Negli ultimi dieci anni, i servizi internet via satellite sono passati da essere soluzioni di nicchia a diventare veri protagonisti del mercato globale delle telecomunicazioni.
In prima linea in questa trasformazione troviamo Starlink, la costellazione di satelliti in orbita bassa (LEO) di Elon Musk, che sta rivoluzionando le aspettative su dove e come sarà possibile ottenere una connessione.
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Connessioni satellitari, il vantaggo strategico di Starlink
Da una parte, molti considerano Starlink uno strumento “tappabuchi”, utile solo per zone rurali o difficilmente raggiungibili dalla fibra. Dall’altra, però, c’è chi sostiene che queste reti satellitari siano pronte a fare concorrenza diretta agli operatori tradizionali, specialmente man mano che la tecnologia 5G e 6G evolverà.
Fibra Ottica FTTH: Quando la velocità di connessione diviene volano per la competitività delle imprese
Il discorso non riguarda solo Starlink. In cantiere ci sono anche Amazon Kuiper, la costellazione Guowang (Cina) e IRIS² (UE), ma molte di queste costellazioni non saranno operative prima del 2030-2035, lasciando a Starlink un ampio vantaggio temporale.
Nel frattempo, la partita si gioca anche sul piano normativo, dove la combinazione di regolamentazioni internazionali e leggi nazionali inciderà in modo sostanziale sull’accesso allo spettro radio e alla possibilità di utilizzare certe fasce di frequenze.
Di seguito analizziamo come i satelliti LEO e, più in generale le Non Terrestrial Networks (NTN) (oltre ai satelliti LEO e GEO, i droni stratosferici come Zephyr di Airbus, i dirigibili, etc.) si inseriscano nello scenario attuale, perché 5G/6G e HAPS (High Altitude Platforms) possono cambiare le regole del gioco e come il fattore regolamentazione stia diventando un vero e proprio “campo di battaglia” per il futuro della connettività.
Il mito dell’internet “solo per case isolate”
All’inizio, quando Starlink ha iniziato a lanciare satelliti, molti operatori tradizionali e policy maker vedevano questi servizi come un semplice modo per raggiungere aree dove la fibra sarebbe troppo costosa o complessa da installare. È un’interpretazione che contiene una parte di verità: le connessioni satellitari sono nate proprio per garantire copertura in zone scarsamente popolate o caratterizzate da ostacoli geografici importanti.
Tuttavia, limitarsi a questo aspetto rischia di sminuire l’ambizione reale di Starlink (e di altre reti LEO). Non stiamo solo parlando di fornire connessione a “case sparse” ma di capacità crescenti, con latenze che possono scendere anche sotto i 30-60 ms, abbastanza basse da consentire videoconferenze, streaming e altre applicazioni interattive. In più, l’attenzione si sta spostando verso bande di frequenza ad alta capacità, come la banda E (71–76 GHz, 81–86 GHz), che potrebbe sbloccare ulteriori potenzialità se e quando le autorità competenti ne autorizzeranno l’uso.
Starlink, infatti, non punta più soltanto al mercato delle aree rurali. La sua attuale copertura comprende applicazioni IoT, servizi di telefonia mobile “direct-to-phone” (come la partnership con T-Mobile negli Stati Uniti), il tracciamento di veicoli su terra e mare, l’uso in campo militare, la telemedicina e così via. A conti fatti, il rischio per i tradizionali operatori di telecomunicazioni è che Starlink diventi di fatto un’alternativa, sui nuovi servizi 5G, a reti già consolidate, anche in contesti urbani o industriali.
Il ruolo degli HAPS: un’altra minaccia o un potenziale alleato?
Oltre ai satelliti, c’è un altro esempio di NTN che potrebbe cambiare le carte in tavola: le Piattaforme High Altitude (HAPS). Questi velivoli, che operano a circa 20 km di altitudine, restano nella stratosfera e possono fornire connettività a banda larga in aree mirate. Esempi importanti sono l’Airbus Zephyr o i progetti di SoftBank (HAPSMobile).
Gli HAPS offrono almeno due vantaggi:
- Latenza inferiore e maggiore flessibilità: Essendo più vicini agli utenti, riducono la latenza rispetto ai satelliti in orbita bassa.
- Copertura personalizzabile: Possono essere dispiegati o spostati in funzione delle necessità (grandi eventi, emergenze, aree ad alta densità di dispositivi IoT, una portaerei in navigazione nel Mediterraneo.).
Nel 2023, la Conferenza Mondiale delle Radiocomunicazioni (WRC23) ha assegnato diverse bande 5G (anche terrestri) all’uso dei HAPS, creando un nuovo scenario in cui questi sistemi potrebbero competere o collaborare con reti LEO e operatori tradizionali. La scelta finale dipenderà dalla regolamentazione: un singolo paese potrebbe assistere a diverse soluzioni in parallelo—una rete 5G locale, la copertura Starlink e un servizio HAPS—oppure potrebbero nascere alleanze strategiche per coprire in modo integrato differenti esigenze.
L’Internet delle Cose (IoT) nelle reti NTN
La crescente diffusione di dispositivi IoT – dai sensori industriali agli smartwatch per la salute, fino ai droni per la logistica – rende le reti NTN (satelliti LEO ma anche e soprattutto HAPS e altre soluzioni basate su droni) sono fondamentali per abilitare servizi avanzati anche in aree poco servite dalle infrastrutture tradizionali. Tecnologie satellitari come Starlink e HAPS possono fornire copertura a veicoli su terra e mare, apparecchiature militari, dispositivi indossabili in campo medico o di sicurezza, e piattaforme remote (es. offshore).
Questa connettività globale e a bassa latenza permette di raccogliere dati in tempo reale, monitorare e controllare processi critici (agricoltura di precisione, smart grid, tracciamento di merci sensibili) e offrire servizi di telemedicina alle comunità più isolate, ampliando i confini di ciò che si può realizzare con l’Internet delle Cose.
Le reti 5G/6G: dalle “slice” alle piattaforme di servizio
In parallelo, l’ecosistema delle telecomunicazioni sta vivendo una trasformazione interna. Il 5G è già in fase di distribuzione in molte nazioni, mentre sebbene ancora in fase di studio, il 6G promette di portare performance e funzionalità ben superiori. Gli standard 3GPP per le reti Non-Terrestrial (NTN) prevedono già l’utilizzo di frequenze in range più bassi (1,8-2,4 GHz) e, in prospettiva, l’accesso alla banda Ka (27–28 GHz). È un segnale evidente di come il settore delle telecomunicazioni riconosca l’importanza delle costellazioni satellitari nell’architettura complessiva di rete.
Le reti-servizio nelle mani di Elon Musk?
Le applicazioni più interessanti per il 5G sono le cosiddette “Rete Servizio” . Qualche anno fa, al Festival dell’Economia di Trento del 2020, parlai di rivoluzione 5G e di Reti Servizio ed utilizzai (giuro, senza pensare ad Elon Musk) l’esempio della Rete Servizio dei veicoli elettrici connessi. Il punto centrale del mio esempio era che con la diffusione di auto elettriche, sensori avanzati e sistemi di guida autonoma, la quantità di dati generati sarebbe aumentata in modo esponenziale: dai flussi di traffico ai percorsi, dai consumi energetici fino alla disponibilità di punti di ricarica. Una parte di questa elaborazione, dicevo allora, potrebbe avvenire direttamente a bordo del veicolo, un’altra su edge-servers installati lungo strade e autostrade. La domanda chiave che mi ponevo allora era: chi fornirà la rete o le reti per connettere e ‘abilitare’ i veicoli elettrici? Allora formulavo due ipotesi.
Approccio Top-Down (guidato dai Telco)
Un grande operatore di telecomunicazioni (o una piattaforma OTT) potrebbe decidere di offrire un “slice” della propria rete 5G a case automobilistiche, flotte di trasporto e altri attori, garantendo qualità di servizio e accordi commerciali ad hoc.
Approccio Bottom-Up (guidato da Service Provider)
In questo scenario, un costruttore automobilistico o un consorzio del settore mobilità potrebbe acquistare frequenze dedicate e creare una rete 5G ottimizzata per i propri servizi di guida autonoma, monitoraggio e tracciamento dei veicoli.
Di conseguenza, la domanda, che allora rimaneva in sospeso, su chi avrebbe gestito i dati, i servizi e le relative infrastrutture diventava dirimente. Confesso che la mia preferenza andava all’approccio Bottom-up. Ora non ho più dubbi, questa rete-Servizio che molti si ostinano a chiamare verticale automotive, vedrà nell’integrazione verticale delle aziende di Elon Musk il quasi certo vincitore.
L’integrazione verticale di Elon Musk
Elon Musk rappresenta, forse più di chiunque altro, la convergenza di Spazio, connettività e ambizione tecnologica. Oltre a SpaceX (razzi vettori) e Starlink (connettività satellitare), Musk controlla Tesla (auto elettriche e sistemi di accumulo energetico), Twitter (ora X) per la comunicazione digitale, i robot umanoidi Optimus e la piattaforma di intelligenza artificiale Grok. Questa costellazione di interessi offre un potenziale di sinergia impressionante:
- Capacità di lancio: SpaceX garantisce la possibilità di immettere in orbita satelliti Starlink senza dipendere da terze parti.
- Ecosistema unificato: Con Tesla e X, Musk potrebbe integrare connettività satellitare, mobilità elettrica, social media e servizi di analisi dati (AI), creando un vero e proprio “ecosistema Musk”.
Molti si chiedono se abbia già vinto in partenza, dato che i progetti concorrenti (IRIS², Kuiper, Guowang) avranno bisogno di anni per essere competitivi. Anche se questi player arrivassero in ritardo, Starlink disporrebbe di un vantaggio “da pioniere” difficilmente scalfibile, specialmente se nel frattempo riuscisse ad acquisire le licenze e gli slot orbitali più interessanti.
Lo spettro e il campo di battaglia della regolamentazione
Dietro ai dibattiti tecnologici si cela un fattore determinante: la regolamentazione delle frequenze. L’accesso allo spettro radio è un bene limitato e conteso. Per Starlink e altri satelliti LEO, la banda E (71–76 GHz e 81–86 GHz) potrebbe risultare cruciale per offrire servizi ad alta capacità. Ma gli operatori già presenti sul mercato, in particolare i satelliti GEO (geostazionari) e gli operatori terrestri, nutrono timori circa possibili interferenze e soluzioni di “convivenza” non ancora ben definite.
La WRC23 ha messo in evidenza le tensioni tra costellazioni LEO e operatori GEO: sebbene l’esigenza di regole comuni sia chiara, le modalità pratiche per garantire una coesistenza effettiva non sono ancora state stabilite. Ciò ha lasciato spazio agli stati nazionali di autorizzare sperimentazioni sul proprio territorio. Paesi come gli Stati Uniti e la Romania, ad esempio, hanno aperto alle sperimentazioni di Starlink, sostenendo che occorra favorire l’innovazione.
In Italia, gli Articoli 25 e 26 del DDL Spazio hanno sollevato molte polemiche, poiché sembrano facilitare, con l’aiuto delle Amministrazioni nazionali, una sorta di “corsia preferenziale” per le sperimentazioni satellite, potenzialmente in linea con gli interessi di Starlink. Critici e concorrenti parlano dell’Art. 25 come “cavallo di Troia”. Certamente è un articolo molto delicato del DDL Spazio ma credo che i suoi effetti siano gestibili da Regole di gara severe e di garanzia per l’Interesse Nazionale. E’ l’Art. 26. Invece il punto debole. Chi studierà e sperimenterà e, magari, darà il via libera all’uso provvisorio e sperimentale della Banda E in Italia? Conoscendo la storia delle ‘assegnazioni provvisorie’ nel nostro Paese potremmo trovarci nella situazione che una volta ottenute frequenze e slot orbitali in modo provvisorio, Starlink possa far valere il principio del “primo arrivato, primo servito” nelle negoziazioni future. Questo fenomeno non riguarda solo l’Italia: molti regolatori nazionali europei devono affrontare pressioni contrapposte—da un lato gli incumbent GEO che chiedono protezione, dall’altro l’innovazione spinta da LEO e HAPS—senza spesso disporre delle risorse o dell’autorevolezza necessari per imporre una linea chiara.
E ora che succede?
È evidente come i statelliti e, in generale, le NTN non saranno più confinati a nicchie remote. Si stanno rapidamente trasformando in un tassello centrale dell’infrastruttura di rete globale, integrandosi (o scontrandosi) con le reti a fibra e con le future reti 5G/6G. La possibilità di trasmettere dati in ogni angolo del mondo, con latenze sempre più basse, apre nuove prospettive per applicazioni che vanno dalla guida autonoma alla telemedicina, dai dispositivi IoT ai flussi video in altissima definizione.
La grande domanda è se assisteremo più a fenomeni di competizione o di collaborazione. I HAPS potranno integrarsi con reti satellitari per coprire esigenze specifiche, oppure sfidarle direttamente in alcune regioni. Allo stesso modo, gli operatori di telecomunicazioni tradizionali, che fino a poco fa vedevano i satelliti come una curiosità, potrebbero ricorrere a partnership o accordi di roaming con Starlink per garantire continuità di servizio. In parallelo, la regolamentazione internazionale e nazionale—dalle regole per l’assegnazione dello spettro a quelle per l’orbita—rimane un fattore cruciale: se si decide di lasciar correre la sperimentazione senza regole chiare, sarà il mercato (e chi arriva per primo) a dettare le condizioni.
Per chi lavora nel settore, la finestra dei prossimi anni è un’occasione irripetibile per definire standard, stringere alleanze e guidare la trasformazione. Che si tratti di un operatore telco, un produttore di satellite o un’azienda interessata all’IoT, una cosa appare certa: la linea di demarcazione tra reti terrestri e spazio si fa ogni giorno più labile. E in questo spazio sfumato, colmo di potenzialità, si gioca una partita fondamentale per il futuro della connettività globale.
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