Dopo un iter molto complesso, che ha visto anche le dimissioni del relatore alla camera Malan, (PDL) il “Decreto Scuola” del ministro Carrozza (DL 104 8 Settembre 2013) è stato approvato, in extremis, alla Camera dei Deputati il 31 ottobre e inizierà il suo iter al Senato. Se lo si considera dal punto di vista dell’innovazione o dell’attuazione dell’Agenda digitale della scuola il decreto è, in effetti molto deludente.
Se si eccettua, infatti, il lodevole passaggio relativo alla liberalizzazione delle adozioni dei libri di testo e alle caratteristiche dei nuovi contenti digitali per l’apprendimento (argomento da me diffusamente trattato su questa testata), ma anche nella legge di stabilità, a quanto è dato capire, figurano solo 15 milioni di euro stanziati per la copertura wireless degli istituti “prevalentemente” superiori. Questo “ingente” investimento, a più riprese, e anche molto di recente, sbandierato sia dal premier Letta sia dal Ministro dell’Istruzione Carrozza è l’unico somma realmente stanziata per l’innovazione digitale della scuola.
Ma perchè mai dotare le scuole di una infrastruttura wireless se la stragrande maggioranza degli istituti scolastici, sicuramente più del 90% è ben lontana dall’avere la banda Internet per poter far funzionare realmente l’infrastruttura wireless? In questa domanda, un po’ sconsolata, può essere sintetizzato il bilancio dell’azione “innovativa” del governo per quando riguarda l’attuazione dell’Agenda digitale della scuola.
Dopo sei mesi, infatti, – Letta e Carrozza si sono insediati il 28 aprile del 2013 – si può cominciare a tracciare un primo bilancio della loro azione in tema attuazione dell’Agenda digitale e di innovazione nella digitalizzazione del mondo della scuola. Un bilancio ampiamente deficitario, come accennavamo più sopra, vediamo perché.
I primi passi si Carrozza la Ministero sono stati caratterizzati dal lodevole “annuncio” di una rinnovata attenzione al mondo della scuola e della ricerca: “Mai più tagli alla scuola”. E’ vero sia il “decreto del fare” che il successivo “Decreto scuola” non hanno tagliato su questo capitolo fondamentale per lo sviluppo e l’innovazione del sistema Italia, ma purtroppo nei vari provvedimenti non c’è traccia di investimenti per la digitalizzazione del sistema formativo. Nell’insieme si tratta di misure, che elencheremo di seguito, che provano a “tamponare” un situazione ormai quasi al collasso ma che non danno attuazione alla linea di discontinuità con il passato di Monti e Profumo. Se si scorrono i provvedimenti principali, troviamo, infatti, norme che si affannano nella manutenzione ordinaria di una scuola pubblica ormai prossima soprattutto in alcune realtà regionali italiane. Vediamole più in dettaglio, sarà definito un piano triennale di immissioni in ruolo del personale docente, educativo ed ATA, per gli anni scolastici 2014/2016 (69 mila docenti e 16 mila Ata nel triennio) “i precari della scuola”; 6,6 milioni (1,6 per il 2013 e 5 per il 2014) sono mirati al miglioramento dell’orientamento degli studenti della scuola secondaria di secondo grado; 13,2 milioni (3,3 per il 2014 e 9,9 per il 2015) per potenziare l’insegnamento della geografia generale ed economica. 3 milioni per il 2014 sono volti a finanziare progetti didattici nei musei e nei siti di interesse storico, culturale e archeologico.
Ora come si vede, da questi esempi, nessuna traccia di fonti per l’attuazione dell’Agenda Digitale della scuola. Solo i “famosi” 15 milioni da impiegare immediatamente per la connettività wireless nelle scuole secondarie, con priorità per quelle di secondo grado.
Secondo un fortunata espressione di un docente Girolamo De Michele, intervistato da Salvatore Cannavò su Il Fatto Quotidiano Il Decreto “rimette a posto le sdraio del Titanic” e la Legge di stabilità non pare fare di meglio. L’atteggiamento del Governo in tema di innovazione mi pare improntato ad un”attivo immobilismo”, e questo purtroppo vale anche per la maggior parte degli altri provvedimenti altri comparti economici, sociali, ed istituzionali, ad esempio.
E’ vero che Carozza si è dovuta confrontare con la “pesante” e “preziosa” eredità di Monti e Profumo. L’Agenda digitale (Decreto Sviluppo Decreto Legge, testo coordinato 22.06.2012 n° 83 , G.U. 11.08.2012) aveva riavviato dopo più di un decennio di colpevole incuria e di tagli indiscriminati alla scuola e alla ricerca un processo di innovazione molto forte che investiva tutto i paese, ma che aveva forti ricadute anche sul sistema scolastico e universitario italiano. I pilastri dell’Agenda digitale Sella scuola erano e sono costituiti da tre ambiti di intervento.
- Le infrastrutture Internet. Nell’agenda digitale è delineato in modo chiaro, anche se non finanziato, un piano di cablaggio “definitivo” ed efficiente delle scuole attraverso il Piano nazionale per la banda larga (Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto “Decreto Sviluppo”) pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012 );
- La dematerializzazione. Sempre Nell’Agenda digitale (Decreto Sviluppo) viene sancita la “inderogabilità” e la “irreversibilità” del processo di dematerializzazione delle procedure e delle pratiche amministrative della scuola. La necessità, cioè, di dotarle tutto il sistema della formazione italiana di un’infrastruttura software digitale di gestione e amministrazione che le permetta finalmente di uscire dalla morsa la gestione burocratica “gutenberghiana” e dalle sue strutturali lentezze.
- Le competenze di cittadinanza. La necessità, cioè, di adottare una innovazione metodologica e didattica che porti anche la scuola italiana a offrire ai suoi allievi e studenti reali competenze digitali – non come voleva Moratti la patente europea del computer (sic!). Ma la capacità concreta di apprendere e di costruire i saperi attraverso strumenti quali i tablet e gli ambienti virtuali di apprendimento ma non solo; anche il diritto a scuola di divenire “cittadini digitali” che possono vivere studiare e in futuro lavorare in un modo che benefici del dividendo sociale delle tecnologie digitali
Di tutto questo non vi è traccia nel “decreto scuola” e soprattutto non vi è traccia di investimenti, neanche nella legge di stabilità, che si dirigano nella direzione dell’attuazione dell’Agenda digitale della scuola, né sul capitolo infrastrutture, né su quello della formazione metodologica degli insegnanti e tanto meno sulla ridefinizioni di ordinamenti e indicazioni nazionali accolgano la sfida dei nuovi stili di apprendimento dei nostri figli: i nativi digitali. Alcune buone intenzioni (le norme sui libri digitali) e un “oblomoviana” inerzia sul fronte dell’innovazione. Possiamo affermare che esiste un “larga intesa” all’interno della politica italiana a restare immobili rispetto ad un Agenda digitale che, se attuata, potrebbe valere 2 o 3 punti percentuali di PIL: “Continuiamo così a farci del male”.