Quando parliamo di “accesso” è evidente a tutti che questo in sanità può avvenire in due specifiche e distinte modalità. C’è l’accesso in emergenza (es. Pronto Soccorso) o comunque non programmato e c’è poi l’accesso programmato (es. esame di laboratorio o strumentale, visita o ricovero preventivato), quello cioè che avviene prevalentemente, se non esclusivamente, tramite la ricetta. Infine c’è ’anche l’accesso mediante ricetta ai farmaci, ai presidi, etc. etc.
Nel primo caso il processo di evoluzione è ovviamente più orientato ad una diagnosi veloce, ad un intervento tempestivo e quindi maggiormente rivolto all’ottimizzazione dei processi di valutazione clinica.
Nel secondo caso, invece, l’aspetto da affrontare è prevalentemente quello organizzativo, volto a ridurre i “disagi” al cittadino, assottigliando al minimo il numero di interazione fra cittadino e struttura, rispettando i tempi di attesa e consentendo a tutti gli attori di avere in maniera tempestiva le informazioni, per proseguire, quando necessario, il percorso di accertamento/cura del paziente.
La natura dell’accesso ai servizi sanitari a mio avviso ha un prima e un dopo. Questo primo e questo dopo hanno come linea di demarcazione la ricetta dematerializzata.
Anche se ancora non siamo difronte ad un livello omogeneo sul territorio nazionale di utilizzo della ricetta dematerializzata e soprattutto al momento non siamo ancora in un pieno processo di dematerializzazione (vedi “Ma quale ricetta dematerializzata, si è soltanto scolorita”), resta evidente a tutti che se oggi dobbiamo procedere alla progettazione di nuovi servizi di accesso in sanità in questo ambito, non possiamo non tenere conto del processo di innovazione che deriva dalla dematerializzazione della ricetta. Apre una grande opportunità di trasformazione per l’innovazione in Sanità. Con la dematerializzazione i dati contenuti nelle ricette sono a disposizione del SSN prima che il cittadino decida che cosa fare e dove andare.
In un altro articolo, sempre in questo contesto, ponevo la domanda se i CUP servissero ancora e quale funzione dovessero continuare ad avere nel futuro della sanità (vedi “Verso i CUP 2.0, la sanità che si avvicina ai bisogni dei cittadini”).
Il terreno dell’innovazione nell’accesso ai servizi sanitari (almeno quelli tramite prescrizione medica) è questo, ed è sostanzialmente quello di ridurre a zero il tempo che trascorre fra il momento della prescrizione e quello della prenotazione, evitando, quindi, il continuo peregrinare del paziente fra sportelli con file interminabili o di lunghe attese al telefono prima che un operatore del call-center risponda.
D’altronde se ci pensiamo bene, la ricetta dematerializzata contiene già tutte le informazioni necessarie per poter effettuare un “booking” della/e prestazione/i senza la necessità di alcun intervento “umano”. Prima il personale allo sportello e/o al call center era necessario per interpretare la calligrafia del medico, le prestazioni richieste e per “tradurle” nel linguaggio con cui quelle prestazioni erano memorizzate sul sistema informatico. Questo processo oggi si azzera e rende possibile che nel momento in cui il “sistema” riceve la ricetta, questa possa essere inviata direttamente alla piattaforma tecnologica del CUP e fornire la prima disponibilità per le prestazioni richieste.
La Regione Veneto ha, in questo senso, già avviato da diverso tempo un progetto sperimentale con i Medici di Medicina Generale, denominato “Oltre CUP”, i cui primi risultati sono estremamente incoraggianti.
Non difforme, seppur con difficoltà e tappe diverse, è la scelta fatta dalla Regione Lazio per la gestione dei PDTA, anche questi oggetto di un mio articolo in questa sede (vedi “I Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali si gestiscono nel FSE. Il caso della Regione Lazio”).
Per poter andare avanti su questa idea le innovazioni necessarie riguardano la piattaforma tecnologica che deve essere messa a disposizione nei CUP, ma anche l’organizzazione delle agende e la loro suddivisione per classi e per soggetti prescrittori.
In questa direzione va la scelta fatta da Regione Lazio nel bandire la gara (ad inizio 2016) per la realizzazione della nuova infrastruttura tecnologica regionale per il ReCUP. Non solo una interfaccia e un back-end attraverso i quali fare accedere operatori degli sportelli, del call-center o delle segreterie aziendali, ma un sistema che attraverso la realizzazione di “servizi” elementari e complessi, possa consentire a qualsiasi sistema terzo (es. cartelle di studio medico, etc. etc.) di effettuare le stesse operazioni che oggi vengono fatte esclusivamente dalle figure precedentemente elencate. In quella gara Regione Lazio ha “esasperato”, fino a portarlo quasi all’estremo, il concetto di SOA (Service Oriented Architecture) come elemento fondante per la realizzazione del sistema.
Inoltre la realizzazione meditante “servizi” elementari e complessi, facilita l’implementazione, insieme alle interfacce standard , anche di quelle su dispositivi “mobile”, favorendo, l’utilizzo, per esempio, anche durante visite domiciliari o per la gestione della “libera professione”.
In questo modo la prenotazione è estesa a 360° al momento dell’emissione della prescrizione, cioè qualsiasi ricetta specialistica in qualsiasi luogo, quindi anche negli ambulatori delle aziende e degli ospedali, produce in maniera “automatizzata” la prenotazione. Obbiettivo fondamentale e ineludibile è che il cittadino esca sempre con la prenotazione in mano e non con una prescrizione attraverso la quale “elemosinare” poi un appuntamento. Questa modalità oltre agli innumerevoli vantaggi per tutti, consegna anche una maggiore trasparenza nell’accesso al Servizio Sanitario.
A questo punto l’osservazione che nasce spontanea è quella di chiedersi che fine fanno gli sportelli aziendali o i call-center adibiti alla gestione delle prenotazioni.
Probabilmente proprio su questo, nel corso della tavola rotonda, si sono manifestate le diverse sensibilità dei partecipanti.
Proviamo a vedere quali sono le attività oggi maggiormente svolte da chi fornisce servizi di call center per la gestione completa del “reservation” delle prestazioni sanitarie o dagli sportelli aziendali:
a) prenotazione appuntamento;
b) spostamento appuntamento;
c) revoca appuntamento;
d) attività di “recall” (solo call-center);
e) gestione segreterie aziendali (solo aziende);
f) gestione segretaria del sistema “sovracup” (solo call center).
Per quello che ci siamo fino ad ora detti la prenotazione viene sostanzialmente resa residuale; lo spostamento, siccome necessita di una “contrattazione” ragionevolmente continuerà ad essere gestito con personale, così anche la revoca, pur nella consapevolezza che anche questo processo può essere fortemente automatizzato. Anche l’attività di “recall” può essere fortemente automatizzata, anche qui però una piccola parte continuerà ad essere fatta attraverso personale, soprattutto per le persone anziane che magari non lasciano contatti tipo cellulare o e-mail. Il lavoro delle segreterie, seppur semplificato dall’arrivo della ricetta dematerializzata e dai conseguenti Cataloghi Unici Regionali (CUR) per l’identificazione delle prestazioni da inserire nella ricetta, resterà comunque prevalentemente svolto da personale.
L’impatto è evidentemente uno di quelli che lascia il segno ed è per questo che il passo deve essere deciso ma graduale. E soprattutto deve vedere i medici a sostegno dell’iniziativa.
L’avvio a regime della ricetta dematerializzata specialistica, cambia in maniera sostanziale l’accesso ad una parte dell’erogazione dei servizi sanitari; sfruttare questa occasione vuol dire modificare in profondità i modelli organizzativi, alcune dei quali molto consolidati e radicati. È evidente a tutti però che una piena attuazione del processo discusso, produce indubbi vantaggi per i cittadini, semplificando loro l’accesso; ottimizza l’erogazione delle prestazioni e le mette in trasparenza ed in fine aiuta anche a ridurre i costi di gestione.