Il tema delle rete unica, cavalcato con convinzione dal Ministro allo sviluppo economico Stefano Patuanelli, sembra aver riportato d’attualità la vexata quaestio sulla gestione degli impianti all’interno degli edifici.
Sul punto, pur dibattuto ormai da oltre un lustro, è intervenuta una novità: a seguito di una serie di istanze avanzate dalle professioni Tecniche, il MISE si è rimesso al lavoro per trovare una soluzione, spinto probabilmente anche dal fatto, inedito, che il tema, come approfondiremo più avanti, è approdato finalmente in Parlamento.
Rete unica: ambizioni e ostacoli
Che il Ministro allo sviluppo economico, supportato in ciò anche dal Ministro dell’Economia e Finanza Gualtieri, preferisca un’integrazione delle reti tale da traguardare infine alla rete unica pubblica per la banda ultra larga, non è certamente un mistero e il titolare del MISE non ha mancato di ribadirlo anche durante gli Stati Generali di metà giugno.
Al contempo non vi è quasi documento governativo post Covid in cui il tema della connettività diffusa e performante, inteso come strumento per il rilancio del Paese, non sia ritenuto unanimemente centrale e obiettivo irrinunciabile.
Un obiettivo, tuttavia, che deve fare i conti quotidianamente con la lentezza nei progressi della rete, una lentezza che non solo sposta in avanti il traguardo dello “zero digital divide” del Paese, ma anche la realizzazione di una rete autenticamente moderna, ovvero interamente in fibra, dalla centrale all’utente finale. Che l’obiettivo della rete unica wholesale only in modalità FTTH di Open Fiber, infatti, cozzi puntualmente all’uscio degli edifici è cosa nota a tutti e dimostrata regolarmente dai rapporti trimestrali di AGCOM, così come il fatto che le dorsali d’edificio di TIM siano ancora in gran parte in rame, cosa che consente agli utenti al massimo, quando va bene, una connessione FTTC (Fiber to the cabinet).
La (complicata) situazione del patrimonio immobiliare nazionale
A rendere intricato l’argomento sono non solo i ritardi degli operatori, ma anche la situazione obiettivamente complicata del patrimonio immobiliare nazionale, i cui impianti (tutti, non soltanto quelli di telecomunicazioni) appaiono quasi sempre obsoleti, se non addirittura insicuri, come testimonia la recente iniziativa di ARERA, l’autorità di Regolazione per l’energia, reti e ambiente, che ha ritenuto di incentivare in modo generoso l’ammodernamento delle colonne montanti per la distribuzione dell’energia elettrica negli edifici permettendosi, tra le righe, di “suggerire” l’opportunità di abbinare tali interventi ad un rifacimento anche degli impianti di tlc.
Questo per ribadire, se qualcuno l’avesse dimenticato, che il problema della rete BUL non è soltanto fatto di stesura di fibra per le strade, ma anche di ammodernamento degli impianti d’edificio.
Le istanze della Rete delle Professioni Tecniche
Di questo sembrano essersi accorti gli Ordini professionali italiani, riuniti nella Rete delle Professioni Tecniche che raccoglie oltre 600.000 iscritti, che il 30 marzo scorso, in pieno lockdown, hanno preso carta e penna e hanno inviato una nota al Ministro Patuanelli a firma del coordinatore nazionale Armando Zambrano, Presidente del Collegio Nazionale degli Ingegneri, con cui, tra altre istanze, veniva avanzata la richiesta di aprire finalmente al mercato e alla concorrenza la partita degli impianti verticali di telecomunicazione, indicando i propri associati come i professionisti naturalmente preposti a svolgere le funzioni di progettazione, realizzazione e tenuta in manutenzione degli impianti stessi. Non solo, ma Zambrano rilevava, molto opportunamente, che tali professionisti regolati da un Ordine riconosciuto dallo Stato, sono anche i più indicati alleati dello Stato stesso nel completamento di quell’opera strategicamente fondamentale che è il SINFI, ovvero il Catasto delle infrastrutture, che dovrebbe costituire la banca dati in grado di regolare i rapporti tra i diversi soggetti coinvolti nella rete BUL al fine di semplificarne la realizzazione ed evitare le duplicazioni.
Infine, il documento recuperava da un lungo dibattito che l’ha preceduto, l’ipotesi di istituire sul modello francese la figura dell’Operatore d’edificio; ovvero di un tecnico iscritto ad uno degli Ordini Professionali di competenza, in grado di affiancare stabilmente l’Amministratore di immobili in tutto il processo di realizzazione, collaudo, aggiornamento degli impianti, a garanzia sia dei proprietari che degli operatori.
Questa posizione della Rete delle Professioni Tecniche, supportata anche dal CUP (Comitato Unitario delle Professioni) è stata inclusa nel “Manifesto delle Professioni per la rinascita dell’Italia” e portata a conoscenza del Presidente del Consiglio e del Governo nel corso degli Stati Generali dell’Economia svoltisi a giugno a Villa Phampilj.
Ci si potrebbe chiedere dove sia la novità, dal momento che le questioni ricordate sono dibattute da almeno cinque anni, e cioè dall’entrata in vigore di quanto previsto dall’art. 135 bis del Testo Unico dell’edilizia.
La novità, dicevamo sta nel fatto che l’8 luglio scorso, attraverso un Ordine del Giorno alla Camera firmato da Davide Serritella (m5s) col parere favorevole del Sottosegretario all’economia, Antonio Misiani, si impegna il Governo “a valutare l’opportunità, con un prossimo provvedimento di carattere normativo, di consentire ai privati proprietari di immobili o ai condomini, ove costituiti, di affidare a professionisti e tecnici qualificati, nonché imprese del settore elettrico ed elettronico, di realizzare e gestire la manutenzione delle reti all’interno delle proprietà private”.
Conclusioni
Sarà la volta buona? Trattandosi di una sit com iniziata nel lontano 2014 non ce la sentiamo di affermarlo, ma certo il tema della rete unica pubblica può effettivamente aprire a prospettive del tutto inedite, quale quella da noi più volte ribadita, ovvero l’opportunità di allineare la rete di telecomunicazioni ai modelli delle altre reti di commodities (gas, luce, acqua) e che in qualche modo viene servita su un piatto d’argento dalla descrizione tecnica dei cosiddetti “impianti multiservizi” fatta dalla Guida CEI 306/22: ovvero fermare la rete pubblica di distribuzione alla base degli edifici e delegare le proprietà a realizzare/aggiornare i propri impianti, garantendone la manutenzione e i corretto funzionamento attraverso incarichi formali a professionisti qualificati.
Se a tutto ciò si arrivasse e se tra i tanti benefit di cui si sente parlare se ne immaginasse uno per stimolare l’aggiornamento degli impianti di telecomunicazioni interni agli edifici, siamo convinti che la rete BUL potrebbe subire un’accelerazione davvero significativa, con tutto ciò che può comportare in termini di recupero della competitività del Paese.