Con gli oltre 500 comuni che in Italia hanno preso posizione contro l’installazione di stazioni radio-base con tecnologia 5G stiamo assistendo all’ennesimo paradosso: molte di queste aree – tra cui figurano alcune non piccole città del Nord, come Udine e del Sud, come Reggio Calabria e Siracusa – sono comunque già in sofferenza “digitale” a causa dell’assenza di connessioni in fibra FTTH e bassa copertura 4G e le amministrazioni anti 5G, invece di agevolarle, fanno delle scelte che vanno a detrimento del territorio in base valutazioni senza fondamento scientifico.
Il governo, dal canto suo, ha giustamente fatto valere una sorta di clausola di supremazia nel recente decreto semplificazioni in vigore dal 17 luglio per limitare il proliferare di ordinanze e delibere.
Il testo del decreto è articolato e si spera che non presti il fianco a ricorsi o escamotage da parte delle amministrazioni per continuare a bloccare o anche a rallentare il passaggio dal 3/4G al 5G; mentre certo anche il prossimo passaggio di conversione parlamentare potrebbe riservare sorprese.
Inoltre, visto che queste ordinanze Stop5G andavano incontro a sparuti ma rumorosi gruppi antisistema, rimane il timore che la vena irrazionalista (che indubbiamente percorre il Paese) non riemerga con azioni più eclatanti come è accaduto in UK dove alcuni impianti radio-base 5G sono stati incendiati o danneggiati e gli operatori attaccati o insultati.
Non voglio certo fare il profeta di sventura: faccio queste considerazioni a mente fredda e soprattutto dopo aver potuto leggere una di queste delibere (di un piccolo comune del Molise).
Sfatiamo i “miti” su salute e 5G
La prima osservazione è che, a parte le intestazioni e le firme in calce, il grosso del documento è chiaramente frutto di un copia-e-incolla di un volantino o manifesto complottista. Sembra che tutti o quasi i comuni aderenti al movimento Stop5G incorporino nelle delibere decine di punti con affermazioni al limite del ridicolo e anche risibili se lette su qualche sito web dedito dalla verità alternativa ma decisamente inquietanti se frutto di una “delibera” di un organo dello stato che da dizionario implicherebbe “decidere dopo opportuna discussione o ponderazione”. Usare la carta intestata del comune per il corpo di un volantino complottista non mi sembra esattamente che sia il livello di azione che ci si aspetta da un’amministrazione dello Stato, fosse anche del più piccolo del Paese.
Non esistono studi scientifici che attestano la nocività delle onde elettromagnetiche usate nelle tlc
Analizzare tutti i punti contenuti nelle delibere in questa sede è impossibile ma credo meriti almeno citarne un paio e discuterli:
- [..] come noto, numerosi, attendibili e qualificati studi medico-scientifici nazionali ed internazionali attestano la potenziale nocività per la salute umana delle onde elettromagnetiche, emessi da tecnologie di comunicazione senza fili, con rischi per il sistema neurologico, immunitario, endocrinologici e persino genotossici-tumorali e un aumento di fenomeni di elettrosensibilità nella popolazione;
Nessuno studio attesta la nocività della delle onde elettromagnetiche usate per le telecomunicazioni. Riguardo gli effetti biologici delle onde elettromagnetiche, la radiazione (definita come energia che si sposta da un punto all’altro dello spazio) si divide in due grandi categorie: radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti trasportano abbastanza energia per danneggiare atomi e molecole (quindi anche i tessuti biologici) alterandone la struttura e quindi la chimica. Le radiazioni ionizzanti sono quindi potenzialmente cancerogene ma non hanno nulla a che vedere con le telecomunicazioni.
Viceversa, le radiazioni non ionizzanti non hanno abbastanza energia per produrre questi effetti. Le onde elettromagnetiche usate nelle telecomunicazioni non sono ionizzanti perché la loro frequenza è troppo bassa (per avere effetti ionizzanti occorre andare ben oltre i segnali radio ed arrivare anche oltre le frequenze ottiche, nel regime dell’ultravioletto, ed è per questo che usiamo le creme protettive quando andiamo al mare). Parlare di “rischi per il sistema neurologico, immunitario, endocrinologici e persino genotossici-tumorali” è pretestuoso.
Le onde elettromagnetiche sono in grado di trasferire calore ai tessuti e questo è l’unico effetto biologico provato (la cosiddetta SAR, Specific Absorption Rate). Su questo punto ci sono studi giudicati di qualità scientifica discutibile e bassa significatività statistica come quelli fatti dall’Istituto Ramazzini (che sembra essere registrata come Cooperativa Sociale al momento ed è stato smentito, nello “studio” sulle emissioni persino da una meta-review dell’americana FCC).
L’Istituto Ramazzini è stato attivo, una decina di anni fa, anche nel tentativo di dimostrare la tossicità dell’aspartame. Anche in quel caso si arrivò ad un nulla di fatto dopo un periodo di polemiche che non hanno però raggiunto i media mainstream come nel caso del 5G. Gli studi sul 5G del Ramazzini e del National Toxicology Program americano si concentrano su casi di tumori cardiaci maligni (schwannomi) su campioni di ratti troppo ridotti e mal trattati da un punto di vista statistico, per cui l’affermazione che ci sia evidenza di alcuna correlazione tra l’insorgere di questi rari tumori e l’esposizione alle onde elettromagnetiche (tra l’altro a frequenze diverse da quelle usate dal 5G) è quantomeno audace.
Altri studi come quello di Ronald N. Kostoff (un ingegnere aerospaziale) spesso citato dagli Stop5G sembrano essere solo paccottiglia: in oltre 1000 pagine di testo non si riesce a trovare un grafico o una tabella. Un altro titolato appassionato di 5G è Joel M. Moskowitz (matematico e sociologo) che ha scritto delle supposte conseguenze negative del 5G sul blog (non sulla rivista) di Scientific American ed è un notoriamente associato ad ambienti cospirazionisti.
Le radiofrequenze del 5G non sono “inesplorate”
Il secondo punto che estraggo dalla delibera “matrice” è un altro cavallo di battaglia degli Stop5G:
- Le radiofrequenze del 5G sono del tutto inesplorate, mancando qualsiasi studio preliminare sulla valutazione del rischio sanitario e per l’ecosistema derivabile da una massiccia, multipla e cumulativa installazione di milioni di nuove antenne che, inevitabilmente, andranno a sommarsi alle decine di miglia di Stazioni Radio Base ancora operative per gli standard tecnologici di comunicazione senza fili 2G, 3G, 4G oltre alle migliaia di ripetitori Wi-Fi attivi;
Occorre ripetere per l’ennesima volta che le onde elettromagnetiche sono forse il fenomeno fisico conosciuto dall’uomo con la maggiore accuratezza da quando è nata la scienza moderna. Sappiamo tutto delle onde elettromagnetiche sia a livello classico che a livello quantistico e non c’è nulla di inesplorato che richieda l’applicazione del principio di precauzione (nemmeno si venisse in contatto con una specie aliena). Fisica a parte, bisognerebbe chiarire, sempre per l’ennesima volta, che il 5G è più un’ottimizzazione del 4G e un protocollo di rete mobile che una “nuova tecnologia” che usa “radiofrequenze inesplorate”.
A dimostrazione di questo c’è il fatto che, per le radio-basi 4G di ultima generazione, il passaggio al 5G non richiede l’installazione di nuove antenne ma un semplice aggiornamento software per l’uso delle frequenze della banda a 700 MHz che fino a poco tempo fa erano usate dal digitale terrestre mente tutti i sindaci d’Italia dormivano sonni tranquilli. Il 5G viene spesso presentato in chiave di aumento della velocità ma è molto di più: come ho detto è anche un protocollo che permette per esempio di partizionare le reti mobili sullo stesso schema delle LAN virtuali delle reti fisse e ciò presenta notevoli vantaggi. Supponiamo di avere un’azienda con dei macchinari connessi in rete via IOT che trasmettono pochi dati (logs) ma importanti per questioni di monitoring o sicurezza e non hanno bisogno di basse latenze. Supponiamo che l’azienda abbia nello stesso capannone che occupa i macchinari anche gli uffici che avranno sicuramente PC collegati ad internet usati anche come postazioni per teleconferenze in streaming e comunque con necessità di banda maggiori.
Con una copertura 4G tutti questi device sono nella stessa rete, con le stesse latenze, malgrado una teleconferenza su un PC abbia richieste di banda molto diverse da una macchina IOT che manda un pacchetto ogni secondo. Il 5G permette di partizionare la rete in modo ottimale e di supportare i device affamati di banda in modo efficace. Inoltre, il 5G è più efficiente del 4G in termini energetici: è capace di emettere a piena potenza solo quando serve e solo verso il dispositivo che ha bisogno di connettersi. In pratica, mentre il 4G “illumina” a ventaglio (o meglio a lobi, secondi i fattori di guadagno nei piani orizzontale e verticale) attorno all’antenna e anche quando nessuno ha bisogno di connettersi, il 5G è più simile ad un proiettore (beamforming) che si accende in direzione del dispositivo che richiede la connessione, mentre per il resto del tempo è dormiente, risparmiando energia ed evitando di emettere nello spazio circostante senza motivo.
Il 5G non ci “cuocerà” il cervello come un microonde
Un’altra delle preoccupazioni infondate riguardo l’uso delle frequenze nel regime delle microonde previsto per il 5G è che “finirà col cuocerci il cervello come se fosse un forno” il che è palesemente falso. Anche se il 5G è in grado di operare alle stesse frequenze del forno a microonde la potenza in gioco è totalmente diversa e di gran lunga inferiore. Il forno a microonde per cuocere il cibo assorbe circa 1000 Watt di potenza concentrate in un volume di poche decine di litri. Il segnale 5G all’antenna (quindi di solito già abbastanza lontano da noi) opera con potenze dell’ordine di qualche decina di Watt e il segnale che arriva alla persona (che di solito è abbastanza lontana dalla radio-base) è dell’ordine dei milliWatt. Un’analogia può essere fatta col puntatore laser che usiamo per le presentazioni PowerPoint: è un laser, certo, ma non potremo tagliarci una lastra di metallo e neanche un foglio di carta velina perché la potenza in gioco è appunto dell’ordine dei milliWatt.
Un’altra problematica riguarda le frequenze. Come si è detto la banda a 700 MHz è già usata dal digitale terrestre. Se saliamo in frequenza, fino a 27 GHz e oltre però le onde elettromagnetiche perdono capacità di penetrazione. Si useranno antenne più piccole, diffuse e meno potenti in zone ben determinate. In altre parole, sia le pareti di casa che i nostri corpi divengono più “opachi” quando le onde elettromagnetiche crescono di frequenza. Una piccola verifica sperimentale la potete fare anche dal vostro Wi-Fi. Oltre alla frequenza 2.4 GHz tutti i router hanno la frequenza a 5 GHz che garantisce collegamenti più veloci ma è sensibilmente più schermata dalle pareti di casa rispetto alla 2.4 GHz. Quindi le frequenze alte anche se rilevate dalle antenne dei telefonini e dei PC saranno facilmente fermate dagli strati esterni della nostra pelle.
La questione dei limiti italiani di emissione troppo bassi
Il risultato finale di questo modo di procedere, che per il momento sembra sventato, è che fasce di popolazione già svantaggiate vedranno aumentare il divario che le separa dai loro concittadini che hanno invece accesso a certe tecnologie. Considerazioni simili si applicano al livello legislativo nazionale. Ad esempio, i limiti italiani di emissione media sulle 24h per il campo elettrico sono ultra-conservativi: 6 V/m contro i 61 V/m implementati dall’EU (che già sono 50 volte inferiori alla soglia di sicurezza stabilita dall’ ICNIRP). Questa scelta stramba fatta dal legislatore italiano svariati anni fa, forse per scarsa comprensione della materia, è stata anche oggetto di critica nel cosiddetto Piano Colao. Un limite così rigido è infatti controproducente in quanto obbliga spesso gli operatori a tappezzare i territori di stazioni radio-base poco performanti mentre in alcuni casi ne basterebbero probabilmente di meno ma più potenti.
Occorre mettere limiti sensati (alcuni Paesi EU adottano 40 V/m) in modo da dare agli operatori flessibilità nel coprire le aree di un paese come l’Italia che è molto diversificato a livello architettonico e di territorio. Una scarsa copertura rischia di vanificare i vantaggi della tecnologia 5G e paradossalmente richiede una maggiore potenza emessa dagli smartphone per compensare il basso segnale della radio-base. La scarsa copertura quindi si traduce in una maggiore esposizione che era ciò che si voleva evitare col limite ultra-conservativo.
Il 5G vale 5-6 miliardi di euro per il pil italiano
Che la presenza di una rete veloce sia condizione necessaria per reggere lo sviluppo dell’economia è ormai una banalità, assodata in letteratura scientifica. Ma in particolare per il 5G uno studio di EY di fine anno scorso prevede un aumento dello 0,3% annuo del pil italiano per 15 anni a partire dal 2020.
Un impatto positivo tra 5 e 6 miliardi di euro l’anno. “80 miliardi di euro in 15 anni”, ha annunciato la ministra Paola Pisano nel presentare, la scorsa settimana, l’indagine conoscitiva della Camera su 5G e big data. Ricavi per le nostre aziende, posti di lavoro
Nell’occasione si è ricordato l’assenza di fondamento delle paure sulla salute e anche l’importanza di regole più chiare a tutela dello sviluppo delle reti.
È proprio necessario aggiungere che, dopo il lockdown, l’Italia non si può permettere di buttare quest’opportunità di sviluppo?
A.L.
Conclusioni
In conclusione, il 5G insieme alla fibra ottica rappresenta un modo per modernizzare il paese e portare servizi come la didattica a distanza, la telemedicina, l’IOT per le industrie e l’agricoltura in aree del paese che altrimenti rischiano di essere tagliate fuori specie nel post pandemia che dovrebbe aver dimostrato anche ai più diffidenti l’importanza delle telecomunicazioni per una società non solo più efficiente e tecnologica ma anche più rispettosa dell’ambiente ed energeticamente efficiente.
Sperabilmente, il governo centrale potrebbe aver trovato un modo per superare le incomprensibili decisioni di queste amministrazioni comunali senza scatenare una valanga di ricorsi: a quel punto il rimedio della clausola di supremazia sarebbe peggiore del male.