A un anno scolastico, il 2015/2016, di distanza dal suo varo, si può tracciare un bilancio dell’impatto del Piano Nazionale Scuola Digitale e del correlato investimento di un miliardo di euro, stanziato, in maniera molto opportuna, dal governo Renzi. Uno stanziamento forse ancora non sufficiente, per porre rimedio all’enorme digital divide delle scuola italiana rispetto a quella europea ma un investimento ingente – ricordiamo che questo divide è stato stimato dall’OCSE in più di quindici anni.
Il Piano Nazionale Scuola Digitale, pone le basi per colmare questo divario. Nelle centotrentotto pagine del documento che abbiamo ampiamente commentato su Agenda digitale pagine (Ferri, P., Un terremoto digitale scuola la scuola italiana), infatti, viene delineata un concreta roadmap per “aumentare” digitalmente la nostra scuola. Il PNSD, infatti oltre a delineare un nuovo indirizzo epistemologico e operativo per la digitalizzazione della scuola: meno hardware – attraverso il Bring your own device – e più investimenti sulla banda, sulle persone e sulla formazione. Contiene un’idea forte e molto innovativa rispetto al passato: l’assunto che le tecnologie debbano essere messe al servizio dell’ apprendimento attivo degli studenti e delle pratiche innovative degli insegnati e non viceversa come è accaduto in passato. Tutto questo nella convinzione, ampiamente condivisibile, che nessuna innovazione educativa “può prescindere da un’interazione intensiva docente/discente” sia in presenza sia abilitata dalle tecnologie. Solo in questo modo docenti e studenti potranno godere a pieno del grande vantaggio competitivo che possono garantire aule e scuole “aumentate” da Internet e dai device tecnologici. In questo articolo proviamo ad analizzare, a 9 mesi dall’uscita nel Piano, i suoi effetti sulla scuola italiana sia in positivo rispetto ad alcune criticità emerse in questi mesi.
Gli aspetti innovativi del Piano Nazionale Scuola Digitale
Gli aspetti, positivi del Piano, a nostro avviso sono tre. Riguardano, infatti, a. l’istituzione di figure professionali specificamente “dedicate” nella scuola, all’attuazione del PNSD; b. gli investimenti strutturali per creare nuovi spazi fisici (laboratori, ambienti didattici e biblioteche) dedicati all’innovazione tecnologica e metodologica; c. la formazione al “digitale” dedicata a tutto il personale della scuola. Analizziamoli più in dettaglio.
a. L’istituzione della figura dell’animatore digitale e del team dell’innovazione.
Ogni dirigente scolastico ha infatti nominato in ciascuna scuola, a Dicembre, un docente “Animatore digitale”, alle sue dirette dipendenze e tre o quattro insegnanti, il suo team dell’innovazione di supporto all’Animatore, che sostengano l’attuazione del PNSD. In entrambi i casi, si dovrebbe trattare di insegnati esperti di metodologie e di tecnologie didattiche e che posseggano, anche, buone doti organizzative e capacità di coinvolgimento e leadership rispetto ai colleghi. In pratica a partire dal Dicembre del 2015 ogni scuola italiana ha una figura, l’Animatore, e un team di insegnanti dedicati esclusivamente all’innovazione digitale di natura sia metodologica e didattica sia tecnologica. Il campo operativo dell’Animatore digitale e del team riguarda tre ambiti specifici:
a. La formazione metodologica e tecnologica dei colleghi;
b. Il coinvolgimento e la motivazione di tutta la comunità scolastica all’innovazione digitale;
c. La progettazione di soluzioni metodologiche e tecnologiche sostenibili da diffondere e disseminare tra i colleghi e nella scuola.
2. I “bandi” che finanziano la creazione di laboratori e strutture interne alle scuole per la didattica innovativa
Sono stati, poi, pubblicati tra il 2015 e oggi una serie di bandi e le correlate risorse finanziarie relative per migliorare l’infrastruttura digitale della nostra scuola. Bandi relativi alla Banda banda larga e al wifi; ai Laboratori territoriali per la scuola superiore, (#Azione 7 del PNSD ); e agli Altelier creativi per la scuola primaria, (#Azione 7 del PNSD); e, ultimo ma non ultimo, il Bando relativi alle Biblioteche digitali (#Azione 24. L’insieme di questi provvedimenti permetterà, attraverso lo stanziamento di alcune centinaia di milioni di euro, di conseguire, nel breve/medio termine i seguenti obiettivi: la copertura in banda larga e wifi dell’insieme degli edifici scolastici; la creazione di laboratori e di aule per la didattica innovativa (flipped classroom) e laboratoriale; la costituzione di biblioteche “aumentate” tecnologicamente nella quasi totalità delle scuole italiane di ogni ordine e grado.
3. L’attivazione su tutto il territorio nazionale del piano di formazione di tutto il personale della scuola
Entro l’anno scolastico 2016/2017 tutto il personale della scuola riceverà un prima tornata di formazione. E’ il più importante, a nostro avviso, di tutti gli interventi. Si tratta cioè di fare in modo che le persone che lavorano nella scuola – dirigenti, insegnanti, personale amministrativo e collaboratori scolastici – siano formati sulle competenze necessarie per guidare e gestire la trasformazione digitale della scuola. Lo stanziamento totale per la formazione del personale è di più di 235 milioni. La formazione avverrà secondo il seguente crono-programma:
Per l’attuazione concreta delle formazione il PNSD, all’#azione 25, prevede, la costituzione o il potenziamento di “snodi formativi territoriali” e vengono stanziati dieci milioni di euro per renderli più efficienti, rispetto al del passato. Gli snodi dovrebbero, infatti, assicurare la copertura territoriale, la continuità negli anni della progettualità formativa e la partecipazione a monitoraggi qualitativi per superare le inefficienze del passato. I precorsi formativi dovrebbero essere soggetti a valutazione e revisione periodica sulla base dei risultati formativi raggiunti, oltre che sul numero di percorsi “effettivamente attivati” secondo la seguente scansione temporale. Qui si intravede qualche criticità …
3. Le criticità del Piano Nazionale Scuola Digitale
Purtroppo, soprattutto negli ultimi mesi, sono emerse, infatti, alcune difficoltà nella attuazione operativa sul territorio del PNSD. Queste difficoltà dovranno trovare una soluzione nei prossimi mesi per evitare che l’impatto di questo provvedimento venga “limitato” e il suo poter innovativo “frustrato” dai particolarismi dei territori. In particolare questo fenomeno si evidenzia in quelle regioni che non hanno optato per una gestione centralizzata a livello di Ufficio Scolastico Regionale dell’attuazione dei vari provvedimenti – come hanno fatto saggiamente alcuni ad esempio: Emilia Romagna, Lazio e Basilicata. Dove, infatti, gli Snodi e i Poli formativi sono stati lasciati a sé stessi come abbiamo già notato più approfonditamente su Agenda Digitale (Ferri, Tutta la burocrazia che rischia di uccidere il piano nazionale scuola digitale) c’è malcontento nella scuola sia per i criteri di nomina degli Animatori digitali sia per la qualità dei corsi che vengono erogati sia per l’arbitrarietà delle scelte relative ai bandi per individuare i formatori. Più in dettaglio le principali criticità sono le seguenti. Nelle regioni dove c’è stato uno scarso o nullo governo del processo infatti si sono evidenziati i seguenti fenomeni:
a. Designazione non sempre trasparenti da parte dei dirigenti degli Animatori digitali e del team dell’innovazione.
Spesso le nomine sono gestite in maniera puramente burocratica senza tener conto del rilievo che queste figure avranno nella scuola, e in alcuni casi i criteri della scelta divengono, addirittura, quelli dell’“amicizia” se non quelli del “clientelismo”, questo rischia di rendere improduttivo o addirittura dannoso il ruolo degli animatori e del team dell’innovazione.
b. Bassa qualità della formazione erogata.
In una serie di territori i programmi di formazione erogati per animatori e team dell’innovazione sono di qualità discutibile e talvolta poveri nei contenuti. In alcune Provincie poi i programmi di formazione non sono ancora partiti. E’ vero che lo stanziamento centrale del Ministero su questa posta di bilancio non è stato elevato ma spesso queste limitazione di budget hanno condotto i responsabili dei Poli formativi a sottovalutare la portata e la rilevanza dell’azione di formazione in corso.
3. No network con gli stackeholder territoriali. E’ mancata molto spesso la “capacità di fare rete” dei dirigenti titolari degli snodi formativi che non stati in grado né di coinvolgere gli enti ricerca e le Università nel processo per acquisire competenze né di relazionarsi con le imprese e le Fondazioni, e gli Enti del territorio per attrarre finanziamenti che permettessero di rendere più ricca e qualitativamente più elevata la formazione offerta.
4. Centralizzare per una volta…
Dopo nove mesi dal varo del Piano Nazionale Scuola Digitale le luci sono davvero molte più delle ombre. Un ottimo lavoro è stato svolto dalla staff tecnico del Ministro, Damine Laniferi e Donatella Solda-Kutzmann, così come da Daniele Barca Dirigente – Ufficio VI Innovazione digitale – . Un possibile consiglio non da rivolgere loro ma al Ministro è quello molto poco usuale in tempi di “federalismo secessionista” di “centralizzare” il più possibile in processo e di “disintermediare” il lavoro dei Poli e degli Snodi territoriali – ovviamente quello di quelli inefficienti allocando più potere di decisione e di raccordo negli Uffici Scolasti regionali o al Ministero stesso per evitare che i particolarismi locali depotenzino e annacquino il grande impegno legislativo, normativo e di indirizzo profuso dal Miur in questo caso. A volte un po’ di “centralismo” può far bene …