L’operatore francese Orange ha recentemente annunciato l’atterraggio del sistema di cavi sottomarini South East Asia–Middle East–Western Europe 6 (SEA-ME-WE 6) nella sua infrastruttura a Marsiglia. L’operatore francese è membro del consorzio che sta realizzando gli oltre 21.700 km di collegamenti in fibra ottica che, da Singapore a Marsiglia, metteranno in comunicazione il Sud-est asiatico con l’Europa, passando per il Medio Oriente.
I Paesi interessati dal sistema dei cavi sono Singapore, Malesia, Bangladesh, Sri Lanka, Maldive, India, Pakistan, Gibuti, Arabia Saudita, Egitto e Francia, dove Orange funge da landing party e ospita il cavo a Marsiglia, fornendo accesso neutrale a tutti i data center dell’area tramite un raccordo urbano in fibra ottica. Dalla città della Provenza ora i lavori stanno proseguendo per realizzare i circa 3.000 km del segmento che arriverà in Egitto. Secondo le stime l’intero progetto dovrebbe essere portato a termine entro il primo trimestre del 2025 e sarà in grado di migliorare notevolmente le connessioni tra il continente asiatico e quello europeo, offrendo una capacità di oltre 130 Tbps.
Le implicazioni geopolitiche del sistema SEA-ME-WE 6
Lo sbarco a Marsiglia del sistema SEA-ME-WE 6 non è solo una notizia di rilievo per il potenziamento delle infrastrutture di Rete globali, ma rappresenta anche un importante novità da un punto di vista geopolitico. Sulla realizzazione del SEA-ME-WE 6 si è consumata infatti un’aspra contesa tra Stati Uniti e Cina che vale la pena ripercorrere per mettere a fuoco l’attuale competizione tra le potenze per il controllo delle rotte di passaggio dei dati.
La contesa tra SubCom e HMN Tech per la realizzazione del cavo
Ad aggiudicarsi i lavori dell’infrastruttura è stata nel febbraio del 2022 SubCom, una delle aziende leader nel settore cavi e controllata dal fondo americano Cerberus, molto vicino all’amministrazione USA. Ma l’esito della gara è stato molto tormentato.
Inizialmente il consorzio di operatori aveva scelto HMN Tech, azienda cinese che Washington considera uno dei principali attori della geopolitica economica di Pechino. HMN Tech si era aggiudicata i lavori con un’offerta del 25% più bassa rispetto proprio a SubCom. Una situazione piuttosto comune in molte gare internazionali sulle infrastrutture digitali, dove le aziende cinesi riescono ad avanzare proposte in grado di sbaragliare la concorrenza grazie a ingenti sussidi da parte del governo di Pechino o di banche pubbliche.
Il cavo da Singapore a Marsiglia sarebbe stato il più grande progetto internazionale realizzato da HMN Tech e avrebbe garantito alla società un’esperienza spendibile sul mercato per estendere il proprio business. Ma non solo. Da un punto di vista geopolitico per Pechino sarebbe stata una notevole vittoria quella di mettere le mani, indirettamente, sull’arteria nella quale passeranno i dati di Paesi chiave per la sua sfera d’influenza nell’area del Pacifico.
Le pressioni USA e il cambio di fornitore
Uno scenario inaccettabile per Washington, che ha avviato una complessa macchina diplomatica per fermare l’ascesa cinese. Un lavoro sottotraccia, messo in luce da un’inchiesta dell’agenzia Reuters che ha svelato le pressioni americane sul consorzio promotore del cavo. Gli emissari di Washington avrebbero sottolineato in particolare il fatto che HMN Tech sarebbe stata presto oggetto di sanzioni che avrebbero messo a repentaglio i progetti nei quali era coinvolta, paventando inoltre l’eventualità che per motivi di sicurezza le grandi aziende a stelle e strisce non avrebbero potuto avvalersi di un cavo realizzato da HMN Tech.
Senza Google, Meta, Amazon, Microsoft o Netflix come clienti, il progetto non sarebbe mai stato economicamente sostenibile. L’opera di persuasione ha portato a una nuova gara che, nonostante un ulteriore ribasso di HMN Tech, SubCom è riuscita a vincere grazie a criteri di solidità e sicurezza.
L’uscita dal consorzio di China Telecom e China Mobile e il nuovo progetto cinese: un cavo alternativo
Con uno strascico di polemiche interne che ha portato due delle società di telecomunicazioni cinesi presenti inizialmente nel consorzio – China Telecom e China Mobile – a uscire dal gruppo.
Il passo indietro dei due colossi cinesi non deve essere interpretato come una rinuncia a controllare il traffico dei dati in quell’area strategica da parte di Pechino, che si è messa subito al lavoro su un nuovo progetto. Nel 2023 sono emerse le prime indiscrezioni di un piano che le cosiddette Big Three – China Telecom, China Mobile e China Unicom – starebbero studiando per creare un cavo alternativo in grado di collegare Asia, Medio Oriente ed Europa. Partirebbe da Hong Kong per passare poi nella provincia cinese di Hainan e dirigersi verso Singapore, Pakistan, Arabia Saudita, Egitto e Francia. Il costo si aggirerebbe intorno ai 500 milioni di dollari e verrebbe posato da HMN Tech, grazie anche al supporto finanziario del governo di Pechino. Le tre società cinesi, che dovrebbero possedere più della metà del nuovo cavo, starebbero stringendo accordi con partner stranieri con l’obiettivo di cominciare velocemente i lavori e avere disponibile il cavo entro il 2025, poco prima dell’operatività stimata del concorrente SEA-ME-WE 6.
Le conseguenze della frammentazione della rete
La nuova infrastruttura darebbe a Pechino un doppio vantaggio. Permetterebbe un collegamento diretto tra Hong Kong, la Cina e numerosi Paesi chiave tra Asia ed Europa, un corridoio già oggi strategico per gli scambi commerciali. Offrirebbe inoltre un’alternativa alle società cinesi di telecomunicazioni nel caso in cui gli Stati Uniti decidessero in futuro di estrometterle dai cavi di proprietà di società americane o di consorzi filoamericani adducendo motivi di sicurezza.
La recente notizia che i lavori del SEA-ME-WE 6 proseguono spediti potrebbe dare un’ulteriore spinta al progetto parallelo delle aziende cinesi. La realizzazione di questo cavo sponsorizzato da Pechino consacrerebbe la divisione geopolitica in atto nel panorama delle infrastrutture di Internet, spingendo ancora di più verso la frammentazione della Rete.
In questo scenario i Paesi del quadrante Pacifico, ma non solo, potrebbero in futuro trovarsi costretti a scegliere tra cavi gravitanti nell’orbita cinese o americana, mettendo a repentaglio il principio astratto dell’universalità di Internet e inquadrando tutto il settore dei cavi sottomarini in una prospettiva che va molto al di là delle mere considerazioni tecniche e commerciali.