E’ ormai evidente che le tecnologie per la connettività, dai nuovi protocolli di comunicazione wireless (come Low Power Wide Area – LPWA o Optical Wireless Communications – OWC) al 5G, determineranno una profonda trasformazione nelle modalità di progettazione e fruizione degli edifici, non più mero “involucro abitativo o contenitore”, bensì terminale di servizi e strumento per valorizzare le persone. Va però sottolineato come sia altrettanto evidente che il quadro normativo delineato dal legislatore sin dal 2002, se non addirittura con i principi della Carta costituzionale, sia poco noto e quasi del tutto inattuato, anche da quei soggetti istituzionali (spesso locali) che dovrebbero essere deputati ad attuare e controllare la corretta attuazione di tali normative sul territorio, che per alcuni aspetti relativi all’uso dello spettro appaiono, tuttavia, ancora manchevoli.
Tralasciando le specifiche e frequenti problematiche derivanti dall’applicazione delle previsioni del Codice delle comunicazioni elettroniche (Decreto legislativo 1 agosto 2003 n. 259), relativamente alle tempistiche e fasi dei procedimenti autorizzatori per l’istallazione delle infrastrutture di comunicazione, che hanno reso necessario a volte anche interventi interpretativi ex lege, come nel caso dell’art. 93 del citato Codice, per debellare la prassi diffusa presso molte amministrazioni locali di applicare tasse, canoni, fideiussioni, indennità e corrispettivi di vario genere agli operatori che istallano e forniscono reti di comunicazione elettronica, ingenerando un inutile (sia in termini di economicità che efficienza amministrativa) contenzioso, anche di tipo civilistico, laddove l’istallazione riguarda le parti comuni degli edifici, a distanza di 2 anni del tutto disatteso appare l’obbligo introdotto con l’art. 135 bis del T.U dell’Edilizia, per cui dal 1° luglio 2015 le nuove abitazioni devono essere dotate di una infrastruttura fisica multiservizio passiva costituita da adeguati spazi istallativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità, nonostante tale previsione sia stata ribadita ed ampliata da interventi normativi successivi e da circolari amministrative emanate sul tema anche da parte dell’Agenzia delle entrate.
In particolare con la recente circolare n. 18/E dell’8 giugno 2017 l’Agenzia delle Entrate, in merito all’applicazione dell’art. 86, comma 3, del citato codice delle comunicazioni elettroniche, come modificato dal dlgs n. 33/2016, che sancisce “Gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e le altre infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione elettronica, nonché le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate all’interno degli edifici da chiunque posseduti non costituiscono unità immobiliari e non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale”, ha precisato, riprendendo quanto già fatto con la circolare 27/E del luglio 2016, che gli impianti di comunicazione elettronica non devono essere presi in considerazione nella determinazione catastale e, quindi, non devono essere tassati. Non va, peraltro, dimenticato che essendo le infrastrutture e gli impianti di comunicazione assimilati ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria ciò vale anche per l’applicazione dell’Iva, per cui ai relativi lavori deve essere applicata l’Iva agevolata al 10%. Con la nuova circolare, l’Agenzia delle Entrate ha, altresì, classificato gli impianti in tre tipologie in base al tipo di struttura e di collocazione sul territorio ed introdotto specifiche indicazioni per gli accatastamenti dei nuovi immobili e degli immobili già censiti, considerando che l’istituto del catasto assolve anche ad altre funzioni di natura civilistica, quali l’identificazione dell’immobile per il trasferimento o la costituzione di diritti reali.
In tema di fiscalità, per gli edifici produttivi non si può non ricordare la circolare 4/E del 30 marzo 2017, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulle agevolazioni fiscali previste dal Piano Industria 4.0, individuando i beni oggetto del super ed iper ammortamento: un’opportunità sia per le imprese in generale (e non solo per le industrie) che intendono avviare programmi di investimento innovativi in beni strumentali nuovi, materiali ed immateriali, sia per i soggetti – ingegneri, periti, enti di certificazione – che saranno chiamati a fornire perizie tecniche e gli attestati di certificazione per gli investimenti di valore superiore ai 500 mila euro. Un’opportunità per digitalizzare i processi produttivi interni attraverso le tecnologie per la connettività valida, come detto, non solo per il building industriale, ma per i premises delle imprese artigianali, commerciali e produttive di beni e servizi in generale, che ha portato a ribattezzare il piano Industria 4.0 come piano Impresa 4.0, e che genererà l’esigenza di un’ampia connettività interna ed esterna ai building, perno nello sviluppo del 5G, anche sotto il profilo infrastrutturale, considerando che tale tecnologia porta imprescindibilmente con sé una “densificazione” della rete ed uno uso massivo di small cells che da qualche parte dovranno pur essere istallate.
Soluzioni IoT, tecnologia per le connettività in generale, big data sono i driver di un radicale processo di trasformazione che dalle smart factories e dagli smart building si estende alle smart city oramai identificate come unico modello economicamente e socialmente sostenibile, vista la crescente urbanizzazione a livello globale, con un imperativo inderogabile: redevelopment, cioè evitando il consumo di suolo. Anche se le politiche di smart city appaiono molto (forse troppo) focalizzate sul settore della smart mobility, è necessario che nell’attuare tale modello economico gli impianti verticali nei building non diventino l’anello debole della catena ed un freno nello sviluppo dei servizi digitali, anche di quelli collegati alla mobilità. L’edificio può essere una sorta di hub in grado di incidere fortemente sulla qualità della vita, perciò è importante che si intervenga sin dalla fase della progettazione considerando i bisogni di connettività in building dei diversi utenti per evitare costi più alti e disagi in caso di interventi successivi e cercando di conciliare la sicurezza e l’affidabilità della fibra ottica con l’economicità e flessibilità delle tecnologie wireless. Se in ambito produttivo tale processo di infrastrutturazione e digitalizzazione è trainato dagli ingenti risparmi sul fronte della produttività (tra il 5% e l’8% dei costi) e dall’aumento dell’efficienza e della flessibilità nella produzione, sempre più on demand, il comparto domestico appare, invece, frenato da preoccupazioni legate alla sicurezza ed alle violazioni della privacy, oltre che da una scarsa e frammentata conoscenza da parte dei consumers.
Da una recente indagine Doxa è emerso che (solo) il 26% della popolazione italiana dispone di un oggetto intelligente in casa, che il fattore trainante è ancora il risparmio energetico e che il 58% è intenzionato ad acquistare un oggetto intelligente e connesso nei prossimi due anni. Su tale tendenza inciderà certamente l’ingresso dei big player in tale settore (si pensi alle applicazioni di Google Home, di Amazon Echo o dell’Apple Home Kit) e l’evoluzione della televisione verso l’UHD e lo standard T2, che necessitano di una buona connettività e di impianti ad alte prestazioni nei buldings, sebbene lo strapotere dei big player rischia di condizionare tutto l’ecosistema.
Che fare
Essenziale, pertanto, è ancora una volta il ruolo delle istituzioni che da un lato devono favorire standardizzazione ed interoperabilità, garantendo la sicurezza e la protezione dei dati, ed una chiara regolamentazione dello spettro, che prenda in considerazione, ad esempio, anche i nuovi protocolli di comunicazione wireless a banda ultra stretta operanti su frequenze libere, non lasciando l’iniziativa a consorzi e alleanze che tendono ad imporre i loro standard di riferimento, dall’altro devono monitorare sulla corretta attuazione delle normative già esistenti da parte di tutti i soggetti interessati: dalle amministrazioni che rilasciano i permessi edilizi ed i certificati di agibilità delle abitazioni, ai costruttori ed agli agenti di vendita che non dovrebbero poter mettere in vendita immobili non adeguatamente infrastrutturati.
L’importanza di tale attività, oltre che dalle tendenze consumer nel settore Smart Home & Building, focalizzate in particolare su sistemi antintrusione e monitoraggio dei consumi e della qualità ambientale indoor (ma si pensi anche ad applicazioni di utilità più generale correlate ai servizi di e-health, ai sistemi per il monitoraggio strutturale degli edifici per implementare modelli predittivi o ai sistemi di guida tattile in situazioni di emergenza o critiche per fare alcuni esempi), emerge in maniera evidente dai dati di mercato del 2016, pubblicati recentemente dall’ANIE, la federazione aderente a Confindustria che rappresenta le imprese elettrotecniche ed elettroniche, che dimostrano come il comparto Sicurezza e Automazione edifici abbia sperimentato nel 2016 una crescita del fatturato totale del 5,1 per cento, mentre nell’area dell’Elettrotecnica l’andamento registrato dal comparto Componenti e Sistemi per impianti con un più 7,5% ha beneficiato del consolidamento della domanda rivolta ai segmenti tecnologicamente più innovativi nel mercato del Building. Alcuni segnali di recupero si registrano anche per il mercato edile grazie agli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per l’efficientamento energetico, in quel percorso di recupero del patrimonio edile esistente, dove il contributo offerto dalla componente tecnologica è centrale sin dalla fase della progettazione, come dimostrato anche dal diffondersi di quei nuovi sistemi di progettazioni noti sotto l’acronimo di BIM (Building Information Modeling) basati proprio sull’integrazione dei dati e le diverse componenti dell’edificio.
Ed in tale processo evolutivo, sia in ambito indoor che outdoor, non si può tralasciare il contributo offerto dai nuovi protocolli di comunicazioni wireless (sia di tipo LPWA che OWC ) e dalle onde millimetriche, che necessitano, però, ancora di un regolamentazione appropriata o perlomeno di adeguata attenzione. Molte applicazioni “smart” non necessitano, infatti, di velocità di trasmissione dati elevata perché si tratta di processi di comunicazioni basati su intervalli temporali lunghi, in cui i dispositivi rimangono spesso inattivi o in stand by per molto tempo, “godendo” in tal modo di un’elevata autonomia energetica (superiore ai 5 anni): in tal caso i moduli cellulari sono sovra specificati e troppo costosi. Per soddisfare tali esigenze sono nate le reti LPWA, reti a bassa potenza ed ampio raggio, che al di là dei tecnicismi si sostanziano in una rete a stella con una stazione BTS (Base Transceiver Station) al centro che, a differenza delle reti 2G, 3G, 4G o 5G, “penalizza” la velocità di trasmissione dati (throughput) con potenze di trasmissione molto bassa, ridotti consumi energetici, costi contenuti, ma in grado di supportare, comunque, milioni di dispositivi e garantire una copertura estesa. Le reti LPWA operano su frequenze libere nella gamma 865-927 Mhz (a seconda dell’area regionale in cui operano), impiegano, cioè, bande ad uso collettivo attraverso dispositivi che, seppur rispettosi (vero?) delle caratteristiche tecniche della raccomandazione CEPT ERC/DECT 70-03 non si possono qualificare propriamente come apparati a corto raggio. Nell’attuale quadro normativo la banda ISM 868 Mhz può essere impiegata ad uso collettivo solo da apparati a corto raggio: tali applicazioni rientrando nel regime del libero uso di cui all’art. 105, comma 1, del Codice delle comunicazioni elettroniche non necessitano di un’autorizzazione, configurandosi come istallazione ed esercizio di reti o servizi di comunicazione elettroniche ad uso privato. Lo sviluppo di reti pubbliche, cioè di una rete di comunicazione elettronica utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibile al pubblico (cioè non svolti esclusivamente nell’interesse proprio del titolare della relativa autorizzazione), basate su tali nuovi protocolli di comunicazione wireless impone di riconsiderare il regime del libero uso di tali apparecchiature. Se a livello ETSI si stanno approfondendo i requisiti tecnici di tale apparecchiature per verificare se si possano considerare tali nuovi protocolli pienamente SRD compatibili ed è stata avviata sul tema una consultazione pubblica con scadenza il 15 agosto 2017, in Italia (e non solo) non si può non considerare nel definire il quadro regolatorio che tali frequenze sono in uso all’amministrazione della Difesa, con la quale è necessario, pertanto, negoziare (in fretta) le condizioni d’uso di tale apparecchiature.
Un’attenta valutazione meritano anche le nuove tecnologie di comunicazione ottica wireless (OWC) che sembrano conciliare in maniera perfetta l’affidabilità della fibra e l’economicità delle tecnologie wireless. Tali tecnologie, seppur possano risentire delle turbolenze atmosferiche, sono totalmente accessibili in quanto ovunque vi è luce, sono salubri perché non si installano antenne o ripetitori ma si sfruttano gli impianti Led già esistenti (come i lampioni in strada o le luci di casa) e, quindi, non generano campi elettromagnetici, ed appaiono anche veloci visto che recentemente in fase di test è stata raggiunta la velocità di 10Gb/s. Si propongono, quindi, come una valida e complementare alternativa alle tecnologie più tradizionalmente usate in ambito outdoor ed indoor, soprattutto in quelli ambienti ove tali tecnologie non possono essere utilizzate (totalmente o parzialmente) come ad es. under water o dove è proibito utilizzarle come in ambito ospedaliero, industriale o aeronautico perché rischiose a causa delle possibili interferenze o perché oggetto di possibili atti di hackeraggio.
Che gli impianti di illuminazione pubblica ma anche privata costituissero un’opportunità per fornire connessione era noto ma che la luce possa costituire un protocollo di comunicazione wireless ed un mezzo di trasporto di dati ad elevata velocità ed in modo sicuro dovrebbe trovare una maggiore attenzione da parte del regolare e degli addetti del settore, vista la crescente congestione dello spettro. Peraltro i componenti necessari per sfruttare tale tecnologia sono molto semplici: basta un ricettore di impulsi luminosi capace di rilevare e decodificare i segnali trasmessi dai Led che dovranno essere tramite un software convertiti in segnali elettrici in modo tale da essere letti da qualsiasi computer o dispositivo mobile o da un drone, come testato recentemente con esiti positivi dalla Philips Lighting che ha utilizzato la tecnologia a luce visibile per navigare e consentire ad un bambino ricoverato presso un ospedale tedesco di giocare a videogiochi, comunicando con il drone attraverso i gesti delle mani. Ma si pensi anche alla possibilità di utilizzare il sistema di luci per applicazioni di indoor positioning all’interno degli stores, anziché installare un’infrastruttura completamente separata: con questa tecnologia le luci di soffitto fungono da GPS e trasmettono la loro posizione attraverso una modulazione della luce, impercettibile all’occhio umano, ma rilevabile da dispositivi intelligenti come i droni. The camera on the drone does not record so no personal data is collected.
Se attraverso la convergenza delle tecnologie possiamo considerare il buffering una cosa passato, fare shopping senza stress, orientandosi piacevolmente all’interno degli store una realtà del presente, il futuro impone uno sguardo alla domanda più che all’offerta, a garanzia degli investimenti e per espandere il mercato.