criptovalute e consumi

Sostenibilità ambientale del Bitcoin, è un vero problema? I nodi aperti

Produrre bitcoin richiede tanta energia. Ma per gli utenti il valore non sta nel costo di produzione bensì nella loro natura intrinseca che include decentralizzazione, innovazione permissionless, fiducia nel protocollo. Il costo è alto, dunque, perché è alto il valore aggiunto della blockchain. Qualche spunto di riflessione

Pubblicato il 21 Nov 2018

Riccardo Zanardelli

Ingegnere | MBA

Bitcoin

Per creare l’equivalente di 1 dollaro in Bitcoin servono mediamente 19 Mega Joule di energia, più del doppio dell’oro e quasi quattro volte più del rame (secondo uno studio dell’Oak Ridge Institute di Cincinnati, Ohio[1]). Cominciamo a fare due conti, per avere un’idea di cosa significhi a livello energetico coniare un Bitcoin. Ma senza fermarci alle apparenze, perché il valore aggiunto della blockchain è alto e quindi c’è da attendersi una catena del valore molto lontana dall’essere cost-based.

Bitcoin, dieci anni e tanta energia

Da pochi giorni Bitcoin ha compiuto 10 anni. Per essere in quarta elementare, c’è da dire che questo progetto di strada ne ha fatta tanta. Ed ha consumato anche tanta energia. Tantissima.

Facciamo due conti per avere un‘idea di quanta ne ha effettivamente consumato. Allora: 1 Joule equivale ad 1 Watt per 1 secondo, quindi se prendiamo a prestito per il nostro esempio una montagna di Led da 1 Watt, l’energia necessaria per creare 1 Bitcoin equivale a 6.368 dollari (questo vale oggi un Bitcoin) x19.000.000 /60 /10 = 201.6 Milioni di Led da 1 Watt accesi per 10 minuti. Posizionando circa 1.000 Led per metro quadro, significa una superficie di circa 200.000 metri quadri accesi a tutta potenza per 10 minuti, che sono più o meno l’equivalente del tempo necessario per il proof-of-work ([2]).

Tanta energia, non c’è che dire. Però io vorrei fare un ragionamento diverso. Seguitemi.

I conti tornano, ma i Bitcoin sono davvero sostenibili?

Calcoliamone il costo economico. Digitando su Google “19.000.000 Joule kWh” si ottiene circa 5,3 kWh che, moltiplicato per un prezzo medio europeo per utenza non domestica di 0,12 euro /kWh ([3]), ci porta a 0,634 euro (0,723 dollari al cambio di oggi). Quindi coniare 1 dollaro costa 0,723 dollari. Assurdo? Direi di no. Il valore attribuito dal mercato è maggiore del costo industriale. Dal punto di vista del “miner”, così si chiama chi conia i Bitcoin, i conti tornano.

Questo però non significa per forza che il costo sia sostenibile nel tempo e per la società in senso lato.

Lo studio riportato dal Guardian sostiene che il costo è destinato a crescere, ma credo si tratti di una previsione. Ciò che probabilmente continuerà a crescere è l’hash rate, ovvero la quantità di calcoli che il miner deve fare per cercare di aggiungere un blocco all catena ed aggiudicarsi i Bitcoin “premio”. È probabile quindi che la difficoltà del proof-of-work cresca e con essa il consumo energetico per ogni nuovo blocco. Al tempo stesso è certo che calerà il compenso in Bitcoin per chi risolve il proof-of-work. Tuttavia, la grande variabile è il controvalore in dollari di un Bitcoin. Se la quotazione crollasse, il costo energetico calcolato dallo studio avrebbe un’impennata verticale e quindi il mining diventerebbe antieconomico, almeno fino ad una riduzione esponenziale della difficoltà del proof-of-work. Queste però sono analisi troppo difficili, almeno per me. L’utilità di abbozzare un’analisi tecnica è alta anche solo per capirne la complessità, però forse si può fare un altro percorso.

Torniamo alla domanda precedente ed approcciamola con buonsenso e logica invece che con la calcolatrice. Il costo sarà sostenibile? Se il controvalore del Bitcoin si stabilizza più o meno al livello attuale, abbiamo visto che il modello potrebbe essere economicamente vantaggioso per un miner e, tendenzialmente, lo potrebbe anche rimanere quando il compenso di coniatura verrà sostituito da una commissione applicata ad ogni transazione. Questo garantirà probabilmente un network di nodi ben felice di tenere in vita il sistema.

Il (vero) valore dei Bitcoin

Parliamo ora del valore. Per gli utilizzatori il valore di Bitcoin non è certamente legato al costo di produzione, ma alla natura intrinseca della criptovaluta: decentralizzazione significa rendere possibile innovazione permissionless e questo è un punto centrale.

La blockchain si basa infatti su un principio molto semplice: non esiste un’entità che autorizza o vieta la partecipazione al sistema, non esiste un registro centrale che certifica la verità, non esiste nessun partecipante in grado di alterare la verità. La verità è ciò che è riconosciuto dalla maggioranza di soggetti appartenenti al network, dove l’unica autorità è il protocollo.

La blockchain si fonda quindi sulla fiducia nel protocollo, nella matematica, nella probabilità ed in una consapevolezza: il codice rende tutti uguali e tutti economicamente motivati a concordare sulla verità più probabile e computazionalmente valida.

Nel caso di Bitcoin, la verità è l’insieme cronologico delle transazioni sulla rete così come descritto dalle informazioni presenti nei blocchi. Consultando questo registro, chiunque può verificare se Chuck possiede veramente i Bitcoin che sta inviando a Bob e che non li abbia già inviati prima anche ad Alice. È il problema del “double spending“: la moneta fisica non puoi duplicarla, quella elettronica sì. Quindi serve una garanzia. Serve un’autorità, oppure un protocollo.

Senza questo principio la moneta elettronica non può funzionare, non la userebbe nessuno. Con la proposta del protocollo Bitcoin, Satoshi Nakamoto ha prima di tutto trovato una brillante soluzione ad un complesso problema di computer science utilizzando la crittografia per proporre un modello organizzativo del tutto nuovo. Se non esiste un unico soggetto in possesso di più del 50% della potenza computazionale del network, è statisticamente improbabile che qualcuno possa alterare la verità scritta nella blockchain.

Questo processo è interamente “by protocol” e ovviamente ha un costo, che è metaforicamente il costo della decentralizzazione. E come sempre il costo è un parametro che va pesato in base al valore.

Quanto vale la possibilità di continuare ad acquistare beni in Bitcoin per un venezuelano che vede il proprio patrimonio disintegrarsi sotto il peso di un’inflazione a N cifre? Probabilmente molto. Potrebbe essergli difficile acquistare oro o dollari, magari invece può movimentare facilmente Bitcoin.

Poi, generalizzando da Bitcoin alla blockchain: quanto vale la possibilità di certificare la propria identità, oppure l’integrità del proprio patrimonio di dati personali, grazie ad un protocollo decentralizzato e quindi non alterabile da nessuno? Forse molto.

Il valore aggiunto della blockchain è alto e quindi c’è da attendersi una catena del valore molto lontana dall’essere cost-based. In questo momento siamo in una fase economica dove Bitcoin è prevalentemente movimentato per fini speculativi. Entro pochi anni potrebbe stabilizzarsi e l’utilizzo come metodo di pagamento potrebbe essere prevalente.

Previsioni sul futuro “green” del bitcoin

Prevedere il futuro è difficile, tuttavia le prospettive di riflessione sono concrete già oggi e le opportunità per la società sono molte. Eccone alcune:

  • Individuare metodi alternativi al proof-of-work per rendere più performanti le blockchain, riducendo il consumo energetico ed aumentando la velocita di transazione. Proof-of-stake e proof-of-burn sono alcuni metodi già individuati e ci sono molte ricerche in corso. Non tutte però sono adatte alle criptomonete.
  • Utilizzare metodi di produzione di energia più “green” per rendere il consumo energetico più sostenibile per l’ambiente. Questo è un tema comune alla mobilità elettrica: se l’energia elettrica è prodotta da fonti fossili, il costo sociale di ogni kWh consumato è progressivamente insostenibile.
  • Scegliere quali sono le priorità di utilizzo dell’energia elettrica disponibile. Se l’utilità delle criptomonete e della blockchain sarà elevata, nonostante un alto consumo energetico esse potranno comunque essere una preferenza razionale. Forse dovremmo chiederci come risparmiare energia da altre forme di consumo…
  • Acquisire che, guardando oltre a Bitcoin come moneta, il concetto di innovazione permissionless introdotto con la blockchain è un patrimonio che va compreso e protetto. La blockchain ha un costo elevato perché ha un valore elevato. La fiducia nel protocollo open source è una fiducia universale, senza necessità di accordi o requisiti se non quelli definiti dal codice.

È un linguaggio di garanzia al di sopra di ogni ragionevole sospetto. Quanto vale questo? Tantissimo. Certamente più di 19 Mega Joule.

_______________________________________________

  1. https://www.theguardian.com/technology/2018/nov/05/energy-cost-of-mining-bitcoin-more-than-twice-that-of-copper-or-gold
  2. L’esempio è indipendente dal numero di Bitcoin assegnati a seguito del mining, dato che questo valore è già parte del calcolo dei 19 Mega Joule per dollaro.
  3. Statistiche sul prezzo dell’energia elettrica, Eurostat, 2018. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/pdfscache/64914.pdf

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