Il rapporto

Risparmi per 20 mld e maggiori entrate per 5 mld in tre anni grazie all’Agenda. Ma solo in potenza

School of Management-Politecnico di Milano aggiorna le stime dei benefici, ma avverte: le lacune della normativa italiana fanno perdere per strada alcuni miliardi

Pubblicato il 17 Ott 2012

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L’Agenda digitale italiana potenzialmente farebbe risparmiare allo Stato 20 miliardi di euro e darebbe maggiori ricavi per cinque miliardi di euro in tre anni. Ma questo in potenza: le lacune della normativa italiana impediscono di sfruttare alcuni dei vantaggi, secondo School of Management-Politecnico di Milano. Soprattutto, l’eProcurement è poco spinto dalle ultime norme. Idem per la fattura elettronica, per il cui decollo manca un decreto attuativo. L’eProcurement da solo darebbe benefici per 7 miliardi di euro l’anno se fosse a regime. Fino a 5 miliardi invece quelli connessi alla fattura elettronica.

Sono stime pubblicate oggi dall’Osservatorio Agenda Digitale di School of Management-Politecnico di Milano e aggiornano alcune precedenti.

Vediamo in dettaglio (le cifre dei capitoli non sono sommabili perché alcune includono altre, sovrapponendosi in parte).

o eProcurement PA. Ipotizzando di utilizzare l’eProcurement per gestire il 30% degli acquisti della PA, si otterrebbero benefici pari a circa 5 miliardi di euro all’anno, guardando solo ai risparmi “negoziali” sui prezzi di acquisto (senza considerare cioè i risparmi dovuti all’aumento della produttività del personale addetto agli acquisti, pari a 2 miliardi di euro). Oggi solo il 5% degli acquisti della PA è digitale.

o Fatturazione elettronica. Nell’ipotesi che si renda obbligatoria la fatturazione elettronica nei confronti della PA (cioè che si introduca finalmente il decreto attuativo della legge già approvato nel 2008!), si potrebbero ottenere risparmi diretti pari a 1 miliardo di euro per la PA e 1 miliardo di euro per i fornitori della PA e ulteriori 3 miliardi se, a partire da questo obbligo, si diffondesse la fatturazione elettronica anche nel 20% dei rapporti tra imprese.

o Pagamenti elettronici della PA. Ipotizzando che si utilizzino al 30% canali di pagamento elettronico per IMU/ICI, Tarsu, Multe, Bollo Auto, si stima un risparmio per la PA di circa 0,6 miliardi di euro l’anno (relativi sia alla riduzione dei costi vivi che all’aumento della produttività del personale)

o Pagamenti elettronici nel retail consumer. Nell’ipotesi di incrementare anche solo del 10% il tasso di utilizzo dei pagamenti elettronici nel mondo del retail consumer (dal 20% attuale al 30%), si potrebbe arrivare a una riduzione dell’evasione fiscale pari a 5miliardi di euro all’anno.

o Dematerializzazione e innovazione digitale nei processi della PA/eGovernment. Un incremento efficace del tasso di digitalizzazione dei processi tipici della nostra PA, siainterni che di interazione con i cittadini e le imprese, potrebbe portare un aumento della produttività del personale del 10%, con un potenziale risparmio di15 miliardi di Euro all’anno (che potrebbe concretizzarsi anche solo bloccando il turnover in alcune ambiti della PA)

o Startup. Con l’inserimento di 300 milioni di euro per investimenti seed (pari esattamente alla dotazione inziale del fondo tedescoHigh-Tech Gruenderfonds), potremmo avere un impatto sul PIL, entro un decennio, di circa 3 miliardi di euro.

In piu’, l’Osservatorio analizza alcuni settori specifici e ambiti dove il digitale potrebbe avere un importante ruolo in Italia. Vediamo di seguito.

Pagamenti elettronici business e consumer

Con riferimento al mondo business, la penetrazione dei pagamenti elettronici è decisamente elevata: oltre il 90% delle imprese italiane ricorre ai pagamenti elettronici (dato Banca d’Italia, marzo 2010). Nel mondo consumer, invece, i pagamenti elettronici risultano meno diffusi. Una transazione effettuata con carta di credito, carta di debito, prepagata o altri strumenti abilitanti i pagamenti elettronici, obbliga sempre chi riceve il pagamento a emettere lo scontrino corrispondente. A oggi, nel nostro Paese la quota di pagamenti elettronici sul totale di quelli gestiti è di poco superiore al 20%.

Commercio elettronico

L’eCommerce può costituire un fattore fondamentale di sviluppo per l’intero sistema e un’occasione per far crescere la competitività di tutte le imprese italiane.Produttività in Italia che – come noto – si è ridotta di oltre 15 punti in 10 anni (ossia a parità di ore lavorate si è prodotto il 15% in meno).

Le misure di incentivo all’eCommerce devono però essere impostate coerentemente con questa visione e muoversi secondo le seguenti direzioni:

-PA come esempio di eCommerce attraverso la spinta all’eProcurement e alla Fatturazione Elettronica;

-incentivi (ad esempio sgravi fiscali) all’eCommerce B2b, intesa come digitalizzazione dei processi commerciali tra imprese, giustificati dai rilevanti ritorni su questi investimenti e potenzialmente finanziabili anche attraverso i ritorni dalla lotta all’evasione fiscale, che potrebbe essere favorita proprio dalla diffusione di queste pratiche;

-investire in formazione, per far sì che le aziende che si affacciano al mondo dell’eCommerce lo possano fare con la consapevolezza necessaria, comprendendo fino in fondo le implicazioni organizzative che riguardano l’implementazione e la gestione di una soluzione di eCommerce.

Economia sommersa e lotta all’evasione fiscale

Il valore dell’economia sommersa in Italia si attesta sui 300 miliardi di euro, circa il 20% del PIL, con un evaso che si stima pari a 140 Mld €/anno, numero che fa dell’Italia la nazione con la più alta propensione all’evasione tra i grandi paesi occidentali.

L’innovazione digitale può giocare un ruolo centrale nella lotta all’evasione fiscale in diversi modi:

o costituendo un deterrente per chi volesse evadere (prevenzione);

o abbattendo la complessità e quindi i costi di gestione legati al pagamento delle tasse;

o rendendo più trasparenti le procedure, evidenziando quindi le situazioni di maggiore rischio (grandi evasori)

o facilitando la comprensione delle dinamiche da parte dei controller (a tutela degli onesti!);

Intelligence e Data Mining, Fatturazione Elettronica, Conservazione Sostitutiva, Pagamenti elettronici sono esempi paradigmatici di possibili linee di intervento. Il contributo di linee di intervento singole potrebbe essere ulteriormente incrementato se, accanto a queste, si volessero/potessero sviluppare sistemi interoperabili, in grado di facilitare il dialogo tra le diverse banche dati, indispensabili per collegare tra loro i diversi punti di contatto dei soggetti con il sistema amministrativo pubblico e privato.

Il recente decreto Agenda Digitale (o Sviluppo Bis) affronta solo tangenzialmente questi temi nelle sezioni su Pagamenti Elettronici e Moneta Elettronica. L’apertura che si intravvede verso una spinta all’uso più diffuso dei pagamenti elettronici è comunque estremamente positiva. Assente invece ogni riferimento alla fatturazione elettronica e alla conservazione sostituiva che sarebbero invece strumenti potenti per facilitare il controllo da parte delle agenzie preposte.

Spending Review

Nel complesso la PA acquista circa 140 miliardi di euro all’anno in beni e servizi. Una componente importante dell’ammontare della Spesa Pubblica, da qualche mese oggetto di attenzioni nell’ambito degli sforzi orientati alla Spending Review. Gli obiettivi dichiarati nel Decreto Spending Review (e più in generale nei lavori della Commissione Giarda e del Commissario Bondi) sono di “rivedere” almeno un terzo di questa spesa e conseguire benefici stimati in circa 4 miliardi di euro nel 2012 e 11 miliardi di euro nel 2013 (il consolidamento dei 4 miliardi del 2012 a cui si aggiungono altri 7 miliardi nel 2013). Nel dibattito che fino a oggi ha caratterizzato le riflessioni sulla Spending Review si nota, tuttavia, un’attenzione limitata verso il ruolo che le tecnologie ICT possono svolgere su questo fronte e, in particolare, non si guarda con la giusta convinzione alle soluzioni di eProcurement (digitalizzazione dei processi di acquisto) che a oggi sono ancora sotto-utilizzati nella PA italiana (5% contro il 20% di UK).

“L’azione governativa, in particolare con il decreto Agenda Digitale, si è mossa concretamente su direttrici ben specifiche: sulle innovazioni nella PA (identità digitale, istruzione, sanità, giustizia, ecc.), sui sistemi di pagamento delle PA, sui pagamenti elettronici verso gli esercenti, infine sulle startup”, commenta Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, insieme ad Alessandro Perego e Mariano Corso.

“Peccato, invece, che si sia trascurato l’eProcurement, cioè l’insieme degli strumenti elettronici, come gare telematiche, negozi elettronici, che la PA usa per effettuare gli acquisti, e la fatturazione elettronica, cioè la fattura in formato digitale secondo le normative italiane ed europee, che pensiamo possano avere benefici rilevanti e anche nel breve termine@. “Infatti, relativamente all’eProcurement, le esperienze pluriennali e positive di Consip e Centrali di acquisto regionali (monitorate da più di 6 anni da un Osservatorio apposito del Politecnico di Milano), evidenziano notevoli benefici ottenibili non solo a livello di saving ma anche di trasparenza, controllo e governance della spesa pubblica”.

“In relazione invece alla fatturazione elettronica, esiste dal 2008 una legge che impone l’uso della fatturazione elettronica nei rapporti tra fornitori e PA, ma manca ancora ad oggi il decreto attuativo. Si tratta di ambiti che possono davvero essere il motore della crescita, con evidenti benefici per tutti, dalle amministrazioni pubbliche alle imprese. Abbiamo infatti calcolato un possibile risparmio di costi per 20 miliardi di euro e un aumento delle entrate di 5 miliardi nei prossimi 3 anni in caso di digitalizzazione dei processi della Pubblica Amministrazione”.

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