L’analisi

PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità



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Il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ammonta complessivamente a 235,12 miliardi di euro, dopo l’approvazione della Commissione Europea e dell’Ecofin nel 2023, in arrivo 21,4 miliardi di euro aggiuntivi, di cui 2,9 miliardi per il RepowerEu

Aggiornato il 11 dic 2023

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



PNRR
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Il PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza, rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme il cui scopo è quello di riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni.

L’Italia è la prima beneficiaria in Europa dei due strumenti del piano NextGeneration UE: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Il Presidente Mario Draghi ha confermato che l’Italia intende utilizzare appieno la disponibilità di finanziamenti tramite i prestiti della RRF stimata in 122,6 miliardi.

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Alle risorse vere e proprie del PNRR si assommano quelle del React EU, pari a 13 miliardi e quelle del Fondo Complementare paria 30,62 miliardi. Complessivamente 235,12 miliardi di euro. La prima missione, “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”, stanzia 49,86 miliardi – di cui 40,32 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,74 miliardi dal Fondo.

La revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano ha ricevuto in seguito l’approvazione finale da parte del Consiglio degli Affari Economici e Finanziari (ECOFIN) dell’Unione Europea. Questa decisione segue il parere positivo precedentemente espresso dalla Commissione Europea e porta a 21,4 miliardi di euro in aggiunta.

PNRR 2023-2024: cosa cambia con il “nuovo” piano

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dell’Italia si arricchisce di una nuova dimensione con l’introduzione del capitolo REPowerEU, portando il numero totale delle Missioni da 6 a 7. Questo cambiamento rappresenta un passo significativo verso la modernizzazione e l’adeguamento del Paese ai nuovi standard europei in materia di energia e ambiente.

In particolare, il PNRR ora prevede un incremento delle riforme, che passano da 59 a 66. Tra queste, 7 nuove riforme sono state aggiunte, con 5 di esse specificamente legate al capitolo REPowerEU. Queste includono misure cruciali come il riordino degli incentivi alle imprese per promuovere strumenti più semplici ed efficaci, un nuovo approccio orientato ai risultati per le politiche di sviluppo e coesione, e la creazione di un testo unico per le procedure relative alle energie rinnovabili, mirato a razionalizzare e semplificare il quadro normativo esistente.

Altre misure rilevanti includono la riqualificazione dei lavoratori, sia pubblici che privati, per rafforzare le competenze nel campo dell’efficientamento energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili; la riforma dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) a partire dal 2026; misure per ridurre i costi di connessione alle reti del gas per gli impianti di biometano; e strumenti per aiutare le imprese a ridurre il rischio finanziario legato all’acquisto di energia da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda gli investimenti, il nuovo Piano prevede il finanziamento di nuove misure, un incremento delle risorse destinate ad altre iniziative, la riprogrammazione di alcuni interventi e l’utilizzo delle economie maturate. Questi aggiornamenti riflettono un impegno crescente verso una transizione energetica sostenibile e un’economia più resiliente, allineandosi agli obiettivi più ampi dell’Unione Europea.

Le risorse

Con l’approvazione delle modifiche proposte, il totale delle risorse europee allocate al PNRR italiano ha visto un aumento da 191,6 miliardi di euro a 194,4 miliardi di euro. Questo aumento è principalmente dovuto all’aggiunta di 2,8 miliardi di euro in contributi a fondo perduto (grants) destinati all’Italia, specificamente per il finanziamento del capitolo REPowerEU. Di conseguenza, il totale delle sovvenzioni concesse all’Italia è cresciuto da 69 a 71,8 miliardi di euro. L’importo dei prestiti (loans) destinati all’Italia rimane invariato a 122,6 miliardi di euro, la parte di contributi a fondo perduto destinati all’Italia era stata precedentemente aggiornata da 68,9 a 69 miliardi di euro. Questo aggiornamento era stato effettuato a giugno 2022, in seguito a un’analisi dei dati Eurostat relativi all’andamento del PIL reale italiano nel 2020 e nel 2021, che aveva rivelato risultati peggiori rispetto alle previsioni iniziali del luglio 2021. Fino a ora, l’Italia ha ricevuto 85,4 miliardi di euro di fondi del Dispositivo di ripresa e resilienza, suddivisi in 24,9 miliardi di pre-finanziamento e 60,5 miliardi corrispondenti alle prime tre rate, legate al raggiungimento di specifici traguardi e obiettivi. Di questi fondi, 46,4 miliardi sono stati erogati sotto forma di prestiti e 39 miliardi come sovvenzioni a fondo perduto.

I settori interessati

Con 145 misure nuove o modificate, il piano si focalizza su settori chiave quali la giustizia, gli appalti pubblici e la concorrenza, mirando a potenziare la resilienza e la competitività dell’Italia nel contesto europeo e globale.

Sotto la lente della Commissione Europea, il PNRR riveduto destina una quota significativa, pari al 39,5%, dei fondi europei agli obiettivi climatici. Questo rappresenta un incremento rispetto al 37,5% previsto dal piano originario, e si deve in gran parte alle nuove riforme e agli investimenti potenziati inclusi nel Capitolo REPowerEU, focalizzati sulla transizione verde.

Per quanto riguarda la transizione digitale, il Piano rivisitato prevede investimenti innovativi nel campo delle tecnologie, del sostegno alle startup e della ricerca e sviluppo, assegnando a questi obiettivi il 25,6% delle risorse totali, un lieve aumento rispetto al 25,1% del piano originale. Questi investimenti si concentrano su aree come la connettività, la digitalizzazione della pubblica amministrazione e lo sviluppo delle competenze digitali.

Le principali misure di investimento che riguardano le imprese

Un impegno di 12,4 miliardi di euro è previsto per le imprese, con un focus specifico sulle tecnologie avanzate e sostenibili.

· Transizione 5.0: Con 6,3 miliardi di euro tramite il credito d’imposta, questa iniziativa mira a sostenere la transizione verde e digitale delle imprese, enfatizzando l’importanza dei beni digitali, dell’autoproduzione energetica e della formazione del personale.

· Supporto alle PMI per l’Energia Rinnovabile: Con 320 milioni di euro, si prevede di incentivare investimenti superiori ai 600 milioni di euro, promuovendo l’acquisto di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile da parte delle PMI.

· Transizione Ecologica e Tecnologie Net Zero: Con un investimento di 2,5 miliardi di euro, si punta a supportare lo sviluppo di filiere strategiche orientate verso un’economia a zero emissioni, migliorando l’efficienza energetica e la sostenibilità dei processi produttivi.

· Contratti di Filiera: Un finanziamento di 2 miliardi di euro è destinato ai contratti di filiera in settori chiave come l’agroalimentare, la pesca, l’acquacoltura, la silvicoltura, la floricoltura e il vivaismo.

· Parco Agrisolare: Un investimento di 850 milioni di euro è previsto per sostenere le aziende agricole e di allevamento nella realizzazione di pannelli fotovoltaici, sistemi intelligenti di gestione dei consumi elettrici ed accumulatori, oltre a incentivare la realizzazione di tetti energetici.

· Fondo Tematico BEI per il Turismo: 308 milioni di euro aggiuntivi sono stanziati per rafforzare strutturalmente e aumentare la competitività del settore turistico.

Ricostruzione dell’Emilia-Romagna, Toscana e Marche

1,2 miliardi di euro per i territori colpiti dagli eventi alluvionali del 2023, per la difesa idraulica, il ripristino della viabilità delle infrastrutture stradali, del patrimonio edilizio residenziale pubblico e delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche, delle scuole e delle infrastrutture sportive.

Reti e infrastrutture (5,2 miliardi di euro)

Ecco un dettaglio degli investimenti previsti:

· Investimenti nelle Reti Energetiche e per il Gas (1,8 miliardi di euro):

· 450 milioni per il rafforzamento delle Smart Grid.

· 500 milioni per il Tyrrhenian link-est.

· 200 milioni per il collegamento Sardegna-Corsica-Italia.

· 60 milioni per progetti di interconnessione elettrica transfrontaliera tra Italia, Slovenia e Austria.

· 63,2 milioni per incrementare la resilienza climatica delle reti elettriche.

· 140 milioni per la digitalizzazione della rete di trasmissione nazionale.

· 375 milioni per la realizzazione della linea adriatica del gas Fase 1.

· 45 milioni per il potenziamento Export Fase 1.

· Riduzione Perdite e Dispersione Idrica (1,024 miliardi di euro): finanziamenti per la digitalizzazione delle reti idriche e la sostituzione delle condotte per ridurre le perdite idriche.

· Acquisto Nuovi Treni a Emissioni Ridotte (1,165 miliardi di euro): investimenti per l’acquisto di nuovi treni, destinati a migliorare l’efficienza e la qualità del servizio di trasporto pubblico a livello nazionale e regionale.

· Elettrificazione delle Banchine Portuali (400 milioni di euro): finanziamenti per l’implementazione del Cold Ironing nei porti italiani.

· Interventi di Sicurezza per Edifici Scolastici (921 milioni di euro aggiuntivi): misure per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la realizzazione di nuove strutture educative e l’estensione del tempo pieno.

Famiglie

· Un fondo di 1,381 miliardi di euro è stato istituito per supportare famiglie a basso reddito e giovani. Questo fondo è destinato all’efficientamento energetico degli immobili di edilizia abitativa pubblica e per i condomini, superando le criticità del superbonus.

Giovani (718 milioni di euro)

· 238 milioni di euro aggiuntivi per lo student housing, con l’obiettivo di creare 60.000 nuovi posti letto per studenti universitari entro giugno 2026.

· 308 milioni di euro aggiuntivi per finanziare borse di studio universitarie.

· 100 milioni di euro aggiuntivi per sostenere le startup che promuovono la transizione digitale, con focus su intelligenza artificiale, cloud, assistenza sanitaria, industria 4.0, cybersicurezza, fintech, blockchain e altri settori.

· 72 milioni di euro aggiuntivi per l’attivazione di corsi di dottorato triennali innovativi in ambiti come la pubblica amministrazione e il patrimonio culturale, oltre all’aumento del numero di dottorati generici.

· Rafforzamento del servizio civile universale entro dicembre 2024, con l’obiettivo di aumentare i posti disponibili e una riserva del 15% nei concorsi pubblici per i giovani che hanno concluso il servizio.

Lavoro

Un significativo incremento di 1 miliardo di euro è stato stanziato per la Riforma GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori). Questo investimento ha l’obiettivo di facilitare l’accesso al mercato del lavoro e di ridurre il disallineamento tra la domanda e l’offerta di competenze professionali, noto come skill mismatch.

Salute:

· Un investimento di 750 milioni di euro è destinato a potenziare l’Assistenza Domiciliare Integrata e la telemedicina. Queste risorse saranno fondamentali per rafforzare un approccio più territoriale e innovativo nell’ambito della riforma sanitaria prevista dal PNRR.

· La Missione 6 del PNRR è stata inoltre potenziata con misure finalizzate ad ampliare la dotazione di grandi apparecchiature mediche sia nelle strutture ospedaliere che in quelle della medicina territoriale.

PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza, dalla genesi alla revisione

Il 12 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri approvava l’ultima versione del Piano Nazionale di ripresa e resilienza da inviare a Camera e Senato per le loro valutazioni. Il Parlamento ha svolto un approfondito esame, approvando le proprie conclusioni il 31 marzo 2021.

Nel mese di aprile 2021, il piano è stato discusso con gli enti territoriali, le forze politiche e le parti sociali Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è lo strumento che dovrà dare attuazione, in Italia, al programma Next Generation EU. L’azione di rilancio del Piano è guidata dagli obiettivi di policy e interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo:

  • digitalizzazione e innovazione,
  • transizione ecologica,
  • inclusione sociale.

Il Piano si articola in sedici Componenti, le quali sono raggruppate in sei Missioni.

  1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: è costituita da 3 componenti e si pone come obiettivo la modernizzazione digitale delle infrastrutture di comunicazione del Paese, nella Pubblica Amministrazione e nel suo sistema produttivo. Una componente è dedicata ai settori che più caratterizzano l’Italia e ne definiscono l’immagine nel mondo: il turismo e la cultura. 49,86 miliardi – di cui 40,32 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, 8,74 miliardi dal Fondo complementare e 0,80 dal React EU.
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica: si struttura in 4 componenti ed è volta a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiana coerentemente con il Green Deal europeo: 69,94 miliardi – di cui 59,47 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, 9,16 miliardi dal Fondo complementare e 1,31 dal React EU.
  3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile: è articolata in 2 componenti e si pone l’obiettivo di rafforzare ed estendere l’alta velocità ferroviaria nazionale e potenziare la rete ferroviaria regionale, con una particolare attenzione al Mezzogiorno: 31,46 miliardi– di cui 25,40 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 6,06 miliardi dal Fondo complementare.
  4. Istruzione e ricerca: pone al centro i giovani ed affronta uno dei temi strutturali più importanti per rilanciare la crescita potenziale, la produttività, l’inclusione sociale e la capacità di adattamento alle sfide tecnologiche e ambientali del futuro: 33,81 miliardi di cui 30,88 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, 1 miliardo dal Fondo complementare e 1,93 miliardi dal React EU.
  5. Inclusione e coesione: è suddivisa in 3 componenti e comprende una revisione strutturale delle politiche attive del lavoro, un rafforzamento dei centri per l’impiego e la loro integrazione con i servizi sociali e con la rete degli operatori privati: 29,83 miliardi di cui 19,81 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, 2,77 miliardi dal Fondo complementare e 7,25 miliardi dal React EU.
  6. Salute si articola in 2 componenti ed è focalizzata su due obiettivi: il rafforzamento della rete territoriale e l’ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con il rafforzamento del Fascicolo Sanitario Elettronico e lo sviluppo della telemedicina: 20,23 miliardi di cui 15,63 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, 2,89 miliardo dal Fondo complementare e 1,71 miliardi dal React EU

Le risorse a disposizione

Il Governo ha richiesto il massimo delle risorse RRF, pari a 191,5 miliardi di euro, divise in 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Il primo 70 per cento delle sovvenzioni è già fissato dalla versione ufficiale del Regolamento RRF, mentre la rimanente parte verrà definitivamente determinata entro il 30 giugno 2022 in base all’andamento del PIL degli Stati membri registrato nel 2020-2021 secondo le statistiche ufficiali. L’ammontare dei prestiti RRF all’Italia è stato stimato in base al limite massimo del 6,8 per cento del reddito nazionale lordo d’accordo con la task force della Commissione.

PNRR

Le risorse del Fondo complementare

Alle risorse del Piano NetGen UE si aggiungono quelle del Fondo complementare, risorse che il Governo stanzia per i progetti che non vengono coperti dai fondi europei. Il 27 aprile è stata pubblicata dal Governo la tabella con la ripartizione dei fondi per ogni ambito di destinazione.

PNRR - Fondo complementare

PNRR - Fondo complementare

L’iter di approvazione e l’arrivo dei primi fondi

Il 30 aprile 2021, il PNRR dell’Italia è stato ufficialmente trasmesso alla Commissione europea.

Il 22 giugno 2021 la Commissione europea ha fornito una valutazione positiva del PNRR italiano pubblicando la proposta di decisione di esecuzione del Consiglio. La proposta è accompagnata da una dettagliata analisi del Piano.

Il 13 luglio 2021 il PNRR dell’Italia è stato definitivamente approvato con Decisione esecutiva del Consiglio che ha recepito la proposta della Commissione europea.

Il 13 agosto 2021 la Commissione europea, a seguito della valutazione positiva del PNRR, ha erogato all’Italia 24,9 miliardi a titolo di prefinanziamento (di cui 8,957 miliardi a fondo perduto e per 15,937 miliardi di prestiti), pari al 13% dell’importo totale stanziato a favore del Paese

La governance del PNRR: stato dell’arte

Nella versione finale del PNRR si è delineata con maggiore articolazione e precisione quanto era stato anticipato nei precedenti interventi del Presidente del Consiglio Draghi e del Ministro Franco. Lo schema di governance si realizza attraverso una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia, questa struttura supervisioa l’attuazione del piano e predispone l’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea. Accanto alla struttura di coordinamento, ci sono due strutture: una per la valutazione e un’altra dedicata al controllo. Le singole amministrazioni saranno sono responsabili degli investimenti e delle riforme di loro competenza e inviano i resoconti alla struttura di coordinamento centrale.

Inoltre, il governo ha affiancato delle task force per supportare le amministrazioni territoriali per migliorare la loro capacità di investimento semplificandone le procedure. La supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti.

I primi step

Il 28 maggio il Governo ha approvato un decreto-legge contenente le prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di snellimento delle procedure. Contestualmente ha avviato ufficialmente la struttura di Governance attraverso l’istituzione di una cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, alla quale partecipano di volta in volta i Ministri e i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri competenti in ragione delle tematiche affrontate in ciascuna seduta. Inoltre è stata instituita una Segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per supportare le attività della Cabina di regia, la cui durata temporanea è superiore a quella del Governo che la istituisce e si protrae fino al completamento del PNRR entro il 31 dicembre 2026. La Cabina di Regia, affiancata dalla Segreteria tecnica, assicura relazioni periodiche al Parlamento e alla Conferenza Unificata e aggiorna periodicamente il Consiglio dei Ministri.

Il 16 agosto è stato pubblicato il bando per l’assunzione di 500 unità di personale per il PNRR. I neo assunti verranno dedicati alle attività di Governance del Piano presso i Ministeri e la Presidenza del Consiglio.

Obiettivi e riforme

Sono 51 le misure la cui approvazione era prevista per il 31 dicembre 2021, 24 fanno riferimento a investimenti e 27 alle riforme da adottare.

Il 22 dicembre, il Presidente del Consiglio, durante la conferenza stampa di fine anno, ha comunicato il raggiungimento dei 51 obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza concordati con la Commissione Europea con scadenza il 31 dicembre 2021.

Le principali tappe del secondo semestre 2021

Il 23 settembre 2021, nel corso del Consiglio dei Ministri, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli e il Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco, hanno presentato la prima relazione sul monitoraggio dello stato di attuazione delle misure previste dal PNRR nel 2021. Il 7 ottobre si è svolta la prima riunione della Cabina di regia del PNRR presieduta dal PdC Draghi focalizzata sui temi dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Sul fronte dell’istruzione sono 6 le riforme, tutte da adottare entro il 2022. Con riferimento agli investimenti, si lavora sull’assegnazione di risorse per oltre 17 miliardi destinati al potenziamento delle infrastrutture fisiche, digitali e delle competenze.

Per quanto riguarda l’Università e la ricerca: il 27 ottobre durante il Consiglio dei Ministri sono stati approvati due provvedimenti (un decreto legge e un disegno di legge) che hanno reso possibile il raggiungimento di 8 obiettivi il cui conseguimento è era previsto per il 2021. Il primo dicembre il Ministero dell’Istruzione ha presentato quattro avvisi pubblici e il Piano di riparto alle Regioni di risorse per la messa in sicurezza delle scuole per un totale di 5,2 miliardi, un pacchetto di interventi che mette subito a disposizione un terzo dei fondi complessivi previsti nel PNRR per il sistema di Istruzione che ammontano, in tutto, a 17,59 miliardi. Sempre il primo dicembre sono state pubblicate le graduatorie del concorso per la selezione dei 500 professionisti da destinare al MED e alla segreteria tecnica del PNRR, mentre il 7 dicembre è stato chiusa la possibilità di candidarsi al ruolo di Esperto per il PNRR. Sono stati selezionati entro il 31 dicembre i 1000 professionisti ed esperti che diventano collaboratori per la facilitazione del processo di implementazione del PNRR nelle amministrazioni locali.

Il 30 dicembre 2021 l’Italia ha inviato alla Commissione Europea la richiesta relativa al pagamento della prima rata dei fondi del Pnrr per un valore complessivo di 24,1 miliardi di euro: 11,5 miliari a fondo perduto e 12,6 miliardi in prestito. Da questa cifra va detratta, in proporzione, la quota di prefinanziamento pari al 13% di 24,9 miliardi già ricevuta dall’Italia in agosto, per una erogazione netta pari a 21 miliardi di euro.

Traguardi e obiettivi pianificati per il 2022 e risultati raggiunti

Per il 2022 i risultati attesi sono più ambiziosi di quelli raggiunti nel 2021. Sono previsti infatti il raggiungimento di 83 Traguardi e 17 obiettivi per un totale di 100 risultati. A supporto del lettore ricordiamo che i Traguardi rappresentano un risultato qualitativo oggettivamente verificabile nell’ambito dell’attuazione degli interventi, mentre gli Obiettivi rappresentano un risultato quantitativo e concreto oggettivamente verificabile nell’ambito dell’attuazione degli interventi.

Il 20 gennaio è stato pubblicato il primo bando per l’internet veloce: quasi 3,7 miliardi di euro per connettere anche scuole e strutture sanitarie entro il 30 giugno 2026.

A fine gennaio è stato pubblicato un bando destinato a professori e ricercatori under 40 per finanziare progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) per il 2022.

Il 28 febbraio è arrivato da Bruxelles la comunicazione della chiusura positiva dell’iter di valutazione dei risultati 2021 e il conseguente via libera all’erogazione della tranche netta pari a 21 miliardi (10 di trasferimenti e 11 di prestiti).

Il 2 marzo sono stati ascoltati presso le commissioni competenti di Camera e Senato i Ministri direttamente coinvolti nell’attuazione del PNRR. I Ministri hanno presentato i risultati delle attività svolte e delineato i prossimi passi relativi all’attuazione del programma relativo al primo semestre e all’intero 2022.

Il 21 marzo, con il bando “Italia 5G” si è completata la pubblicazione degli interventi programmati per assicurare la connettività superveloce in ogni area del Paese.

Le indicazioni ricevute dall’Europa richiedono ai Paesi membri di permettere, entro il 2030, a tutte le famiglie dell’Ue di beneficiare di una connettività ultraveloce: l’obiettivo è anticipare, con il PNRR, questo risultato al 2026.

Le rate

Il 13 aprile 2022 è arrivata all’Italia la prima rata da 21 miliardi di euro, il versamento segue la valutazione positiva della richiesta di pagamento presentata dal Governo il 30 dicembre.

Il 29 giugno, con il raggiungimento dei 45 obiettivi previsti per il primo semestre, è stata inviata la richiesta di pagamento della seconda rata a Bruxelles.

Il 27 settembre 2022 la Commissione europea ha dato il via libera alla seconda rata di finanziamenti per l’Italia da 21 miliardi di euro (11 in prestito e 10 in sovvenzioni) per l’arrivo bisognerà attendere l’ok del Comitato Economico Finanziario, in tutto ci vorranno due mesi.

Per la fine del 2022 era programmato il raggiungimento di altri 55 obiettivi, il 30 dicembre il nuovo governo insediatosi il 22 ottobre 2022 ha inviato alla Commissione UE la richiesta di pagamento della terza rata di 19 miliardi a seguito del conseguimento dei risultati pianificati.

Il Governo Meloni e la nuova governance

Il 16 febbraio 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che apporta significative modifiche al sistema di governance del PNRR, tra queste annotiamo strutture di missione e meccanismi di gestione e controllo del Piano. Una parte del decreto legge si concentra sul rafforzamento della capacità amministrativa e sulla semplificazione delle procedure necessarie per l’attuazione del Piano. Inoltre, si introducono significative modifiche in materia di politiche di coesione e di politica agricola comune.

Viene istituita una nuova struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questa struttura, guidata dal Ministro delegato, assorbirà le funzioni già esercitate dalla segreteria tecnica per il supporto alle attività della Cabina di regia e dal Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale. Inoltre, eserciterà anche le funzioni di punto di contatto nazionale per l’attuazione del Piano, inclusi il monitoraggio e il controllo dell’avanzamento del Piano.

Viene prevista la riorganizzazione anche delle altre unità di missione istituite presso gli enti centrali titolari dei diversi interventi programmati nel quadro delle singole missioni, con la possibilità di internalizzare tali strutture e collocarle all’interno di direzioni generali già esistenti. Il decreto rafforza i poteri sostitutivi del Presidente del Consiglio dei ministri nel caso di inerzia o ritardo. Si dimezzano i termini per provvedere in caso di inerzia da parte del soggetto attuatore, si prevede la possibilità che il commissario possa svolgere una pluralità di atti e/o interventi e si estendono al commissario i poteri propri del commissario straordinario delle grandi opere, in caso di progetti infrastrutturali.

Sono descritti meccanismi per superare eventuali opposizioni da parte di organi idonei a precludere la realizzazione di un intervento PNRR. Il Ministro competente e la Struttura di missione PNRR possono dare impulso per rimettere la decisione al Consiglio dei ministri.

Infine, per quanto riguarda i fondi strutturali, il decreto si muove verso una maggiore unitarietà della visione strategica di politiche di coesione e PNRR. Viene prevista la centralizzazione delle funzioni di Autorità di audit dei fondi strutturali e di investimento europei in capo all’Ispettorato Generale per i Rapporti finanziari con l’Unione Europea-IGRUE del MEF e alle Autorità di audit individuate dalle amministrazioni centrali.

La relazione della Corte dei Conti, pubblicata alla fine di marzo 2023, ha messo in evidenza i rischi legati alla ristrutturazione degli organigrammi e ha sottolineato la necessità di attuare il decreto in modo coerente con gli attuali modelli organizzativi. Questo al fine di prevenire lentezze e complicazioni che potrebbero causare ritardi nell’azione amministrativa proprio nel momento cruciale dell’attuazione di investimenti e riforme.

La discussione del disegno di legge n. 564, che riguarda la conversione del decreto-legge n. 13/2023 sulle disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune, è in programma per mercoledì 12 aprile alle 15:00 in Aula.

La Commissione Bilancio ha concluso l’esame del ddl il 5 aprile, incaricando i relatori, senatore Gelmetti e senatrice Testor, di riferire positivamente all’Assemblea con le modifiche apportate.

Il Decreto sulla governance del PNRR, attualmente in esame dal Parlamento, potrebbe non essere sufficiente per evitare di non rispettare il programma delle attività, questo comprometterebbe i progetti a lungo termine e le previsioni di crescita fino al 2026. Il ministro Fitto si è incontrato con il commissario per gli affari economici Paolo Gentiloni a Bruxelles per discutere di due questioni interconnesse. Una riguarda lo spostamento di alcuni progetti dal PNRR alla Programmazione europea a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi delle materie prime. L’altra questione riguarda lo sblocco della terza tranche di finanziamenti, che al momento non è garantita, in quanto l’UE sta ancora valutando se l’Italia ha raggiunto i 55 obiettivi del secondo semestre 2022.

PNRR, la missione Digitalizzazione, innovazione e cultura

La missione da perseguire è quella della trasformazione digitale del Paese, grazie alla quale si innescherà un vero e proprio cambiamento strutturale. La digitalizzazione, si sottolinea, riguarda trasversalmente tutte e sei le missioni.

  • Riguarda la scuola nei suoi programmi didattici, nelle competenze di docenti e studenti, nelle sue funzioni amministrative, nei suoi edifici;
  • Riguarda la sanità nelle sue infrastrutture ospedaliere, nei dispositivi medici, nelle competenze e nell’aggiornamento del personale, al fine di garantire il miglior livello di sanità pubblica a tutti i cittadini;
  • Riguarda il continuo e necessario aggiornamento tecnologico nell’agricoltura, nei processi industriali e nel settore terziario;
  • Riguarda, infine, la pubblica amministrazione in modo capillare con importanti riflessi sulle dotazioni tecnologiche, sul capitale umano e infrastrutturale, sulla sua organizzazione e sulle modalità di erogazione dei servizi ai cittadini.

PNRR e digitalizzazione della PA

All’interno del perimetro di questo capitolo del PNRR è chiara la naturale focalizzazione sulla indispensabile automazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione. Il livello di competitività di un paese passa attraverso la velocità di erogazione dei servizi, in particolare il tema della giustizia diventa centrale nella possibilità di diminuire l’incertezza della durata dei processi per aumentare il livello di attrattività di investimenti esteri.

Il periodo del primo lockdown con l’adozione da parte della PA di quello che erroneamente, a tutti i livelli, dalle istituzioni ai media, è stato chiamato smart working e il successivo mantenimento della modalità di lavoro a distanza, sia nella fase della contrazione dei contagi fino ad oggi con le regioni colorate di giallo, arancio e rosso, ha di fatto rotto molti argini delle resistenze più estreme e di fatto reso implementabile ciò che prima era giudicato impossibile. Le risorse ci sono, le priorità sembrano ben chiare ci si augura che tutto sarà affidato a mani competenti che in Italia fortunatamente esistono.

Questa componente nel nuovo PNRR si sostanzia in:

  • Un programma di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione che includa ogni tassello/abilitatore tecnologico necessario ad offrire i suoi servizi efficacemente, in sicurezza e con facilità a cittadini e imprese: infrastrutture, interoperabilità, piattaforme e servizi, e cybersecurity;
  • Misure propedeutiche alla piena realizzazione delle riforme chiave delle Amministrazioni Centrali, quali lo sviluppo e l’acquisizione di (nuove) competenze per il personale della PA (anche con il miglioramento dei processi di upskilling e di aggiornamento delle competenze stesse) e una significativa semplificazione/sburocratizzazione delle procedure chiave, incluso uno sforzo dedicato al Ministero della Giustizia per lo smaltimento del backlog di pratiche.

Questa componente riguarda dunque la Pubblica Amministrazione in modo capillare con importanti riflessi sulle dotazioni tecnologiche, sul capitale umano e infrastrutturale, sulla sua organizzazione, sui suoi procedimenti e sulle modalità di erogazione dei servizi ai cittadini.

PNRR e Transizione 4.0

La Componente 2 della Missione ha l’obiettivo di promuovere l’innovazione e la digitalizzazione del sistema produttivo. Prevede significativi interventi trasversali ai settori economici come l’incentivo degli investimenti in tecnologia (Transizione 4.0 – con meccanismi che includono l’utilizzo della leva finanziaria per massimizzare le risorse disponibili), ricerca e sviluppo e l’avvio della riforma del sistema di proprietà industriale.

Supporta, con interventi mirati, i settori ad alto contenuto tecnologico e sinergici con iniziative strategiche Europee (ad es. tecnologie satellitari) che possono contribuire allo sviluppo di competenze distintive. Introduce uno sforzo dedicato alla trasformazione delle piccole e medie imprese, un elemento fortemente caratterizzante del sistema produttivo italiano, tramite misure a supporto dei processi di internazionalizzazione (posizionamento del Made in Italy) e della competitività delle filiere industriali, con focus specifico su quelle più innovative e strategiche.

Infine, ma non per ultimo include importanti investimenti per garantire la copertura di tutto il territorio con reti a banda ultra-larga (fibra FTTH, FWA e 5G), condizione necessaria per consentire alle imprese di catturare i benefici della digitalizzazione e più in generale per realizzare pienamente l’obiettivo di gigabit society.

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PNRR, cultura e turismo

Il turismo rappresenta il 13% del Pil ed è uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi del Covid. Il comparto turistico ha un potenziale inespresso legato alla forte stagionalità del settore, dovuta a vincoli strutturali e di organizzazione del lavoro di stampo fordista e limitata promozione e sviluppo di offerta per la bassa stagione. Più del 50% del valore diretto dell’indotto è concentrato tra giugno e settembre, con strutture sottoutilizzate per gran parte dell’anno: media utilizzazione 67 ad agosto vs 16 a novembre. Inoltre, pur presentando un incomparabile patrimonio paesaggistico e culturale, l’Italia presenta ancora molti territori e destinazioni dal potenziale turistico inespresso.

Se il vincolo dell’organizzazione fordista e i rischi del fenomeno dell’OverTourism in qualche modo sono stati neutralizzati dalla pandemia e dall’accelerazione del digitale, forse su questa componente si perde una occasione. Il turismo, in parole semplici, come ogni altro settore, dovrebbe essere guidato da una strategia che include la capacità di avere visione e non soltanto da investimenti infrastrutturali che sono sicuramente indispensabili ma non sufficienti.

Gli interventi si legge nel PNNR non sono dedicati solo ai “grandi attrattori”, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori (ad esempio i “borghi”) nonché alla rigenerazione delle periferie urbane, valorizzando luoghi identitari e rafforzando al tempo stesso il tessuto sociale del territorio. Gli interventi saranno abbinati a sforzi di miglioramento delle strutture turistico-ricettive e dei servizi turistici, al fine di migliorare gli standard di offerta e aumentare l’attrattività complessiva. Questi interventi di riqualificazione/rinnovamento dell’offerta seguiranno una filosofia di sostenibilità ambientale e pieno sfruttamento delle potenzialità del digitale, facendo leva sulle nuove tecnologie per offrire nuovi servizi e migliorare l’accesso alle risorse turistiche/culturali.

I problemi prima della pandemia

Nella premessa alla nuova versione del PNRR il Presidente Mario Draghi afferma che la pandemia Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, infatti, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2. La crisi si è dipanata su un Paese dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, instabile e fragile. Tra il 1999 e il 2019, il PIL in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà è salita dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento.

Particolarmente colpite le categorie più fragili: donne e giovani. L’Italia è il Paese dell’UE con il più alto tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (NEET), e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro in Italia è solo il 53,1 per cento, molto al di sotto del 67,4 per cento della media europea. Questi problemi sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree più ricche del Paese è ormai fermo.

Dietro l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999 al 2019, il PIL per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2 per cento, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3 per cento. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 5,8 per cento tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.

Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo italiano, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nel muoversi verso produzioni di più alto valore aggiunto. La scarsa familiarità con le nuove tecnologie digitali caratterizza d’altronde anche il settore pubblico. Prima dello scoppio della pandemia, il 98,8 percento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche durante la pandemia, a fronte di un potenziale di lavoro agile nei servizi pubblici pari a circa il 36 per cento, l’utilizzo effettivo è stato del 33 per cento, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.

Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che hanno rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66 per cento a fronte del 118 per cento nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,5 per cento degli investimenti totali nel 1999 al 12,7 per cento fino al 2019. Le riforme strutturali sono essenziali per migliorare la qualità della spesa da parte delle amministrazioni pubbliche e incoraggiare i capitali privati verso investimenti e innovazione.

Un recente studio della Banca d’Italia trova che le riforme introdotte nell’ultimo decennio in materia di giustizia civile, liberalizzazione dei servizi e incentivi all’innovazione hanno contribuito ad accrescere il PIL nel 2019 di una percentuale tra il 3 per cento e il 6 per cento, con ulteriori effetti previsti nel decennio successivo. È un impatto significativo, che può essere ulteriormente rafforzato con una nuova agenda di semplificazioni.

PNRR e confronti internazionali

Per cercare di comprendere, come da prassi della consulenza manageriale l’”AS IS”, è opportuno utilizzare anche gli strumenti e le tecniche di benchmarking. Occupandoci di innovazione e digitalizzazione siamo andati a cercare un indice, tra i tanti, che potesse esprimere il posizionamento dell’Italia su questo versante. Ogni anno, ad esempio, il Bloomberg Innovator Index misura la competitività dei paesi attraverso una serie di indicatori per mettere le diverse economie a confronto. La misura è decisa su sette metriche distinte:

  • spesa in ricerca e sviluppo;
  • brevetti (da quelli registrati agli investimenti garantiti);
  • efficienza nell’educazione avanzata (dal numero di laureati alla scelta di materie ad alta intensità tecnologica);
  • valore aggiunto della manifattura;
  • produttività del lavoro;
  • densità delle imprese high-tech;
  • concentrazione dei ricercatori.

Nel 2020, dato quindi pre-pandemia, la Germania è diventata la leader in questa competizione togliendo lo scettro alla Corea del Sud che per sei anni aveva primeggiato in questa speciale classifica. Le prime cinque posizioni della lista di 200 paesi analizzati sono occupate da Singapore, Svizzera e Svezia. L’Italia all’inizio del 2020, guadagnando due posizioni in classifica in un solo anno si trovava al 19esimo posto, tra Regno Unito e Australia.

Lo scenario futuro

La chiave di volta per la crescita e la sostenibilità economica non può passare solamente dalla ricerca di nuovi lavoratori ma passa dalla trasformazione dell’organizzazione del lavoro attraverso l’automazione e la digitalizzazione. Anche per il Giappone la pandemia Covid-19 ha impresso una forte accelerazione al passaggio verso il digitale, l’occasione ora diventa ghiotta per riuscire a muoversi ancora più velocemente in quella direzione unitamente a un grande piano di reskilling per i lavoratori. Il McKinsey Global Institute (MGI) stima che il Giappone avrà bisogno di un incremento di 2,5 volte della produttività nei prossimi 10 anni per mantenersi ai livelli di crescita ottenuti negli ultimi anni. Anche riuscendo a raggiungere questi risultati in termini di aumento della produttività, il Giappone probabilmente dovrà affrontare una carenza di manodopera.

Prima della pandemia, il Giappone era sulla buona strada per riuscire ad automatizzare il 27 per cento delle attività entro il 2030. Con questa tendenza sostituirebbe di 16,6 milioni di persone ma lascerebbe comunque il paese con un deficit di 1,5 milioni di lavoratori in dieci anni. Ricercatori hanno stimato che l’automazione potrebbe attestarsi intorno al 56% delle attività lavorative svolte in tutto Giappone, consentendo alle aziende di ridurre i costi e aumentare la produttività nonostante la contrazione della forza lavoro.

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