Sanità digitale, tutti i nodi del 2017

La prima necessità per il 2017 appare quella di oltrepassare la strategia e dare applicazione operativa al Patto, nonostante l’attuale scarsità di risorse a disposizione individuando, se possibile, mezzi adeguati a fare investimenti e potenziare la digitalizzazione nella Sanità italiana. Facciamo il punto sulle cose in sospeso

Pubblicato il 23 Gen 2017

Anna Francesca Pattaro

Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Comunicazione ed Economia

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Con l’inizio del 2017 risulta necessario fare il punto sullo stato attuale della Sanità Digitale in Italia e individuare quali siano le principali decisioni, iniziative e impegni da avviare nel corso dell’anno da poco iniziato.

La Sanità Digitale non è solamente l’insieme delle iniziative iniziate in ottemperanza alle indicazioni provenienti dalla regolazione per esempio dell’Unione Europea– che propone da ormai più di un decennio l’eHealth come modello di cura di elevata qualità per i cittadini europei (il primo EU eHealth Action Plan 2004-2011 risale appunto al 2004, mentre al momento esiste il secondo EU eHealth Action Plan 2012-2020 oltre a diverse iniziative e il relativo eHealth Network di operatori) – , o del nostro governo nazionale – attraverso per esempio il Patto per la Salute 2014-2016 o del Patto per la Sanità Digitale (2016). Si tratta invece di un passaggio obbligato per modernizzare e migliorare l’organizzazione e la produzione dei servizi sanitari, nonché per potenziare la comunicazione e collaborazione tra operatori pubblici e privati del settore, cittadini/utenti e aziende potenzialmente coinvolte come fornitori.

Importante è però non confondere l’obiettivo con il mezzo. Come in ogni altro settore della pubblica amministrazione l’impiego delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICTs) rappresenta uno degli strumenti a disposizione per modernizzare e migliorare sia l’organizzazione interna e la gestione delle istituzioni pubbliche coinvolte, sia la ingegnerizzazione e la produzione dei servizi, sia la comunicazione all’interno delle singole amministrazioni, del settore coinvolto e dell’intero sistema delle amministrazioni pubbliche, sia infine il dialogo col cittadino utente del servizio. Per questo l’adozione capillare e adeguata (da un punto di vista tecnico e operativo) delle ICTs nel settore sanitario può indubbiamente contribuire nel medio-lungo periodo a liberare risorse (materiali, umane, tecnologiche, finanziarie …) precedentemente mal utilizzate, a ridurre gli sprechi, a migliorare i processi di gestione e i servizi sanitari stessi e a potenziare infine la comunicazione tra amministrazioni, tra operatori socio-sanitari, con gli utenti e i fornitori. Tuttavia è evidente che l’adozione di nuovi strumenti e software, la costruzione di piattaforme, la re-ingegnerizzazione di processi, nonché la formazione e motivazione del personale che li deve utilizzare comportano dei costi iniziali non indifferenti che solo in un intervallo di tempo più ampio si possono recuperare.

Il recente Patto per la Sanità Digitale si configura però come un piano strategico unitario e condiviso per il conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, accountability, coinvolgimento e responsabilizzazione di pazienti, caregivers e stakeholders, attraverso l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità da perseguire senza aggravio aggiuntivi di spesa da parte della pubblica amministrazione, auspicando per questo l’impiego di fondi strutturali, fondi ad hoc stanziati da Stato e Regioni anche nel quadro di iniziative di partenariato pubblico-privato, iniziative di project finance e/o performance-based contracting o quote a carico dei cittadini per l’utilizzo di “specifici servizi di e-health a valore aggiunto” quindi dei “servizi premium”. Grande attenzione sembra quindi essere stata attribuita all’utilizzo delle risorse e alla sostenibilità del SSN – in continuità con le riforme della PA italiana negli ultimi anni -, mentre meno centralità sembrano assumere, per lo meno non esplicitamente, qualità ed efficacia dell’azione.

La prima necessità per il 2017 appare quindi quella di oltrepassare la strategia e dare applicazione operativa al Patto, nonostante l’attuale scarsità di risorse a disposizione individuando, se possibile, mezzi adeguati a fare investimenti e potenziare la digitalizzazione nella Sanità italiana.

Allo stato attuale diversi strumenti di Sanità Digitale sono stati realizzati, per esempio il Fascicolo Sanitario Elettronico in diverse regioni è una realtà consolidata, ci sono esperienze interessanti di telemedicina, di utilizzo dei big data, di creazione di biblioteche sanitarie in cui condividere esperienze tra diversi operatori del settore… E diversi esperti hanno evidenziato quali ulteriori strumenti e servizi dovrebbero essere realizzati (vedi altri articoli su agendadigitale.eu)

Tuttavia la situazione è estremamente differenziata da regione e regione: in alcune come Emilia-Romagna, Toscana, Trentino, Veneto, Lombardia … si investe da anni in questa direzione, mentre in molte regioni, soprattutto del Sud (ma non solo) la digitalizzazione è a macchia di leopardo. Per cui non solo le peculiarità socio-economiche e della domanda sono diverse da regione a regione, ma anche la situazione di partenza e probabilmente anche le tecnologie/strumenti utilizzati. Un secondo elemento su cui lavorare è quindi l’allineamento/armonizzazione (non uniformizzazione) quanto più possibile delle scelte e degli strumenti tra le regioni italiane, fermo restando naturalmente la sperimentazione e l’innovazione e la salvaguardia di alcune eccellenze e best practices. Un confronto leale e paritario tra soggetti e amministrazioni può essere di grande aiuto per condividere non solo esperienze di successo, ma anche difficoltà da risolvere.

Un altro elemento non del tutto chiaro della Sanità Digitale in Italia allo stato attuale, e quindi da dipanare, è legato alla governance dei processi di realizzazione – al momento implicitamente lasciata in mano alle singole regioni – e alle attività della “Cabina di regia” del Patto per la Sanità digitale – chiamato a vigilare sugli sprechi, le attività delle regioni ma non è chiaro sulla base di quale autorità e strumenti –.

Alle perplessità riguardanti la digitalizzazione della sanità allo stato attuale precedentemente indicate, si aggiungono anche criticità legate: all’adeguatezza tecnica delle soluzioni adottate/adottabili finora; alla sicurezza dei dati e dei sistemi; al disegno e gestione di strumenti che tutelino la privacy degli utenti (che si scontra con la messa disposizione delle informazioni e dati necessaria per creare una piattaforma sanitaria comune); al ripensamento del concetto stesso di cura col digitale che è richiesto agli operatori anche in una ottica di maggiore proattività. Quest’ultimo elemento sottolinea la necessità di investire adeguatamente sulla consapevolezza, formazione e motivazione del personale medico e operatori socio sanitari e dei soggetti a qualsiasi titolo coinvolti in questa rivoluzione silenziosa, per operare un progressivo cambiamento di mentalità. Anche nei pazienti e utenti. Non bisognerebbe però dimenticare il fenomeno del digital divide e quindi andrebbero valorizzate soluzioni multicanale e integrate (per esempio con servizi online, telefonici e che coinvolgono farmacie e altri front-office del sistema socio-sanitario compresi urp e corner dedicati in esercizi pubblici e privati) che non penalizzino proprio la fascia di popolazione più bisognosa, suo malgrado, di cure.

Attenzione va posta infine nella progettazione degli interventi alla distinzione tra azioni/interventi di coordinamento, re-ingegnerizzazione, miglioramento dei processi e della gestione interne al settore pubblico (Sanità e altre PA) anche se coinvolgono professionisti e fornitori privati esterni; da quelle legate all’effettiva erogazione dei servizi, alle relazioni e al dialogo con cittadini e utenti.

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