Potere e strategie si rincorrono sempre più nelle profondità marine, dove passa oltre il 95% delle comunicazioni. Il risiko, prima ancora che sul 5G, si gioca di supremazia commerciale e di gestione delle reti e l’Europa, ancora un volta, sembra restare sullo sfondo delle tattiche di Russia e Cina.
Comprendere quindi cosa sta accadendo tra le nazioni e anticiparne le mosse diventa la vera sfida del futuro per la sicurezza nazionale.
Reti sottomarine, i numeri
Una rete congiunta di informazioni, sensori e dati che producono all’incirca oltre dodici trilioni di dollari di transazioni in 380 cavi attraversa gli Oceani e collega tutti i paesi del mondo per oltre 1,2 milioni di Km.
Se in un primo approccio era un contesto su cui poggiava la possibilità di dare migliori informazioni, oggi appare più una lotta di geopolitica che preoccupa (e impegna) il campo dell’intelligence internazionale.
Da una certa neutralità delle informazioni si è passati ad una ricerca di supremazia commerciale e di gestione delle reti. Di pochi giorni fa la notizia che preoccupa non solo l’Italia, ma anche l’Europa e gli Usa: l’ammiraglio James G. Foggo III, comandante delle forze navali statunitensi in Europa e Africa e del comando Nato di Napoli, intervenuto in teleconferenza per un incontro dell’International Institute of Strategic Studies, ha evidenziato “come già fatto da diversi esperti in precedenza, come la Cina abbia adottato tattiche tipiche della Russia in tempo di Covid-19. Soprattutto le campagne di disinformazione. Abbiamo visto una Russia più aggressiva conquistare illegalmente territori di Paesi sovrani, condurre operazioni informatiche contro molti Paesi, intromettersi nelle politiche interne all’Alleanza, militarizzare il Mar Baltico e il Mar Nero e ora l’Artico. Tutto, mentre minaccia di limitare l’accesso alla rotta del Mare del Nord”.
Questo è quello che la Cina sta facendo nel Pacifico e sta iniziando a fare, attraverso la nuova via della seta, in Europa e in Africa. Gli USA sono molto preoccupati.
In realtà non è del tutto nuovo l’approccio geopolitico e dell’intelligence in tal senso. Già nel 1858 due navi da guerra a vapore nell’Oceano Atlantico collegarono le due estremità di 4.000 km di cavi (larghi 1,5 cm), unendo Europa e Nord America, per consentire l’uso del telegrafo. Il primo messaggio inaugurale inviato dalla Regina Vittoria al Presidente degli Stati Uniti James Buchanan ci mise 17 ore ad arrivare a destinazione (2 minuti e 5 secondi a lettera con il codice Morse) ed era un primo modo per controllare e capire cosa si stesse facendo dall’altra parte del mondo.
La posta in gioco
Capire le velocità di passaggio di dati significa per le agenzie dei servizi segreti nel mondo comprendere come prevenire e affrontare una possibile minaccia della propria sicurezza nazionale. Tale minaccia passa da mosse che in questa pandemia si sono verificate in maniera quasi indisturbata. Dai tempi in cui la Russia, tra 2016 e 2018, attraverso i propri sottomarini, quelli della Main Directorate of Deep-Sea Research, detti GUGI, monitorava i cavi stesi passando dall’Africa, si sta passando a protocolli di comunicazione in cui si installano sensori con algoritmi atti a decifrare quello che accade sotto le acque già dalle navi in superficie. La Cina ancor prima della Russia, quest’ultima pioniera anche sulle acque dell’Artico e sulle insospettabili Isole Svalbard, sta avanzando con tale tecnologia “di superficie”, cercando di intercettare il segnale delle fibre dei cavi in modi totalmente nuovi.
Scienziati e ricercatori con gruppi militari stanno cercando di operare nei cosiddetti “punti di rigenerazione”. Ovvero sulle navi si applicano dei grandi “amplificatori” che “rubano” il segnale che proviene dai fondali con snodi che permettono di captare le informazioni e farne uso.
Il paradosso
Il paradosso (ma anche un concetto su cui riflettere) è che tutto questo input cinese nasce dal progetto esclusivamente americano, più volte richiamato da Edward Snowden, denominato Tempora, con due componenti principali chiamati Mastering Internet e Global Telecoms Exploitation, che intercettava di base circa 21 milioni di gigabyte al giorno. La Cina, secondo indiscrezioni, grazie ad accordi precisi con alcune nazioni europee, con una tecnologia simile, riesce a captare la luce che parte dal cavo rimbalzandola attraverso un prisma, copiandola e riconvertendola in dati binari. Un sistema che in USA si chiama 3D Mems. Ovvero sistemi completi elettronici scalati in microchip quasi invisibili.
Questo quello che accade in superficie.
Le tecnologie nei fondali
Mentre nei fondali, sempre paradossalmente autorizzati, i sottomarini stessi, di cui si parlava prima, si sono evoluti e in questo caso sia Cina che USA utilizzano il protocollo CSD (Communications at Speed and Depth). Questa tecnologia, oggetto di un contratto del valore di circa 35 milioni di dollari, consiste in un sistema di telecomunicazioni che fa sì che i sottomarini della Marina USA possano restare sott’acqua e comunicare con altre navi, aerei o la base a terra attraverso un periscopio. In questo modo evitano di risalire in superficie e quindi di essere più esposti al fuoco nemico o a intercettazioni.
Boe galleggianti munite di antenne per le comunicazioni telefoniche tramite rete Iridium e per quelle radio ad altissima frequenza sono collegate via cavo al sottomarino. Le antenne ricevono e inviano le comunicazioni da e per la base terrestre grazie a un satellite. Per le comunicazioni aeree, invece, viene sfruttata la trasformazione in onde radio dei segnali acustici, compiuta da un’altra boa.
Il sistema CSD, quindi, che fa sì che i sottomarini siano costantemente collegati alla rete di comunicazione globale, oltre a ridurre i rischi legati a eventuali attacchi nemici, assicura anche una maggiore flessibilità operativa, in modo che il piano di una missione possa essere cambiato in tempo reale senza dover attendere la prossima emersione.
Quindi potere e strategie giocano un ruolo chiave epocale. Non dimentichiamo che già quasi 50 anni fa erano state avviate missioni di intercettazione dei cavi sottomarini dagli USA. Emblematica fu la famosa “Operation Ivy Bells”, che vide impiegati Marina, CIA e NSA e che fece sì che sub ben addestrati del sottomarino USA Halibut riuscirono a posare una speciale “cimice” attorno al cavo attraverso il quale comunicavano le basi navali sovietiche di Petropavlovsk e Vladivostok, sul mare di Okhotsk, nonostante la zona fosse blindata.