Banda larga

Sblocca Italia, attenzione il credito vale solo per il 2015

Il testo arrivato in gazzetta ufficiale ha modifiche migliorative, ma ancora il vizio dei decreti attuativi e di troppe precisazioni che si prestano a varie interpretazioni. L’impatto del decreto è quindi impossibile da stimare. Mentre l’Europa ci chiede in fretta di presentare la strategia italiana per i fondi

Pubblicato il 26 Set 2014

Rossella Lehnus

Director at Deloitte Financial Advisory

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La versione dello Sblocca Italia in gazzetta ufficiale presenta tante modifiche e tanti buoni principi. Ma come calcolarne l’effetto sul mercato? Per ora impossibile. Il vizio dei decreti attuativi a cui è lasciato decidere praticamente tutto, piace anche al Governo Renzi, allungando così l’infinita lista dei decreti inattuati sull’Agenda digitale.

Molti dei difetti delle prime versioni sono stati corretti nella stesura finale, inserendo però delle precisazioni che aprono a più interpretazioni da sciogliere con un decreto in mano a troppi Ministeri da emanare entro 30 giorni. Se questo non accadesse, potrebbe essere anche il Parlamento a decidere invece di rendere più prescrittiva le norma in sede di conversione del decreto legge.

Per esempio, ritorniamo alla norma di cui all’art. 6, relativa al “credito di imposta a valere sull’IRES e sull’IRAP complessivamente dovute dall’impresa che realizza l’intervento infrastrutturale, entro il limite massimo del 50 per cento del costo dell’investimento. Il credito di imposta non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP ed è utilizzato in sede della dichiarazione dei redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive“.

Rispetto alla versione originale vediamo un’attenzione particolare a distinguere i nuovi investimenti da quelli già programmati, un riferimento all’AGom e la possibilità di usufruire dell’incentivo anche realizzando infrastrutture abilitanti i 100 mbps nelle aree, superiori ai 50mila abitanti (dunque più o meno le prime 150 città) già fornite dal servizio a 30 mbps. Una scelta coerente, peraltro, con gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato in materia di banda ultralarga che permette di incentivare l’upgrade di copertura a 100 mbps. Anzi, sarebbe stato meglio che l’intera norma si fosse concentrata sui 100 mbps, considerando che, nel nostro Paese, nessun operatore vuole investire in tale servizio nei prossimi tre anni.

In ogni caso questo incentivo fiscale potrebbe essere davvero un driver dirompente affinché tutti gli operatori di telecomunicazione investano in ultrabroadband nelle aree bianche. Una misura davvero interessante e capace di spostare sensibilmente il ritorno degli investimenti se il decreto conferma questa impostazione. La norma riporta, infatti, una dicitura che apre a molte interpretazioni: – “il limite massimo del 50 per cento”. Ciò significa che la defiscalizzazione può essere in taluni casi anche meno della metà dell’investimento? Per esempio potrebbe significare che gli investimenti non saranno tutti valutati allo stesso modo: cioè il decreto potrebbero distinguere aree bianche (cioè a fallimento di mercato) in cui è concesso il 50 per cento di defiscalizzazione e aree sempre bianche, ma più appetibili, il cui aiuto vale, magari, il 30 o il 20 per cento del costo dell’investimento.

In questo modo, attraverso il decreto si potrebbero pilotare puntualmente gli investimenti privati definendo percentuali di credito di imposta diverse a seconda dei Comuni italiani in cui l’operatore decide di investire.

Il decreto però dovrà soprattutto definire le modalità di controllo: chi è come valuterà che gli investimenti dichiarati nella sezione del sito del MISE dedicata, portino realmente il servizio a banda ultralarga richiesto? Chi misurerà che il servizio ai clienti finali sarà di 30 o di 100 mbps? Questa verifica sul territorio è fondamentale ma onerosa e dovrà essere organizzata subito considerando le tempistiche della norma. Tempistiche che, fra l’altro, devono essere compatibili anche con quelle europee, considerando che trattandosi di un aiuto di Stato, potrebbe essere ritenuto opportuno notificarlo in Commissione per valutarne la compatibilità.

Insomma, la partita è ancora tutta aperta e speriamo di chiuderla entro 30 giorni come stabilito, anche perché la norma vale solo per il 2015 e se i tempi burocratici si rivelassero più lunghi del previsto il mercato non riuscirebbe nemmeno a programmare nuovi investimenti. Inoltre, l’Italia proprio in questi mesi deve descrivere la strategia italiana all’Europa per la spendibilità dei fondi europei a corredo dell’accordo di partenariato e l’impatto dello sblocca Italia dovrebbe giustamente essere calcolato per rendere credibile la strategia italiana.

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