“Tutor, deve riuscire a collegarsi con lei!” “Deve ricordarsi il gesto di oggi! Deve trasmetterglielo!” Alitava Akila Khaspros, comandante della Memory Squad 11.
Ken Lotzi, il Terzo Tutor. All’821esimo piano. Immobile dal giorno dell’investitura. 93 anni prima. Gli occhi serrati. Le guance rigate. Le orecchie rimbombavano sofferenza. Le narici odoravano abissi. Le palme insufflavano sgomento. La fronte disperava il contatto. Non intercettava più la Memoria Segreta della Pace. “La pace è figlia legittima di ogni guerra interiore…” articolava il Tutor Lotzi, “…se non c’è continua memoria della dolcezza della pace…” soliloquiava “allora gli umani scatenano l’avidità della guerra… la sua utilissima stupidità” “In un attimo, in un gesto, tutto precipita…” Accasciato. Gli occhi si aprirono. Annasparono. Arrendarono. Annegarono.
“Non riesco… sono tre giorni che ogni latitudine… ogni longitudine… ogni profondità si è annebbiata” disperava il Terzo Tutor. “È chiaro…” sicurò la comandante Khaspros e sconsolò agli agenti presenti: “È disastrosamente evidente… il Grande Ictus Mnemonico di settantadue ore fa ha compromesso il collegamento secolare fra il tutor della pace, cioè il terzo tutor, e la custode sordomuta”. Sorda alle lusinghe e muta di minacce. L’unica della Galassia lasciata così. Da due secoli chi nasceva non vedente o udente veniva normalizzato con un intervento di pochi minuti. Nessuno ricordava più il linguaggio dei segni.
La casa di vetro. Sotto undicimila metri d’oceano. Adagiata sul fondale. Fluorescente nel buio. Trasparente di solitudine. La Custode Sordomuta agonizzava. Il volto schiacciato sul vetro esterno. La memoria della pace era una poltiglia rosa che le usciva dalla bocca. Non riceveva da tre giorni il gesto che doveva compiere. Che veniva fatto da sempre, di sordomuta in sordomuta, per mantenere la pace della Galassia. Ogni mattina. Dalla sua buia dimora abissale. Il gesto di ogni giorno che il Terzo Tutor le inviava con la mente. Il gesto che annichiliva la pulsione bellica del giorno. Il tutor abbracciava l’aria. La sordomuta sorreggeva l’acqua. La Galassia manteneva pacifico il suo respiro nell’universo.
“I gesti! Quali sono i gesti dell’altro ieri? E di ieri, tutor!?… E di oggi?” imperiava la comandante Khaspros. Il tutor si squassava le tempie con lontani tamburi. In moltiplicazione e avvicinamento. Entro pochi minuti poteva essere guerra.
Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza, estingueva la paura fissando la rabbia della tempesta. La capsula oscillante. Il vetrex riparante. L’attesa snervante. Ogni attimo incombente. La sordomuta implorante. Ogni suo respiro affievolente. La guerra avvicinante. La sordomuta perdeva ogni forza per reggere l’acqua del mondo. Allaa scendeva troppo lento. In piedi. Nella capsula abissale. La sordomuta rantolava. La guerra si addensava. Allaa provava e riprovava i tre gesti. Il buio delle profondità incalzava il silenzio. Chi è ricco di silenzio è avido di pace. La sordomuta con le unghie spezzate. Allaa misurava ogni respiro. Puntini rapidi di luce scorrevano oltre. La sordomuta moriva. Aggrappata alla parete trasparente. La guerra nasceva.
Allaa scorse in basso il chiarore. Ripassò i gesti. La capsula atterrò di fronte alla casa di vetro. La sordomuta morì a un passo dietro il vetro della casa di vetro. Con gli occhi aperti. Sbarrati. La guerra esplose lassù sulla Terra. Allaa gestuò un abbraccio. Allaa chinò la testa. Fissò la sordomuta nelle pupille spente. Allaa mise le mani giunte. La sordomuta risorse il volto con un sorriso.
(31-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)