manodopera, alle dinamiche inflattive e, non meno importante, alla difficoltà di ottenere i permessi “nonostante vari decreti che hanno via via semplificato gli iter autorizzativi, decreti non sempre recepiti dagli Enti locali”. In particolare, nel primo semestre del 2020 si è riscontrato un aumento dei prezzi dell’ordine dell’11,8% medio.

Le conclusioni della Corte dei conti

La sintesi finale della Corte dei conti ribadisce la criticità nella programmazione finanziaria e delle attività, che rimane uno snodo fondamentale visto il forte ritardo accumulato. L’aggiornamento continuo dell’avanzamento delle diverse fasi del progetto deve portare alla tempestiva individuazione degli scostamenti e la messa in campo di azioni correttive, tenendo sempre a riferimento lo sviluppo complessivo del progetto.

La conclusione è da buon padre di famiglia e “ove la scadenza finale attualmente in essere non possa più essere considerata coerente con il progresso delle opere, andranno definiti i necessari interventi correttivi e adottato un nuovo puntuale cronoprogramma” […], con il richiamo conclusivo “all’importanza di avviare ogni iniziativa necessaria ad affrontare il profilo in discorso, anche in coordinamento con altri enti competenti, nazionali o territoriali”.

Arrivederci nel 2025.

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