Il patrimonio edilizio italiano è ai limiti dell’obsolescenza. Edifici energivori, insicuri, qualità costruttiva scadente. La strada per l’adeguamento ai nuovi standard imposti da global warming e domanda di connessione in aumento è ancora lunga. Ma due recenti disposizioni del governo possono facilitare le ristutturazioni in questo senso. Vediamo come.
Boom economico e edilizia italiana
Il 58% degli edifici in Italia sono stati costruiti prima del 1975 e il 36% delle imprese italiane hanno sede in edifici costruiti prima del 1970, ovvero prima del varo della prima legge sul contenimento del consumo energetico figlia della crisi del petrolio del 1973 (L. 373/1976).
Possiamo quindi affermare, senza timore di smentita, che tutta l’edilizia della ricostruzione post-bellica e del boom economico, che costituisce parte molto rilevante del patrimonio edilizio nazionale, è stata realizzata in una fase storica in cui i prezzi dei combustibili fossili erano praticamente irrilevanti e la sensibilità politica e civile rispetto ai temi ambientali era ai minimi storici. L’esito è sotto gli occhi di tutti ed è che ancora oggi una fetta molto rilevante del patrimonio edilizio per uso abitativo o produttivo del nostro Paese è costituito da edifici energivori, di qualità costruttiva scadente e, alla luce delle norme antisismiche e dei disastri che periodicamente colpiscono il nostro Paese, anche insicuri.
Un dato che trova conferma nel fatto che oggi circa il 40% del consumo finale di energia in Italia viene assorbito da case, uffici pubblici e privati, negozi e altre categorie di edifici e che nelle abitazioni civili, due terzi dei fabbisogni sono di fatto imputabili al riscaldamento/raffrescamento degli ambienti.
Edilizia, i passaggi normativi
Negli anni si sono susseguiti numerosi provvedimenti volti a migliorare questa situazione generale, tra i quali le normative sulla sicurezza elettrica, quelle sulla classe energetica degli edifici, infine quelli sulla sicurezza sismica, non di rado accompagnati da significativi incentivi fiscali; ma non vi è alcun dubbio che la strada che rimane da percorrere sia ancora molto lunga e densa di incognite, a partire dalla scelta cruciale, nei casi di edifici privi di pregio, se convenga riqualificare o sostituire.
Sull’efficacia e sul rispetto, inoltre, delle normative vigenti, valga per tutti il dato fornito da Prosiel, che rileva che a trent’anni dall’approvazione della legge di riferimento, circa la metà del patrimonio edilizio italiano presenta ancora situazioni di rischiosità in materia di sicurezza elettrica con oltre 45.000 incidenti all’anno.
A ciò si aggiunga che lo sviluppo tecnologico sta modificando in modo importante i consumi elettrici, con conseguente richiesta di potenze più alte determinate dall’aumento di utilizzo di impianti di riscaldamento/raffrescamento alimentati da energia elettrica (pompe di calore), dall’uso di piastre ad induzione per le cucine e, non da ultimo, dallo sviluppo in nuce, ma a crescita esponenziale, delle ricariche elettriche per i mezzi di locomozione.
Edilizia, i provvedimenti più recenti
In questo quadro si inserisce il recentissimo provvedimento di ARERA (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) che con la delibera n. 467/2019/R/EEL ha avviato una procedura sperimentale per l’ammodernamento delle “colonne montanti” vetuste, negli edifici condominiali più datati. L’obiettivo della delibera è quello di facilitare l’accordo tra gli amministratori di condominio e i distributori di energia elettrica per rinnovare le “colonne montanti” più vecchie, mantenendo in sicurezza gli edifici e predisponendole alle eventuali richieste di aumento di potenza. Una fase sperimentale che durerà tre anni, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2022, per l’ammodernamento degli impianti realizzati prima del 1970 o nella fascia tra il 1970 e il 1985 se ritenuti critici.
Apparentemente non strettamente inerente agli aspetti di efficientamento tecnologico, con la legge finanziaria appena varata dal Governo, è arrivato anche il cosiddetto “Bonus Facciate”, con un abbattimento dei costi di intervento del 90%. Un provvedimento che mira al “decoro” delle nostre città, ma che costituisce un ulteriore potente incentivo a rivedere nella sua interezza quel sistema complesso di dotazioni impiantistiche di base che oggi costituiscono il prerequisito indispensabile a qualsiasi idea di edificio contemporaneo nel quadro dello sviluppo di sistemi urbani “smart”.
Non può sfuggire, infatti, che la realizzazione di colonne montanti nuove per gli impianti elettrici costituisce un’occasione straordinaria (oltretutto incentivata) per adeguare gli spazi installativi e i servizi di telecomunicazione degli edifici, che si scontrano oggi col salto tecnologico della fibra ottica. Cosa che non è certamente sfuggita agli operatori di TLC che, infatti, hanno chiesto ad ARERA ed ottenuto di rimanere informate sul procedere degli interventi per dare attuazione al D.L. 33/2016; con una risposta tuttavia sibillina da parte dell’Autorità, che non cita il suddetto Decreto, bensì il DL 133/2015 – e quindi la Legge di conversione 164/2015, ovvero quella che introduce l’obbligatorietà della realizzazione non di semplici connessioni a banda ultra larga, ma di impianti multiservizio condominiali.
Un segno, se ci è consentito, della grande confusione che regna e continua a regnare sotto il cielo degli impianti verticali d’edificio e su cui più volte chi scrive ha avuto modo di soffermarsi anche su queste pagine.
I vantaggi del Bonus Facciate
Stessa considerazione vale per il Bonus Facciate, dal momento che – malgrado il provvedimento escluda esplicitamente dalla deducibilità gli impianti e i cavi – è evidente che nel momento in cui si rimette mano ad una facciata, il costo di passare una nuova canalizzazione per adeguare gli impianti dell’edificio diventa irrisorio e costituisce un’occasione da non perdere.
Ma perché tutto ciò è importante ed ha a che fare con l’efficientamento energetico degli edifici e, quindi, col contrasto al global warming?
Chiunque abbia anche soltanto avvicinato superficialmente il tema della nuova impiantistica “intelligente” degli edifici sa benissimo che il vecchio concetto di domotica è stato ampiamente superato da quello di impianti volti a migliorare le performance degli edifici.
I driver più dinamici della nuova impiantistica sono infatti la sicurezza e il risparmio energetico, col secondo che sta rapidamente surclassando il primo. Tutti gli automatismi e i sistemi di gestione che si possono inserire in un edificio nuovo, ma soprattutto in uno esistente, impattano in modo importante sulla sua efficienza, consentendo risparmi che possono toccare anche il 15-20% dei consumi senza toccare l’involucro (ovvero interventi low cost resi ancora più interessanti dai numerosi benefit fiscali esistenti).
Apparati intelligenti se sono connessi
Ma l’intelligenza degli apparati è data in modo determinante dal loro essere “on line”, ovvero connessi alla rete. Si tratta di una precondizione fondamentale che via via sta coinvolgendo non solo gli edifici, ma i centri urbani, attraverso i sistemi di monitoraggio e le cosiddette smart grid.
L’efficentamento energetico mediante l’utilizzo di soluzioni “attive” appare quindi una strada molto interessante e più semplice da perseguire per la riqualificazione e la “resilienza” dei nostri centri urbani, in attesa che l’entrata a regime della Direttiva Europea 31/2010/CE che impone dal 1 gennaio 2021 la costruzioni di soli edifici NZEB sortisca i suoi effetti anche nel nostro Paese.
Certo è che efficientamento energetico e adeguamento della rete di telecomunicazioni che, apparentemente, sembrano appartenere a mondi diversi, sono in realtà due aspetti della stessa medaglia e, sul piatto, abbiamo una “cassetta degli attrezzi” a disposizione di amministratori di condominio e proprietari di immobili davvero ampia per dotazione ed importanza, a condizione di saperla usare.