LO STUDIO

Smart working, Asstel: “Ecco che cosa ci manca per trasformare il lavoro”

Serve una nuova leadership, formazione ad hoc. Su tutto, è sempre più urgente un nuovo indirizzo dal Governo. Per ora ci sono stati alcuni segnali promettenti

Pubblicato il 25 Ott 2016

Laura Di Raimondo

direttore Asstel

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E’ necessario prendere consapevolezza che il mondo del lavoro sta profondamente cambiando ed è destinato a trasformarsi sempre più velocemente, alla luce della spinta propulsiva e del crescente effetto che le nuove tecnologie hanno sul modo di pensare il lavoro e quindi anche sul modo in cui rendere la prestazione.

Il Contratto collettivo delle Telecomunicazioni, che disciplina i rapporti di lavoro degli addetti della filiera, è esso stesso una “rete” che deve connettere le esigenze di imprese e lavoratori come prodotto di un sistema di relazioni industriali partecipativo ed evoluto.

Il digitale è destinato a produrre un cambiamento nel concetto di lavoro, spingendoci a trovare nuovi equilibri fra l’occupazione, la creazione e la ridistribuzione della ricchezza, l’inclusione economica e sociale.

E’, infatti, sempre più evidente che le nuove tecnologie sono lo strumento fondamentale per superare vecchi schemi organizzativi, favorendo l’integrazione nel mondo di lavoro di quelle categorie di potenziali lavoratori che oggi sono più in difficoltà, dai giovani alle donne, dagli anziani attivi ai diversamente abili.

Pensiamo, per esempio, allo smart working che già sta rivoluzionando l’organizzazione di molte aziende, consentendo la restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare in ambito lavorativo, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Questa è la chiave per consentire a tutte le categorie di persone di trovare un appropriato inserimento nella vita attiva. Nel settore Telco abbiamo già molti esempi di aziende che applicano lo Smart Working: Ericsson, Fastweb, Telecom, Vodafone, Wind sono best case. I riscontri presso i lavoratori di questa nuova modalità di lavorare sono stati sempre molto positivi.

La libertà di scegliere il luogo in cui lavorare e gli strumenti con cui si ha più familiarità – “anywhere, anytime” and “on your own device” – è la principale chiave di successo dello Smart Working. Questi sono concetti attuali nel modo di studiare e di lavorare dei giovani e verso cui dobbiamo tendere se vogliamo che la norma sia attuale e abbia lo sguardo rivolto al futuro. Lo Smart Working è in linea con l’atteggiamento mentale delle nuove generazioni dei nativi digitali e, quindi, è un fattore abilitante per creare un ambiente di lavoro in linea con le loro aspettative, rendere più attraente il lavoro e accompagnare la trasformazione digitale del Paese. Lo Smart Working – rappresenta una delle sfide del momento anche per le relazioni industriali per consolidare un modello nuovo e reattivo, pronto a confrontarsi con l’innovazione contemperando le esigenze dei lavoratori e quelle aziendali.

Per lo SmartWorking è fondamentale la flessibilità nella scelta delle giornate e nell’individuazione del luogo ove prestare l’attività lavorativa, che non coincide necessariamente con la propria abitazione. Così è possibile lavorare in modo più pratico e flessibile grazie all’utilizzo della dotazione aziendale che viene fornita (Pc, smartphone, tablet), gestendo i documenti e partecipando alle riunioni dovunque ci si trovi. Per un corretto utilizzo dello Smart Working e per la sua reale efficacia è importante la responsabilizzazione del lavoratore nel gestire la giornata lavorativa, nel raggiungimento degli obiettivi e nel relazionarsi con capo e colleghi. L’attivazione di questi processi richiede da parte dell’azienda un grande investimento in formazione, anche delle strutture di management, perché cambia il modello di relazione gerarchico dell’organizzazione. I responsabili devono essere interconnessi e sempre on line, devono avere capacità di definizione e valutazione delle proprie risorse su obiettivi condivisi, devono saper elaborare strategie di gruppo, saper incontrare le esigenze dei propri collaboratori e stabilire canali definiti di comunicazione interna.

Lo Smart Working richiede, in sostanza, un nuovo tipo di leadership. I responsabili devono essere interconnessi e sempre on line, devono avere capacità di definizione e valutazione delle proprie risorse su obiettivi condivisi, devono saper elaborare strategie di gruppo, devono saper incontrare le esigenze dei propri collaboratori e stabilire canali definiti di comunicazione interna. Riorganizzarsi in senso “smart” porta vantaggi all’azienda, incrementando livelli di produttività e qualità complessiva e al dipendente, attraverso il miglioramento del work-life balance e anche con effetti molto positivi sulla sostenibilità ambientale delle nostre città.

Nelle esperienze aziendali in cui lo SW è già una realtà, la comunicazione integrata, ad esempio, consente di essere reperibili ovunque grazie a un numero unico e all’accesso a servizi aziendali in mobilità, ai sistemi di videoconferenza in alta definizione che diminuiscono di molto i costi delle trasferte e permettono di organizzare riunioni anche con ospiti. Al contempo lo Smart Working, considerato l’allungamento della vita lavorativa può essere un’importante leva per la gestione di progetti di active ageing.

Nel portare avanti i progetti di Smart Working, le aziende di Tlc hanno dovuto finora affrontare una serie di difficoltà rappresentate dalla normativa vigente, incapace di accogliere questo innovativo modo di lavorare. Dalla nuova legge, quindi, ci aspettiamo un sostegno normativo intelligente, ovvero capace di supportare lo sviluppo dell’innovazione valorizzando quanto è già stato fatto e chiarendo una serie di temi, primo fra tutti quello legato alla sicurezza dei lavoratori. Poiché la scelta, da parte del lavoratore, del luogo in cui effettuare la prestazione costituisce il fulcro dello Smart Working, non si potrà non tener conto dell’impossibilità del datore di esercitare controlli sulla sicurezza.

Serve, quindi, un indirizzo che faccia leva sulla formazione come veicolo per sollevare le aziende da alcune responsabilità collegate all’ambiente di lavoro.

Su questo tema vanno trovate soluzioni evitando di commettere l’errore compiuto con il telelavoro in cui, pensando di replicare a casa i livelli richiesti in azienda, se ne è, di fatto, limitata l’attuazione.

Per questa ragione sono fondamentali da parte del Governo sia una forte attenzione al tema in generale, sia un’accelerazione delle iniziative nel campo del mondo del lavoro che mirano a innovare contratti, norme e rapporti fra azienda e lavoratore, cogliendo le opportunità che le tecnologie offrono ad un nuovo modo di lavorare. Il disegno di legge sul Lavoro Agile, approvato in prima lettura al Senato, sembra abbia colto l’importanza di disciplinare l’utilizzo di queste nuova modalità di lavoro senza ingabbiarla con regole che stravolgano i valori di flessibilità su cui si basa il suo successo nelle aziende dove già è una realtà. Nel testo viene definito il lavoro agile con l’intenzione di comprendere tutte le modalità di lavoro subordinato che, attraverso le nuove tecnologie digitali, si caratterizzano soprattutto per una forte autonomia e responsabilità del lavoratore. La nuova e più ampia definizione parla di prestazioni che si realizzano per fasi, cicli, obiettivi e senza precisi vincoli di orario e luoghi di lavoro. La prestazione può essere eseguita parte all’interno e parte all’esterno dei locali aziendali, senza necessità di una postazione fissa.

La definizione è molto ampia, e comprende tutto quello che può essere afferito allo smart working. Non parliamo di telelavoro che è tutt’altra cosa, è regolato da direttive europee, prevede una postazione fissa organizzata dal datore di lavoro presso l’abitazione del lavoratore. Lo smart working non è quindi una tipologia contrattuale perché tutte le tipologie contrattuali possono realizzarsi con modalità agili.

Quella dello Smart Working è una opportunità da non perdere legata ai processi di trasformazione digitale del Paese. Si tratta di introdurre modalità lavoro che potrebbero contribuire a dare gambe ai principi di work- life balance in una chiave soddisfacente per tutti gli attori coinvolti, oltre a portare risultati positivi per le aziende in termini di crescita della produttività.

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