Uno dei capisaldi attorno al quale ruota il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è la trasformazione digitale del nostro Paese. Si tratta di un percorso in cui sarà cruciale lo sviluppo delle reti ultraveloci e in particolare del 5G, che è tra i principali fattori abilitanti per tutte le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, il cloud computing e la realtà virtuale. Accelerarne il deployment è quindi fondamentale non solo per stimolare la ripresa post pandemica ma anche (e forse soprattutto) per far sì che l’Italia rimanga attrattiva e competitiva rispetto alle altre principali economie globali.
Analizziamo quindi lo stato di avanzamento dello sviluppo del 5G nel nostro Paese e in Europa attraverso l’esame dei principali aspetti che potrebbero consentire all’Italia non solo di rispettare gli obiettivi Ue al 2025, ma pure di completare la copertura di tutto il territorio nazionale entro la fine del 2026.
Banda ultralarga e 5G: l’Italia migliora, ma resta ancora molto da fare
Lo scenario europeo e gli obiettivi al 2025
Il Piano d’azione per il 5G pubblicato dalla Commissione europea nel 2016 ha previsto l’obiettivo di assicurare la copertura ininterrotta in rete 5G delle aree urbane e dei principali assi di trasporto comunitari entro il 2025. Il target, tuttavia, è stato aggiornato a marzo dello scorso anno e attualmente prevede che vengano coperte tutte le zone abitate dell’Unione entro il 2030. Secondo le previsioni della Banca europea per gli investimenti (Bei), per centrare gli obiettivi al 2025 saranno necessari investimenti variabili tra i 281 e i 391 miliardi di euro, da destinare alla costruzione di nuove infrastrutture 5G e al potenziamento delle infrastrutture fisse esistenti fino a velocità dell’ordine di gigabit. Nonostante la Bei preveda che la maggior parte di questi investimenti debba essere sostenuta dagli operatori di rete, negli ultimi anni l’Ue ha messo in campo notevoli risorse per sostenere lo sviluppo delle reti di quinta generazione. Tra il 2014 e il 2020, considerando sia quanto previsto dal bilancio dell’Unione (che ha supportato esclusivamente i progetti di ricerca), sia i finanziamenti concessi dalla Bei, sono stati stanziati fondi per oltre 4 miliardi di euro. Un ammontare di risorse che però non si è rivelato sufficiente per far sì che gli Stati membri procedessero in maniera uniforme verso il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Da un audit condotto dalla Corte dei conti europea (i cui risultati sono stati rilasciati a gennaio di quest’anno) è emerso che a fine 2020 erano 23 gli Stati membri che avevano già lanciato servizi commerciali 5G e centrato l’obiettivo intermedio di coprire almeno una grande città con il nuovo standard di comunicazione mobile. I restanti, invece, non avevano ancora completato l’assegnazione dello spettro radio né recepito il Codice europeo per le comunicazioni elettroniche. Allo stato attuale solo 10 Paesi Ue, tra cui l’Italia, hanno una “alta probabilità” di raggiungere gli obiettivi definiti da Bruxelles. Questa previsione pessimistica trova conferma in un’analisi condotta dal GSMA secondo cui entro il 2025 la quota totale delle connessioni 5G sul totale di quelle mobili si attesterà sul 35%, contro il 53% di Australia, Giappone, Singapore e Corea del Sud, il 51% dell’America Settentrionale e il 48% di Cina, Hong Kong, Macao e Taiwan.
La situazione italiana
Se guardiamo all’Italia, è necessario fare prima di tutto una precisazione rispetto a quanto emerso dal report della Corte dei conti europea. La previsione effettuata dall’istituzione si è basata su tre fattori: l’assegnazione delle frequenze, il recepimento del Codice europeo per le comunicazioni elettroniche e la stesura di un Piano nazionale per la banda larga in linea con gli obiettivi per il 2025. L’Italia alla fine del 2020, periodo al quale si riferisce lo studio, aveva raggiunto solo il primo dei tre target. Parametrando l’analisi a oggi, possiamo dire che le possibilità del nostro Paese di centrare gli obiettivi sono cresciute notevolmente, poiché nel corso dello scorso anno sono stati implementati gli altri due fattori presi in esame.
Il Piano Italia 5G
Con la pubblicazione della strategia nazionale a maggio 2021 e del Piano 5G nel novembre successivo, l’Italia ha tracciato la propria roadmap verso la distribuzione delle nuove reti.
Gli obiettivi definiti in sede nazionale non sono semplicemente in linea con quelli comunitari, ma risultano molto più ambiziosi.
Il Piano Italia 5G ha previsto la copertura di tutte le aree abitate del nostro Paese entro il 2026, ben 4 anni in anticipo rispetto a quanto definito a livello europeo. Lo stanziamento di 2,02 miliardi previsto dal nostro Pnrr, oltre a fornire copertura finanziaria anche per le cosiddette “aree a fallimento di mercato”, funge da garanzia sul rispetto di tali obiettivi: il regolamento del programma Next Generation Eu fissa il termine perentorio per il completamento di tutti i progetti al 31 dicembre 2026.
Il recepimento del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche
Il secondo target è stato invece raggiunto il 9 dicembre 2021 quando, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo numero 207 del 2021, l’Italia ha finalmente recepito il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. La nuova norma introduce importanti novità rispetto all’ambito di applicazione del quadro regolatorio, alla regolamentazione dell’accesso, alla gestione dello spettro radio, al servizio universale e alla tutela dei consumatori. In particolare, rispetto alla gestione delle frequenze (oltre ad accelerare le procedure di assegnazione) va ad armonizzare le questioni chiave dei modelli di licenza e dei regimi autorizzatori (tra cui la durata minima dei diritti d’uso, fissata a 15 anni) e incentiva, in una logica di efficienza, l’utilizzo condiviso, il trasferimento e l’affitto dello spettro seguendo il principio “use it or lose it”.
In ultima analisi, si può quindi affermare che la situazione del nostro Paese in ambito 5G sia migliore di quanto definito in sede europea, anche se permangono purtroppo numerose criticità da superare.
Gli ostacoli da superare
La deadline definita dal programma NGEu non ci consente di permettere passi falsi nella realizzazione dei progetti previsti nel Pnrr. Mancano meno di quattro anni alla fine del 2026 e la strada da percorrere è ancora molto lunga. La realizzazione del Piano Italia 5G sembra aver subito un rallentamento già nella fase iniziale. Le gare per l’assegnazione dei bandi del Piano Italia 5G, previste entro la fine del 2021 e slittate a inizio 2022, potrebbero essere ulteriormente posticipate a causa di difficoltà legate al regime Ue sugli aiuti di stato. Se così fosse, l’obiettivo fissato dal governo di assegnare tutti i bandi entro la metà del 2022 sarebbe difficilmente perseguibile, mettendo l’Italia in una posizione scomoda. Il programma di aiuti europeo è suddiviso in dieci tranche, legate al raggiungimento di “Obiettivi e Risultati”. Il mancato raggiungimento anche solo di una parte di quanto previsto potrebbe quindi pregiudicare l’erogazione della prossima rata da 21 miliardi di euro (al netto dei 3,1 miliardi confluiti nel prefinanziamento) prevista per il 30 giugno 2022. In generale, un ritardo eccessivo nell’assegnazione delle gare si ripercuoterebbe sull’ambizioso cronoprogramma definito dal piano, che prevede il raggiungimento della prima milestone del 20% già nel terzo trimestre del 2023.
Un altro problema da non sottovalutare è quello legato alla scarsa disponibilità di manodopera per la messa a terra delle infrastrutture di rete. Il 50% del capitale umano necessario per la realizzazione dei progetti in coerenza con le scadenze previste dal piano non sarebbe attualmente reperibile. Questo aspetto, che si somma con i ritardi di natura burocratica già emersi, rischia di rallentare notevolmente la fase di cantierizzazione.
Conclusioni
Nonostante le buone prospettive, le criticità da superare sono quindi notevoli e richiedono uno sforzo congiunto di tutti gli attori in gioco per permettere al nostro Paese di vincere la sfida 5G.